Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10361 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10361 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile COGNOME nato a ALTAMURA il 10/06/1949 nel procedimento a carico di:
COGNOME nato a FERRANDINA il 10/10/1958
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, riportandosi alla memoria scritta depositata;
letta la memoria della difesa dell’imputato, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricor letta la memoria della difesa della parte civile ricorrente, che ha rinunciato alla richie trattazione orale e insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
COGNOME NOMECOGNOME parte lesa costituita parte civile nel processo, ha proposto ricors cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza, che, in riforma della pronunci del Tribunale monocratico di Matera del 11 gennaio 2021, ha assolto per non aver commesso il fatto NOME COGNOME dall’imputazione di cui agli artt. 612 comma 2, 339 cod. pen., a ascritto per aver minacciato, con un martello, la medesima persona offesa.
1.1.La decisione del giudice di prime cure si era in estrema sintesi fondata sul testimonianze, assunte in dibattimento, della parte civile e di due testimoni d’accusa presen ai fatti, COGNOME NOME e COGNOME NOME; aveva, invece, giudicato inattendibile deposizione del teste della difesa, COGNOME COGNOME, cugino dell’imputato e disposto trasmissione degli atti al pubblico ministero per le valutazioni in ordine alla commissione, parte sua, del delitto di falsa testimonianza.
1.2. La deliberazione di secondo grado, per contro, ha censurato il giudizio di credibilità d deposizioni valorizzate dal primo giudice ed è pervenuta ad esito liberatorio.
Il ricorso per cassazione si è affidato ad un unico, composito motivo, agganciato ai vizi di all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., richiamato nei limiti strettamente neces per la motivazione, a norma dell’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. La sentenza impugnata non avrebbe adempiuto all’obbligo di fornire motivazione rafforzata; l’affermazione di colpevolezza avrebbe potuto essere pronunziata sulla scorta dell sole dichiarazioni della parte civile, mentre nel caso in esame queste ultime sarebbero persin riscontrate dalle versioni dei testi oculari COGNOME e COGNOME; il COGNOME sare stato assolto nell’ambito di altro procedimento penale dalle accuse elevate a seguito di un denuncia sporta nei suoi confronti dal Casiero, mentre il COGNOME, contrariamente a quanto assunto dalla Corte d’appello, non sarebbe mai stato coinvolto in contenziosi con l’imputato; certificato medico a firma del dr. COGNOME relativo alle lesioni patite dal COGNOME in occas della vicenda oggetto dell’imputazione, avrebbe formulato una prognosi di giorni “zero”; infin la Corte territoriale non avrebbe neppure valutato la deposizione di COGNOME Salvatore giudicato inattendibile nel primo giudizio.
Il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 10 febbraio 2025 la difesa dell’imputato ha inoltrato memoria difensiva con cui h chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
In data 14 febbraio 2025 la difesa di parte civile ha rinunciato alla richiesta di trattazione orale e insistito, con memoria scritta, per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso della parte civile è fondato.
1. Mette conto ribadire quanto affermato autorevolmente da Sez. U. n.14800/18 del 21/12/2017, P.G. in proc. Troise, Rv, 272430: la presunzione d’innocenza e il ragionevole dubbio impongono soglie probatorie asimmetriche in relazione al diverso epilogo decisorio. La certezza della colpevolezza per la condanna, il dubbio processualmente plausibile per l’assoluzione, differenza che ha evidenti riflessi anche sul piano della estensione dell’obblig motivazione. Esso, infatti, si atteggia in modo diverso a seconda che si verta nell’una nell’altra ipotesi: in caso di sovvertimento di una sentenza assolutoria, al giudice d’appello si impone l’obbligo di argomentare circa la plausibilità del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadegu probatorie che abbiano inficiato la permanente sostenibilità del primo giudizio; pe ribaltamento di una condanna, invece, egli può limitarsi a giustificare la perduran sostenibilità di ricostruzioni alternative del fatto, sulla scorta di un’operazione essenzialmente demolitivo (pur avendo cura di precisare che, in tal caso, deve trattarsi ricostruzioni alternative non solo astrattamente ipotizzabili, ma la cui plausibilità ancorata alle evidenze processuali).
