Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7237 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7237 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore generale presso Corte d’appello di Catanzaro nel procedimento a carico di: COGNOME nato a ISCHIA il 02/11/1958 COGNOME nato a NOCERA TERINESE 11 20/08/1951 avverso la sentenza del 17/06/2024 della Corte d’appello di Catanzaro Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme del 05/09/2022, che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME relativamente all’imputazione ex art. 416-bis cod. pen. a loro carico formulata sub 1) della rubrica, limitatamente alla condotta contestata fino al 28/11/2016, per difetto della condizione di procedibilità, in assenza dell’emissione del decreto di autorizzazione alla riapertura delle indagini di cui all’art. 414 cod proc. pen. Hanno rilevato i giudici del merito come il decreto autorizzativo della riapertura delle indagini del 11/06/2019 attenesse al solo decreto di archiviazione del 15/05/2019, inerente al procedimento n. 1771/2019 r.g.n.r. e non concernesse anche 41 decreto di archiviazione del 28/11/2016, reso nell’ambito del procedimento recante numero 2401/2012. Tanto ciò vero, prosegue il provvedimento impugnato, che al procedimento recante il numero 505/2018 fu riunito il procedimento distinto dal numero 3125/2019 (sarebbe a dire, quello formato a seguito della riapertura delle indagini, disposta nel procedimento numero 1771/2019), ma non anche quello recante il numero 2401/2012.
Ricorre per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo violazione di legge per erronea applicazione degli artt. 335, 407 e 415 cod. proc. pen.
Il Pubblico ministero aveva formulato richiesta di riapertura indagini nei confronti di NOME COGNOME, ma non anche a carico di Macchione e Palermo; aveva poi iscritto a modello 21 anche questi ultimi, intendendo proseguire nella investigazione inerente a un unico delitto di durata. Era stata domandata, poi, l’archiviazione delle posizioni di Macchione e Palermo, per mere ragioni tecniche ed il Pubblico ministero aveva chiesto la riapertura delle indagini a loro carico, includendo sia le ipotesi tratteggiate nel procedimento numero 2401/2012, sia quelle successivamente oggetto di iscrizione nel numero 505/2018; ciò era stato fatto al dichiarato scopo di sanare il precedente errore.
Nel provvedimento di riapertura delle indagini datato 11/06/2019, il Giudice per le indagini preliminari ha richiamato tutti gli atti del Pubblico minister e, quindi, anche quelli inseriti nel procedimento numero 2401/2012, così sanando l’errore materiale e consentendo il recupero e l’utilizzazione delle attività d indagine trasmesse in archivio il 28/11/2016. La sentenza impugnata, in pratica, non ha tenuto conto del fatto che la svista nella quale era incorso il Pubblico ministero, nella formulazione della richiesta di riapertura delle indagini in data 15/01/2018, fosse stata successivamente sanata.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio.
La violazione della norma processuale è insita nel fatto che il decreto di riapertura delle indagini, emesso dal giudice per le indagini preliminari in data 11/06/2019, non si riferisse esclusivamente al provvedimento di archiviazione del 15/05/2019, attinente al procedimento numero 1771/2019, ma estendesse i suoi effetti anche al decreto di archiviazione del 28/11/2016, relativo al procedimento n. 2401/2012. Negli atti del procedimento penale n. 1771/19 era stato menzionato l’errore materiale compiuto, laddove – quanto al procedimento 2401/2012 – si era tralasciato di chiedere la riapertura delle indagini nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME. Il procedimento n. 1771/19 è stato instaurato proprio al fine di sanare l’errore materiale indicato, richiamando e recependo tutti gli atti contenuti nel procedimento n. 2401/12, ivi compreso il decreto di archiviazione del 28/11/2016.
