Riabilitazione Penale e Risarcimento del Danno: L’Analisi della Cassazione
La riabilitazione penale rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento, volto a favorire il completo reinserimento sociale di chi ha commesso un reato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata a requisiti precisi. Con l’ordinanza n. 4141 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: per ottenere la riabilitazione, il risarcimento del danno alla vittima è un passo imprescindibile, anche quando quest’ultima non si sia costituita parte civile nel processo.
I Fatti di Causa
Il caso in esame riguarda un individuo, condannato in passato per il reato di rapina, che aveva presentato istanza per ottenere la riabilitazione. La sua richiesta era stata respinta dal Tribunale di Sorveglianza. Il motivo del diniego risiedeva nella mancata prova di aver adempiuto alle obbligazioni risarcitorie nei confronti delle vittime del reato.
L’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che l’assenza di una costituzione di parte civile nel giudizio di cognizione avrebbe dovuto impedire al giudice di valutare la questione del risarcimento. A suo avviso, la restituzione parziale di quanto sottratto in una delle rapine, unita a difficoltà economiche e all’impossibilità di rintracciare le persone offese, dovevano essere considerate ragioni sufficienti per un esito diverso.
La Decisione della Corte sulla Riabilitazione Penale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Gli Ermellini hanno qualificato gli argomenti del ricorrente come una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte in sede di merito. La Corte ha ribadito che la valutazione del comportamento del condannato ai fini della riabilitazione non può prescindere dalla verifica del suo impegno nel riparare le conseguenze del reato commesso.
Le Motivazioni della Sentenza
L’ordinanza si fonda su principi giurisprudenziali consolidati e offre chiarimenti importanti sui requisiti per la riabilitazione penale.
1. Irrilevanza della Mancata Costituzione di Parte Civile: Il punto centrale della decisione è che l’obbligo di risarcire il danno non dipende dalla richiesta formale della vittima nel processo. La mancata costituzione di parte civile non esonera il condannato dal dovere di attivarsi per riparare il pregiudizio causato. Il giudice della riabilitazione deve valutare in autonomia se il richiedente abbia fatto tutto il possibile per adempiere a tale obbligo, poiché ciò costituisce una prova fondamentale della sua emenda.
2. La Necessità del Risarcimento Integrale: Per reati come la rapina, che ledono non solo il patrimonio ma anche l’integrità fisica e morale della vittima, il risarcimento non può limitarsi alla mera restituzione dei beni sottratti. La Corte, richiamando precedenti pronunce, sottolinea che la riabilitazione penale richiede la prova di aver risarcito integralmente ogni tipo di danno: quello patrimoniale, quello fisico derivante dalla violenza e quello morale generato dalle minacce e dalla paura. La parziale restituzione della refurtiva è, pertanto, del tutto insufficiente.
3. Le Questioni di Merito non sono Ammesse in Cassazione: La Corte ha inoltre specificato che le argomentazioni relative alle difficoltà economiche del condannato o all’impossibilità di rintracciare le vittime sono questioni di fatto. Come tali, devono essere provate e valutate dal giudice di merito (il Tribunale di Sorveglianza) e non possono essere introdotte per la prima volta in sede di legittimità, dove il giudizio è limitato alla corretta applicazione della legge.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza della Cassazione rafforza un messaggio chiaro: la riabilitazione è un traguardo che si conquista dimostrando un cambiamento reale e tangibile. Non basta il decorso del tempo o la buona condotta formale. È necessario un impegno attivo e concreto per elidere, per quanto possibile, le conseguenze negative del proprio operato illecito. Chi aspira a questo beneficio deve comprendere che il risarcimento del danno è una componente essenziale del percorso di reinserimento. L’ordinamento richiede una prova di responsabilità che va oltre la semplice espiazione della pena, proiettandosi verso un’effettiva riconciliazione con le vittime e con la società.
 
È necessario risarcire la vittima per ottenere la riabilitazione, anche se non si è costituita parte civile nel processo?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’obbligo di risarcire il danno è un requisito fondamentale per la riabilitazione e deve essere valutato dal giudice, indipendentemente dal fatto che la vittima abbia formalmente richiesto un risarcimento durante il processo.
Per un reato come la rapina, è sufficiente restituire ciò che è stato rubato per poter chiedere la riabilitazione?
No. Secondo la Corte, per ottenere la riabilitazione per il reato di rapina, è necessario dimostrare di aver risarcito integralmente non solo il danno patrimoniale (la cosa sottratta), ma anche il danno fisico e morale causato alla vittima attraverso la violenza o le minacce.
Le difficoltà economiche o l’impossibilità di rintracciare la vittima sono valide giustificazioni per il mancato risarcimento ai fini della riabilitazione?
No. La Corte ha stabilito che tali argomentazioni riguardano i fatti del caso e devono essere valutate dal Tribunale di Sorveglianza. Non costituiscono motivi validi per un ricorso in Cassazione, che si occupa solo di questioni di legittimità, e quindi il ricorso basato su di esse è stato dichiarato inammissibile.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4141 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4141  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/05/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti proposti nell’unico motivo di ricorso siano meramente riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice dell’opposizione, che ha rilevato che la mancata costituzione di parte civile nel giudizio di cognizione non impedisce di valutare, ai fini della invoca riabilitazione, la insussistenza del risarcimento del danno, in modo coerente agli indirizzi della giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, Sentenza n. 49446 del 07/11/2014, PG in proc. Zurita, Rv. 261276; Sez. 1, Sentenza n. 7752 del 16/11/2011, dep. 2012, Liberatore, Rv. 252412), e che il recupero, integrale o parziale, di quanto sottratto in occasione di una delle rapine per cui è stato condanNOME il ricorrente non ha rilievo decisivo nel percorso logico che porta alla decisione in esame, atteso che “la concessione della riabilitazione in tema di rapina richiede che il condanNOME provi di avere adempiuto al risarcimento integrale non solo del danno cagioNOME dall’impossessamento della cosa, ma anche di quello fisico e morale prodotto con l’attentato, attraverso la violenza o le minacce, all incolumità personale o alla libertà individuale della persona offesa” (Sez. 1, Sentenza n. 23902 del 03/06/2010, COGNOME, Rv. 247991), mentre gli argomenti sulla difficoltà di rintracciare le persone offese dal reato, sulle ristrettezze economiche del condanNOME, e sulla difficoltà in concreto nel quantificare la somma da risarcire nei reati, in punto di ar e stupefacenti, che offendono la collettività nel suo complesso, introducono argomenti pertinenti al giudizio di merito;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.