Come già affermato da sez. U n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta – ampiamente richiamata da sez. U, Troise cit. – deve trattarsi, peraltro, di ricostruzioni non solo astratt ipotizzabili in rerum natura, ma la cui plausibilità nella fattispecie concreta risulti ancorata a risultanze processuali, assunte nella loro oggettiva consistenza. È dunque necessario che il dubbio ragionevole risponda non solo a criteri dotati di intrinseca razionalità, ma suscettibile di essere argomentato con ragioni verificabili alla stregua del materiale probat acquisito al processo. Se, dunque, deve essere escluso che sul giudice di appello gravi un obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in caso di ribaltamento assolutorio, rimane sempre indispensabile che quest’ultimo strutturi la motivazione della decisione assolutoria modo rigoroso, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte. La tesi favorevole alla necessità di una puntuale motivazione anche in caso di riforma della condanna in assoluzione costituiva, d’altronde, un orientamento largamente condiviso anche prima della sentenza Dasgupta, sul rilievo che il giudice di appello, quando riformi in senso radicale condanna di primo grado pronunciando sentenza di assoluzione, ha l’obbligo di confutare in modo specifico e completo le precedenti argomentazioni, essendo necessario scardinare l’impianto argomentativo-dimostrativo di una decisione assunta da chi ha avuto diretto contatto con le fonti di prova. Tale principio affonda le sue radici in una risalente elabora giurisprudenziale di questa Corte (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679; Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; in motivazione, sez. U n. 45276 del 30/10/2003, COGNOME), che ha stabilito, in linea generale, l’obbligo di una nuova e compi struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni raggiunte nel caso in c giudice di appello riformi totalmente la decisione di primo grado, sostituendo all’assoluzi l’affermazione di colpevolezza dell’imputato. Ne discende che il giudice di appello, nel riform la condanna pronunciata in primo grado con una sentenza di assoluzione, dovrà – non tanto
assicurare un corredo motivazionale “rafforzato”, imprescindibile nel solo caso dell’overtuming opposto, quanto – confrontarsi con le ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata, giustificandone l’integrale riforma senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa riformata pronuncia delle generiche notazioni critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure i sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisit seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte.
E, da ultimo, sempre ripercorrendo le trame espositive delle sez. U Troise, al giudice appello deve essere affidato anche il compito di vagliare l’opportunità – alla luce dell’evoluz del panorama normativo e giurisprudenziale, nazionale e sovranazionale, sensibile alle esigenze di tutela di cui siano portatrici le persone offese nel processo penale eventualmente procedere alla riassunzione della prova dichiarativa ritenuta decisiva con l’espletamento dei propri poteri officiosi, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen..
Orbene, il tessuto enunciativo della sentenza impugnata non soddisfa i parametri orientati della valutazione della prova in caso di riforma assolutoria della sentenza di primo grad tracciati dalle direttrici del massimo consesso nomofilattico della Corte di legittimità.
2.1. Per un verso, non vi è insanabile contraddizione tra l’aver affermato, la parte civile COGNOME, da un lato, avesse perso il possesso dell’azienda, teatro dell’episodio – do l’aggiudicazione all’asta a favore del di lui figlio – e fosse rimasto, dall’altro, detent chiavi d’accesso al magazzino e proprietario di attrezzature depositate nel piazzale, perch queste ultime circostanze potrebbero semplicemente rappresentare il residuato di un avvicendamento in itinere, conseguente alle formalità di immissione in possesso dell’aggiudicatario nell’ambito della procedura di esecuzione forzata. La sequela dei canon della logica espositiva non consente di inferire, da quanto premesso, l’intrinseca inattendib del racconto della persona offesa, riferito, nello specifico, ai fatti dell’imputazio costituiscono l’oggetto della prova del processo, anche ai fini della responsabilità civile 187 commi 1 e 3 cod. proc. pen.). Analogamente, per altro verso, non appare conforme a criteri di razionalità l’apprezzamento d’inattendibilità del contributo offerto dal t NOME, che il primo giudice ha considerato a sostegno dell’affidabilità delle accuse, perché costui avrebbe dichiarato – dinanzi al giudice civile – “di non aver visto se il COGNOME fosse stato colpito con il suddetto strumento” – per poi riferire, nel corso del dibatti penale, che “COGNOME con un martello stava picchiando”, versandosi, ancora una volta, in un caso di proposizioni non incompatibili. All’imputato, invero, è stato addebitato il deli minaccia, fattispecie di pericolo (ex multis, sez. 2, n. 21684 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275819), ontologicamente inconciliabile con la produzione dell’evento; di modo che, l’incedere della gestualità di “colpire” non comporta, necessariamente, il conseguimento dell’esit percussivo in pregiudizio della vittima.
Ancora, non contrasta con la fondatezza del percorso illustrativo seguito dalla sentenza d primo grado l’accertato patimento di lesioni personali da parte dell’imputato, dal momento ch queste ultime ben potrebbero essere scaturite dal contesto dell’alterco (come nella sostanza ipotizzato dal decidente di prima istanza, pag. 6), degenerato a seguito delle conflitt rivendicazioni verbali dei protagonisti, nel quale la possibile reciprocità delle forme di non consente, di per sé, di esaltare l’una a discapito dell’altra, fino a considerare una di persino neutralizzata nel suo accadimento fenomenico.
Vi è, infine, da aggiungere che l’elaborato di prime cure ha attribuito la veste processuale imputati di reato collegato ai soli COGNOME e COGNOME (pag.1 e 2), mentre non risulta analoga “ibrida” patente sia stata attribuita al COGNOME che con le sue dichiarazioni convalidato la testimonianza della parte lesa; di contro, la sentenza impugnata ha assegnato anche a quest’ultimo la posizione di imputato in procedimento connesso o collegato, facendone derivare una stima di intima, dubbia credibilità – tale da non escludere, nel complesso, “un intento calunniatorio” dei propalanti – che, alla luce delle declinazioni della motivazione del prima decisione, non appare adeguatamente giustificata e merita di essere chiarita nella prospettiva di assicurarvi un corretto approccio probatorio.
La sentenza impugnata deve essere dunque annullata, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grad d’appello.
Così deciso in Roma, 20/02/2025