Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15141 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15141 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GENOVA il 20/04/1967
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che, riportandosi alla requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito il difensore delle parti civili NOME COGNOME in proprio e quale erede di NOME COGNOME e NOME COGNOME, avv. NOME COGNOME il quale ha depositato conclusioni scritte e nota delle spese, alle quali si è riportato;
udito il difensore della parte civile NOME COGNOME avv. NOME COGNOME in sostituzione, dell’avv. NOME COGNOME che ha depositato conclusioni scritte e nota spese, alle quali si è riportato; udito per il ricorrente NOME COGNOME l’avv. NOME COGNOME il quale ha esposto i motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento di questo;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Genova, riformando la pronuncia assolutoria di primo grado, ha condannato il ricorrente per il delitto di cui all’art. 491 cod. pen. poiché, al fine di procurarsi il vantaggio costitui dall’acquistare illegittimamente una parte del patrimonio del de cuius NOME COGNOME formava o faceva formare, un testamento olografo apparentemente di provenienza del predetto de cuius, atto falso pubblicato quindi da un Notaio.
Avverso la richiamata sentenza della Corte di Appello di Genova l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a firma del difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi nei limiti previsti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., inosservanza dell’art. 603, comma 3-bis, dello stesso codice, nonché degli artt. 111 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 CEDU.
A fondamento della censura ripercorre le numerose prove dichiarative assunte nel giudizio di primo grado ed evidenzia che, in particolare, gli apporti forniti nell’istruttoria dibattimentale dinanzi al Tribunale dai testimoni COGNOME e COGNOME dai consulenti del Pubblico Ministero e delle parti, nonché dallo stesso imputato, sarebbero stati fondamentali per il ribaltamento dell’esito assolutorio del giudizio di primo grado, dacché nel processo d’appello avrebbe dovuto essere rinnovata l’istruttoria con tali soggetti.
2.2. Mediante il secondo motivo assume violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 533 del medesimo codice, in quanto la Corte territoriale non avrebbe fondato la propria ricostruzione su una
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motivazione cd. rafforzata secondo i canoni delineati nella giurisprudenza di legittimità per le decisioni che ribaltano una precedente pronuncia di assoluzione.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione dello stesso art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 192 del medesimo codice per manifesta illogicità della motivazione assumendo che la decisione della Corte d’appello ha fondato l’affermazione della sua responsabilità penale in forza di indizi, senza specificarne la gravità, precisione e concordanza.
Contesta, in particolare, l’argomento per il quale egli è stato ritenuto colpevole solo perché, tra i diversi soggetti che avrebbero potuto avere interesse alla successione del de cuius, era l’unico dei confronti del quale sussistevano indizi, dacché nei confronti di altri si sarebbe trattato di mere ipotesi di carattere congetturale, stante la circolarità di tale ragionamento.
2.4. Mediante il quarto motivo l’imputato lamenta inosservanza, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., degli artt. 538 e 541, commi 1 e 2, cod. proc. pen., poiché è stato condannato al pagamento delle spese in favore delle parti civili costituite per entrambi i gradi di giudizio in assenza, nel dispositivo, di una decisione sulle domande per le restituzioni e il risarcimento del danno, assenza da intendersi quale rigetto implicito delle stesse.
Il procuratore del ricorrente ha depositato memoria nella quale ha posto in rilievo che, come indicato nella sentenza, a seguito degli accertamenti peritali è emerso, in considerazione della datazione dell’inchiostro, che il testamento la cui falsità è oggetto del giudizio sarebbe stato redatto non prima della fine dell’anno 2016, e di qui ha dedotto che, stante il principio del favor rei, il delitto deve ritenersi prescritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
LI1 primo motivo di ricorso è fondato, con rilevanza assorbente rispetto agli altri.
In una situazione come quella descritta, invero, avrebbe dovuto essere rinnovato l’esame dell’imputato dinanzi al giudice del gravame ai fini del ribaltamento dell’esito assolutorio, in omaggio al principio affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso “RAGIONE_SOCIALE“, in forza del quale, affinché il diritto dell’imputato ad essere ascoltato dalla giurisdizione di merito, su fatti e questioni determinanti per l’accertamento della colpevolezza, sia soddisfatto, non è sufficiente la citazione all’udienza di appello ai sensi dell’art.