L’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME quali difensori di fiducia di NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato note difensive, a mezzo delle quali hanno domandato il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Integrando brevemente quanto già sintetizzato in parte espositiva, possono di seguito richiamarsi i passaggi salienti – come ricavabili dalla lettura delle sentenze di primo e secondo grado – attraverso i quali si è dipanata la vicenda processuale ora condotta all’attenzione di questo Collegio:
il presente procedimento aveva origine il 05/03/2011, data di prima iscrizione di Macchione e Palermo, unitamente a NOME COGNOME e altri, nel registro degli indagati, per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.;
il 02/04/2012, il Pubblico ministero chiedeva l’archiviazione di quel procedimento;
il 04/04/2012, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro accoglieva la relativa richiesta del Pubblico ministero e disponeva l’archiviazione di quel procedimento penale, recante il numero di ruolo 1606/2011 r.g.n.r.;
il 20/04/2012, nell’ambito del procedimento 1606/2011 r.g.n.r., il Pubblico ministero domandava la riapertura delle indagini ex art. 414 cod. proc. pen., nei confronti degli originari indagati “COGNOME NOME” e tale richiesta veniva accolta dal Giudice per le indagini preliminari, con provvedimento reso il giorno
24/04/2012, con conseguente nuova iscrizione a modello 21, in data 03/05/2012, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sempre per la medesima contestazione ex art. 416-bis cod. pen., con fascicolo distinto dal numero 2401/2012 r.g.n.r.;
in data 16/09/2016, il Pubblico ministero formulava nuova richiesta di archiviazione nei confronti dei quattro indagati, per la medesima contestazione associativa;
il 15/01/2018, sempre nell’ambito del p.p. 2401/2012 r.g.n.r., il Pubblico ministero chiedeva la riapertura delle indagini, ma questa volta nei confronti del solo NOME COGNOME;
tale richiesta veniva accolta dal Giudice per le indagini preliminari il 18/01/2018, sempre nell’ambito del p.p. 2401/2012 r.g.n.r. (n. 1847/2013 r.g. gip) e le indagini venivano riaperte, dunque, esclusivamente nei confronti di NOME COGNOME;
in data 22/01/2018, però, il Pubblico ministero iscriveva a mod. 21, a seguito di richiesta di riapertura indagini, dando origine all’odierno procedimento penale n. 505/2018 r.g.n.r., non il solo NOME COGNOMEper il quale era stata disposta la riapertura indagini), ma anche NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti per il reato di cui “all’art. 416 bis co. 1, 2, 3, 6 e 8 c.p. commesso in Nocera Terinese dal 2011 con condotta perdurante”;
il 01/04/2019 (allorquando era già spirato il termine annuale, decorrente dalla iscrizione a modello 21 di quella determinata notizia di reato, nei confronti di soggetti specificamente individuati), il Pubblico ministero disponeva lo “stralcio totale delle specifiche posizione degli indagati appresso indicati, da definire successivamente con richiesta di archiviazione”, dando luogo al procedimento numero 1771/2019 r.g.n.r., archiviato dal Giudice per le indagini preliminari con decreto recante la data del 15/05/2019;
nell’ambito del procedimento archiviato 1771/2019 r.g.n.r., il Pubblico ministero chiedeva la riapertura delle indagini, in data 30/05/2019, nei confronti di Macchione e Palermo, dando atto di averli iscritti nel registro degli indagati in data 12/01/2018, nell’ambito del procedimento 505/2018 r.g.n.r., senza averne però chiesto ed ottenuto la relativa autorizzazione alla riapertura indagini, atteso che tale autorizzazione veniva accordata in data 11/06/2019;
m) il 13/06/2019, il Pubblico ministero iscriveva nuovamente Macchione e Palermo nel registro degli indagati (modello 21), per il reato di cui “all’art. 416 bis co. 1, 3, 6 e 8 c.p. commesso in Nocera Terinese dal 2011 con condotta perdurante”, con conseguente avvio del procedimento penale n. 3125/2019 r.g.n.r., successivamente riunito, il 09/07/2019, al procedimento penale recante numero 505/2018 r.g.n.r.
L’ancoraggio sicuro, allora, è costituito dal fatto che – in data 18/01/2018 – siano state formalmente riaperte le indagini, con l’emissione del relativo provvedimento ad opera del Giudice per le indagini preliminari, a carico del solo NOME COGNOME e non anche di NOME COGNOME e NOME COGNOME
3.1. Nel ricorso, ciò viene ricondotto a una mera svista, o errore materiale; consequenzialmente, ai successivi passaggi – sopra dettagliatamente riportati viene assegnata la funzione di sanatoria del precedente difetto.
Il provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini, però, riveste una natura squisitamente formale, per cui non è consentito verificare ex post (addirittura, nemmeno nell’immediatezza, magari con un intervento correttivo subito adottato) quale fosse la reale volontà del Pubblico ministero richiedente. Correttamente, infatti, il Giudice per le indagini preliminari ha autorizzato la riapertura delle indagini preliminari nei confronti dell’unico soggetto, NOME COGNOME in relazione al quale era stata formulata la relativa richiesta.
Il principio di diritto che governa la materia, dunque, è nel senso che la preclusione processuale, che si viene a creare con l’emissione del decreto di archiviazione e che inibisce l’utilizzabilità degli elementi acquisiti dal Pubblico ministero, permanga intonsa, fino a quando non intervenga un contrarius actus, sarebbe a dire una formale riapertura delle indagini, che tra l’altro consente il recupero del contenuto informativo degli atti precedentemente espletati. L’emissione del provvedimento di autorizzazione alla riapertura delle indagini ex art. 414 cod. proc. pen., in tale contesto, svolge la funzione di condizione di procedibilità per la ripresa delle investigazioni, in ordine allo stesso fatto e nei confronti dei medesimi soggetti, oltre che per l’adozione di ogni consequenziale provvedimento (Sez. 1, n. 4717 del 06/07/1999, Montalbano, rv. 214099).
L’azione penale che venga esercitata – in relazione al medesimo fatto, già oggetto di decreto di archiviazione, nonché nei confronti dei medesimi soggetti in carenza di autorizzazione proveniente dal giudice per le indagini preliminari, è inficiata da nullità assoluta e insanabile, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ex artt. 178, comma 1, lett. b) e 179 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 33885 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247834 – 01; si vedano anche le successive Sez. 6, n. 29479 del 10/05/2017, COGNOME Rv. 270413 – 01 e Sez. 1, n. 17511 del 22/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269813 – 01; è utile richiamare, altresì, il dictum di Corte cost., sentenza n. 27 del 1995, che ha statuito quanto segue: «Diversamente dal previgente ordinamento processuale, il nuovo codice di rito penale assegna una efficacia (limitatamente) preclusiva al provvedimento di archiviazione, emesso il quale, a norma dell’art. 414, l’inizio di un nuovo procedimento è subordinato a un provvedimento autorìzzatorio del giudice. E
poiché caratteristica indefettibile di ogni ipotesi di preclusione è quella di rendere improduttivi di effetti l’atto e l’attività preclusi, ed è naturalmente compito de giudice sancire tale inefficacia, ne consegue che, qualora il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale in ordine al medesimo fatto per il quale sia stata precedentemente disposta l’archiviazione, provvedendo (come nella specie) a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato, e all’avvio di ulteriori indagin preliminari conclusesi con l’emissione del decreto di citazione a giudizio, senza previamente richiedere ed ottenere la prescritta autorizzazione, il giudice, in mancanza del presupposto del procedere, non può che prenderne atto, dichiarando con sentenza che “l’azione penale non doveva essere iniziata»).
3.2. Trattasi di una preclusione processuale operante, come ripetutamente stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, nei soli procedimenti penali a carico di “noti”; il decreto di archiviazione, al contrario, non realizza preclusione alcuna, laddove si proceda a carico di “ignoti”. Pacifico è, infatti, che il regime autorizzatorio prescritto dall’art. 414 cod. proc. pen. sia diretto a garantire la posizione della persona già individuata e sottoposta ad indagini, mentre nel procedimento contro ignoti l’archiviazione espleta la mera funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza produrre alcuna preclusione, rispetto allo svolgimento di ulteriori, successive attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale (Sez. U, n. 13040 del 28/03/2006, P.M. in proc. C. ignoti, Rv. 233198).
3.3. Vertendosi in tema di reato associativo, giova anche precisare che – in presenza di un reato permanente – allorquando al decreto di archiviazione non segua la autorizzazione alla riapertura delle indagini, relativamente al medesimo fatto oggettivamente e soggettivamente individuato, non è precluso l’esperimento di nuove investigazioni in ordine al medesimo illecito, purché esse riguardino condotte collocate in epoca posteriore, rispetto a quella oggetto del provvedimento di archiviazione. Né è precluso l’esercizio dell’azione penale, in relazione a fatti e comportamenti evocativi della consumazione dell’illecito, ma limitatamente a segmenti temporali successivi all’archiviazione (Sez. 2, n 14777 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 270221 – 01; Sez. 2, n. 26762 del 17/03/2015, COGNOME, Rv. 264222 – 01).
Conformemente a tale regola ermeneutica, l’avversata sentenza ex art. 129 cod. proc. pen. si è limitata a intervenire sulla condotta ritenuta rilevante ex art. 416-bis cod. pen., temporalmente circoscritta fino al 28/11/2016.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, 13 dicembre 2024.