Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46563 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46563 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Noventa Padovana il 01/03/1963
avverso la sentenza del 04/04/2024 della Corte d’appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che si Ł riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia, in riforma della pronuncia emessa in data 20 marzo 2019 dal Tribunale di Padova, ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 648 cod. pen., condannandolo alla pena di giustizia.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si eccepisce la violazione dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., avendo la Corte di appello ribaltato la pronuncia assolutoria di primo grado senza procedere alla rinnovazione di alcuna delle prove dichiarative che avevano offerto elementi rilevanti per la decisione (in particolare, quanto alla commercializzazione dei prodotti già dal 2011, prima della registrazione del marchio in ipotesi contraffatto).
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
2.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce il difetto della necessaria motivazione ‘rafforzata’, non essendosi il giudice di secondo grado adeguatamente confrontato con l’ampio apparato argomentativo del Tribunale, che aveva escluso – sulla base di quanto riferito dai testi NOMECOGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME e della documentazione commerciale allegata dalla difesa – la sussistenza di un ‘preuso’ tutelato dall’ordinamento e del dolo di legge in merito alla provenienza delittuosa delle res .
2.3. Con il terzo motivo, ci si duole della contraddittorietà della motivazione, laddove omette di valutare la pregnanza inferenziale delle fatture e delle prove dichiarative che attestavano la messa in vendita di scarpe analoghe, per materiali e design , a quelle poi sequestrate dalla Guardia di Finanza e oggetto del presente processo sin dal 2012, per affermare invece la consapevolezza in capo all’imputato della simulazione del marchio.
3. Il ricorso Ł infondato.
3.1. Quanto alla mancata riassunzione delle prove orali, la riforma della pronuncia assolutoria non risulta in alcun modo legata a un diverso apprezzamento delle risultanze di prove dichiarative; ferma restando la medesima interpretazione rispetto al contenuto delle testimonianze e alla loro portata probatoria, la Corte lagunare trae legittimamente le proprie conclusioni dalla diversa ponderazione complessiva del compendio probatorio già tenuto in considerazione in primo grado (cfr. p. 2, ove – a prescindere dalla risalente commercializzazione delle calzature – si nota solo, incidenter , la mancata verifica in dibattimento in ordine all’evoluzione o della continuità delle caratteristiche estetiche dei modelli acquistati dall’imputato, prima e dopo la registrazione del marchio).
L’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria in appello, in caso di ribaltamento della sentenza assolutoria, sussiste solo quando le prove orale decisive siano state autonomamente valorizzate e rivalutate nella sentenza di overturning (Sez. 5, n. 7379 del 21/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 28598001).
Il primo motivo Ł, dunque, infondato.
3.2. Il secondo e il terzo motivo, inerenti entrambi la pretesa mancanza di effettivo confronto con il percorso argomentativo del giudice di primo grado, possono essere esaminati congiuntamente.
I giudici di appello, con argomenti di stretta consequenzialità, hanno rilevato la pregnanza dell’attività di commercio svolta in modo professionale da oltre un decennio, tale da imporre la conclusione della piena consapevolezza della – indubitabile – imitazione servile del prestigioso marchio figurativo e della sua apposizione su prodotti di scarsa quantità, venduti a prezzo ridottissimo (cfr. pp. 2-3). Tale considerazione, espressa nella pienezza della giurisdizione di merito, Ł idonea a giustificare l’integrale riforma della prima decisione, confutando funditus gli argomenti giuridici alla base della pronuncia liberatoria.
Le censure risultano, in conclusione, infondate.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 03/12/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME