Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33976 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PORTOMAGGIORE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 8 aprile 2014 (irrevocabile il 16 maggio 2017), il Tribunale di Ferrara condannava NOME COGNOME alla pena, condizionalmente sospesa, di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 388 cod. pen., commesso nel 2011.
Il Tribunale subordinava il riconoscimento della sospensione della pena al pagamento della provvisionale liquidata nella misura di 15.000,00 euro a titolo di risarcimento del danno in favore della persona offesa costituitasi parte civile.
Con ordinanza del 29 novembre 2022, il Tribunale di sorveglianza di Bologna respingeva l’istanza di riabilitazione avanzata dal condanNOME, tenuto conto che costui doveva ancora pagare l’ultima rata delle spese processuali e che nei suoi confronti pendeva in appello procedimento per calunnia (reato commesso nelle date del 18 e 21 gennaio 2016).
Nell’atto di opposizione, proposto avverso la suddetta ordinanza, COGNOME deduceva l’avvenuto pagamento dell’ultima rata delle spese processuali, rappresentando, inoltre, che la pendenza del procedimento per calunnia a suo carico non sarebbe stata connotata da elementi negativi tali da impedire il raggiungimento della prova di costante buona condotta.
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Bologna rigettava l’opposizione.
Il giudice di merito prendeva atto dell’avvenuto integrale pagamento delle spese processuali, ma escludeva, al contempo, che potesse ritenersi soddisfatto il requisito di buona condotta di cui all’art. 179 cod. pen. in pendenza del procedimento per calunnia nei confronti dell’opponente, ritenuto, benché non definitivo, ostativo all’accoglimento dell’istanza; in particolare, perché dimostrando la reiterazione di condotte della stessa indole (sia il reato di cui all’art 368 cod. pen. che quello di cui all’art. 388 erano reati contro l’amministrazione della giustizia), non avrebbe consentito di ritenere comprovato il completo recupero del condanNOME.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo violazione di legge in relazione all’art. 179 cod. pen.
Si rimprovera al giudice a quo di aver posto a base della decisione “un’estensione” non consentita, poiché i fatti di calunnia del 2016 non ricadevano nel triennio decorrente dalla cessata esecuzione della pena inflitta con la sentenza per la quale era stata chiesta la riabilitazione, ma erano antecedenti (cita giurisprudenza di legittimità a sostegno).
Si censura, inoltre, la decisione avversata poiché avrebbe omesso di valutare, riguardo al tema della buona condotta, la documentazione allegata,
relativa all’attività lavorativa svolta dal COGNOME ed alla rimozione, da parte sua, delle conseguenze pregiudizievoli del reato: egli, infatti, si sarebbe adoperato per l’integrale risarcimento del danno, per la rifusione delle spese di costituzione delle parti civili, sostenute per tutti i gradi di giudizio, e avrebbe provveduto pagamento delle spese del procedimento.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso, osservando quanto segue:
«Invero, premesso che, anche nel caso di condanna a pena condizionalmente sospesa, l’istanza di riabilitazione può essere presentata quando siano decorsi almeno tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza, senza che occorra attendere il decorso del termine di cinque anni stabilito ai fini dell’operatività dell’effetto estintivo della pena correlato alla sospensione condizionale (Sez. 1, n. 24084 del 21/05/2009, Rv. 244028), in tema di riabilitazione, la valutazione del presupposto della buona condotta va effettuata con esclusivo riferimento al periodo di tre anni di cui all’art. 179 cod. pen. (Sez. 1, n. 55063 del 14/11/2017, Rv. 271916).
Nella fattispecie, la condotta valutata negativamente risale al 2016, e rientra, dunque, nel triennio successivo alla sentenza di condanna.
Ciò posto, l’ordinanza impugnata ha fatto buon governo del principio secondo il quale, in tema di riabilitazione, ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto del mantenimento della buona condotta, il giudice può considerare anche l’esistenza di una o più denunce o la sola pendenza di procedimenti penali o amministrativi per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, a condizione che ne sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da provare il mancato recupero del condanNOME (Sez. 1, n. 13753 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 278937)».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
Occorre premettere che la concessione della riabilitazione – istituto annoverato tra le cause di estinzione della pena, con effetto di estinzione delle pene accessorie, di eliminazione delle conseguenze penali della condanna e di piena reintegrazione della capacità giuridica del condanNOME – è subordinata alla dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e fino alla data della decisione sull’istanza, e alla sua attivazione per l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli GLYPH derivanti GLYPH dalla GLYPH condotta GLYPH criminosa, GLYPH salva GLYPH la GLYPH prova dell’inadempimento c.d. necessitato.
3 GLYPH
2.1. La valutazione del presupposto di buona condotta va effettuata, a norma del comma primo dell’art. 179 cod. pen., con esclusivo riferimento al periodo di tre anni, decorrente dalla data in cui la pena principale risulti eseguita (ossia dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria) o siasi in altro modo estinta, con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione comportamenti anteriori, ancorché di chiara valenza negativa (Sez. 1, n. 55063 del 14/11/2017, Fiumefreddo, Rv. 271916 – 01).