601 cod. proc. pen., spettando «alle autorità giudiziarie adottare tutte le misure positive idonee a garantire l’audizione dell’interessato, anche se quest’ultimo non ha assistito all’udienza, non ha chiesto di essere autorizzato a prendere la parola dinanzi alla giurisdizione di appello e non si è opposto, tramite il suo avvocato, a che quest’ultima emetta una sentenza sul merito». Di qui la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 6, § 1, CEDU, stante la mancata rinnovazione, da parte della Corte d’appello, dell’esame dell’imputato assolto in primo grado e poi condannato in sede di gravame (Corte europea dei diritti dell’uomo, 8 luglio 2021, Maestri c. Italia).
Come è stato chiarito nella giurisprudenza di questa Corte, in forza di tali principi, l’imputato deve essere riesaminato in sede di appello ove abbia reso dichiarazioni nel corso del dibattimento celebrato nel giudizio di primo grado che siano risultate decisive per la sua assoluzione e che il giudice del gravame intenda valutare diversamente, pervenendo a un ribaltamento dell’esito assolutorio (Sez. 6, n. 27163 del 05/05/2022, COGNOME, Rv. 283631).
Tanto premesso, l’errore nel quale è incorsa la decisione impugnata è stato quello di trascurare di considerare il rilievo decisivo attribuito all’esame dell’imputato e, in particolare, alla credibilità della ricostruzione da questo fornit sul modo in cui era venuto a conoscenza del testamento.
Invero, se il Tribunale, ritenendo attendibili le dichiarazioni in parte qua del COGNOME ha giustificato l’esito assolutorio, al contrario la Corte d’Appello, sulla scorta della ritenuta inattendibilità delle relative propalazioni, ha ricondotto la responsabilità penale per la formazione del falso testamento al ricorrente.
Occorre rilevare che, tuttavia, è effettivamente maturata la prescrizione del delitto, atteso che, come si desume dalla decisione, il testamento risulta redatto almeno alla fine dell’anno 2016.
Invero, poiché all’imputato è stato contesto di aver formato o dato mandato a terzi di formare il falso testamento, il termine di prescrizione decorre dal momento nel quale l’atto del quale si assume la falsità è stato redatto (Sez. U, n. 3 del 22/03/1969, COGNOME, Rv. 111410) e non già da quando dello stesso si è fatto uso.
La data di formazione dell’atto – in applicazione del principio del favor rei che trova applicazione anche con riguardo al termine di prescrizione ove sia assolutamente incerta, come nella fattispecie in esame, la data di effettiva consumazione del reato (ex multis, Sez. 2, n. 44322 del 15/10/2021, Ceglia, Rv. 282307; Sez. 3, n. 20795 del 18/03/2021, Secci, Rv. 281343) – deve essere dunque individuata in quella del 31 dicembre 2016, ossia la data più remota nella quale può ipotizzarsi sia stato redatto il testamento.
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Dal che deriva che il delitto si è prescritto, considerati gli 8 giorni sospensione del relativo termine nel corso del giudizio di primo grado per la
richiesta della difesa di un termine per la discussione, nella data dell’8 luglio
2024.
Di conseguenza la sentenza impugnata, agli effetti penali, deve essere annullata senza rinvio perché il reato si è estinto per prescrizione.
3. Sennonché la vicenda deve essere, stante la presenza delle parti civili, oggetto di esame da parte del giudice civile competente per valore in grado di
appello cui si rinvia, previo annullamento della sentenza impugnata anche agli effetti civili per quanto rilevato in ordine alla violazione da parte della Cort
d’appello del principio per il quale deve essere rinnovato l’esame dell’imputato ove il vaglio delle dichiarazioni rese dallo stesso nel giudizio di primo grado sia
decisivo per il ribaltamento dell’esito assolutorio.
4. La difesa del ricorrente ha eccepito che la memoria delle parti civili
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME è stata depositata, in data 17 febbraio 2025, priva della firma digitale.
Tuttavia, gli avvocati di tali parti hanno discusso il giudizio all’udienza pubblica e, pertanto, avranno diritto alla liquidazione delle spese per la fase di legittimità ove il giudice civile ritenga che il ricorrente abbia commesso un illecito produttivo di danno ex art. 2043 cod. civ. nei confronti di dette parti civili.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali perché il reato è estinto per prescrizione;
Annulla la medesima sentenza agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso in Roma il 6 marzo 2025 Il Consigliere Estensore COGNOME
Il Presidente