D’altro canto, la natura costitutiva del provvedimento che concede il beneficio, non essendo affidata al giudice la mera ricognizione della sussistenza di presupposti tipici e definiti dalla norma, ma essendogli demandato un compito valutativo di natura discrezionale, comporta che siffatta valutazione si estenda dal momento dell’esecuzione o della estinzione della pena principale sino a quello della decisione (Sez. 1, n. 42066 del 04/04/2014, P.G. in proc. Secondo, Rv. 260517 01; Sez. 1, n. 1507 del 17/12/2012, dep. 2013, Carnaghi, Rv. 254251 – 01).
Va precisato che, a mente del comma quarto dell’art. 179, interpretato come eccezione al principio generale di cui al comma primo (Sez. 1, n. 48 dell’ 11/12/2008, dep. 2009, Clerici, Rv. 242253 – 01), qualora – come nel caso di specie – sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena, ossia dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna (Sez. 1, n. 8134 del 17/02/2010, Braico, Rv. 246388 – 01), senza che occorra attendere il decorso del termine di cinque anni stabilito ai fini dell’operatività dell’effetto estintivo della pena correlato alla sospension condizionale.
2.2. Il presupposto della buona condotta, secondo la lezione interpretativa di questa Corte anche in riferimento alla riabilitazione da misure di prevenzione, subordinata allo stesso requisito, «non consiste soltanto nella mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma postula l’instaurazione ed il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto (senza la previsione di alcun genere di sanzione giuridica) da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale» (Sez. 1, n. 196 del 03/12/2002, dep. 2003, Rega, Rv. 223027 – 01).
Il decidente deve, dunque, accertare non tanto l’assenza di ulteriori elementi negativi, ma prove effettive e costanti di buona condotta, tal che, mentre il totale silenzio sulla condotta dell’istante risulta insufficiente a fornire la prov emenda e di ravvedimento, qualsiasi nota negativa in ordine al suo
comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore (Sez. 1, n. 8030 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 274914 – 01; Sez. 1, n. 11572 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255157 – 01; Sez. 1, n. 39809 del 02/10/2008, COGNOME, Rv. 241652 – 01).
2.3. Ed allora, nella valutazione del presupposto probatorio, è consentito al giudice di prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l’imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, la pendenza di procedimenti amministrativi, ma solo a condizione che di siffatti elementi sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condanNOME (Sez. 1, n. 13753 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 278937 – 01; Sez. 1, n. 11821 del 10/2/2009, COGNOME, Rv. 243492 – 01; Sez. 1, n. 33420 del 12/7/2001, COGNOME, Rv. 219659 – 01; Sez. 1, n. 820 del 7/2/1996, COGNOME, Rv. 204016 – 01).
In altri termini, se non è di per sé di ostacolo all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione l’esistenza di una o più denunzie o la sola pendenza di procedimenti penali per fatti successivi, tali denunzie e pendenze sono invece valutabili per trarne elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell’emenda.
Di tali principi di diritto il provvedimento impugNOME non ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione.
Il Tribunale di sorveglianza ha fondato essenzialmente la sua decisione reiettiva sulla pendenza in appello, a carico di COGNOME, di un procedimento per calunnia, NOME in relazione a fatti commessi nel 2016.
Orbene, se è vero, secondo l’orientamento di legittimità prima richiamato, che, ai fini della valutazione della buona condotta, si può tener conto di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda (Sez. 1, n. 13753 del 2020, cit.), è altrettanto vero che, essendo il periodo di valutazione del suddetto requisito circoscritto ai tre anni decorrenti – nel caso, come quello di specie, di concessione all’imputato della sospensione condizionale della pena – dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna (Sez. 1, n. 8134 del 2010, cit.), è innegabile che, in un caso, come quello che ci occupa, in cui i reati ascritti al riabilitando sono stati commessi epoca successiva (2016) ai fatti oggetto di condanna (2011), ma antecedente alla data di irrevocabilità della condanna medesima (16 maggio 2017), essi debbano essere sottoposti – anche perché non approdati ad epilogo giudiziario definitivo ad una valutazione particolarmente pregnante: una valutazione, cioè, che non si
limiti a prendere in considerazione, come fatto dal Tribunale, il mero dato formale della omogeneità dei reati commessi prima (art. 388 cod. pen.) e dopo (art. 368 cod. pen.), ma che si estenda ad analizzare, con riferimento a quello di calunnia tuttora sub iudice, la fonte della notizia di reato, le circostanze di contesto, il contenuto delle accuse e i fatti concreti oggetto delle stesse (Sez. 1, n. 43435 dell’08/11/2005, COGNOME, Rv. 233271 – 01, in motivazione), eventualmente acquisendo la sentenza di primo grado, in modo da giungere a una valutazione del fatto, e della sua effettiva gravità, informata e completa, da inserire nel giudizi globale sul requisito della buona condotta richiesto per la riabilitazione.
Con riferimento a tale giudizio globale, il Tribunale ha reso una motivazione manchevole anche sotto un altro profilo, avendo omesso di prendere in esame la produzione allegata dall’interessato alla istanza di riabilitazione, con particolar riguardo alla documentazione concernente lo svolgimento di stabile attività lavorativa (v. comunicazione del datore di lavoro relativa alla trasformazione del rapporto a tempo indetermiNOME).
Per le esposte ragioni, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Bologna, che provvederà a colmare le lacune motivazionali rilevate attenendosi ai principi richiamati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Bologna.
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il presidente