Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29852 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29852 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1838/2025 CC – 23/05/2025 R.G.N. 11729/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Catania del 26/2/2025
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
1.Con ordinanza in data 26.2.2025, il Tribunale di Sorveglianza di Catania ha provveduto su una opposizione a un’ordinanza del 17.7.2024, con la quale era stata respinta una richiesta di riabilitazione – proposta in relazione a una sentenza del 6.11.2008 (irrevocabile il 22.3.2019) di condanna di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 314 cod. pen. a un anno e quattro mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena – in ragione della condotta irregolare tenuta successivamente al fatto dal condannato, denunciato per furto aggravato il 27.11.2022 e per appropriazione indebita il 12.12.2023.
nuovo reato Ł stato commesso a distanza di tempo dal fatto per il quale si chiede la riabilitazione, in quanto, secondo la giurisprudenza di legittimità, la personalità va verificata non solo nel periodo minimo di tre anni dalla estinzione della pena inflitta, ma anche in quello successivo sino alla data della decisione sull’istanza; peraltro, in tale valutazione globale rileva non tanto l’assenza di elementi negativi, quanto la prova effettiva di buona condotta.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME articolando un unico motivo, con cui deduce inosservanza o erronea applicazione della legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 178 e 179 cod. pen., 125, comma 3, cod. proc. pen.
Il ricorso censura che la motivazione del tribunale sull’assenza di carichi pendenti presso la Procura della Repubblica di Catania sia contraddittoria, in quanto, per un verso, la notizia di reato deve essere iscritta senza ritardo e, per l’altro, non vi Ł alcuna prova della trasmissione degli atti ad altra autorità giudiziaria territorialmente competente. Il tribunale non ha tenuto conto che la difesa ha fatto richiesta anche alla Procura della Repubblica di Milano, la quale ha comunicato che non risultavano iscrizioni a carico di COGNOME, benchØ fossero trascorsi oltre quindici mesi dalla data del presunto reato. Dunque, Ł stata ritenuta non regolare una condotta successiva sulla base di un carico pendente risultante solo dal CED.
In ogni caso, sono numerose le sentenze di legittimità che definiscono come non impeditiva all’accoglimento della riabilitazione la presenza di una denuncia per la quale non sia stata emessa una sentenza di condanna e affermano che non costituisce ostacolo alla concessione del beneficio la pendenza di precedenti di polizia. Il giudice Ł tenuto a valutare la natura e la gravità del reato oggetto di accertamento e a indicare gli elementi da cui Ł possibile desumere la carenza del requisito della buona condotta.
Nella sua decisione, il tribunale ha invece omesso questo esame, che deve avere ad oggetto il comportamento del condannato considerato nel suo complesso. L’onere di motivazione, dunque, non Ł stato assolto e la condotta tenuta dal ricorrente successivamente al reato non Ł stata oggetto di un’analisi adeguata.
Con requisitoria scritta trasmessa il 23.4.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che il Tribunale di sorveglianza di Catania, con motivazione incensurabile siccome conforme ai canoni della logica e della non contraddizione, ha indicato gli elementi dai quali poter escludere che il richiedente avesse compiuto un adeguato e significativo percorso di emenda.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 179, comma 1, cod. pen., la riabilitazione Ł concessa quando ‘il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta’.
La prova costante ed effettiva di buona condotta implica una valutazione della personalità sulla base non già della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma di fatti e comportamenti sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, quale espressione del recupero dell’interessato ad un corretto modello di vita (Sez. 1, n. 8030 del 23/1/2019, COGNOME, Rv. 274914 – 01; Sez. 6, n. 5164 del 16/1/2014, Marigliano, Rv. 258572 – 01).
Di conseguenza, non basta la sola assenza di elementi negativi successivi alla condanna e, anzi, qualsiasi nota negativa in ordine al comportamento del condannato può essere apprezzata come prova di valenza contraria a quella richiesta dal legislatore (Sez. 1,
n. 11572 del 5/2/2013, COGNOME Rv. 255157 – 01).
Nel caso di specie, il ricorrente ha riportato alcune denunce successive alla condanna per la quale chiede la riabilitazione.
A questo proposito, le censure difensive hanno riguardato soprattutto la circostanza che non ne sarebbe derivata, tuttavia, alcuna iscrizione delle notizie di reato nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen. (per vero, la certificazione che comproverebbe l’assenza di iscrizioni a carico di Magrì presso la Procura della Repubblica di Milano, che si indicava come allegata al ricorso, non Ł contenuta negli atti trasmessi).
Ma si tratta di circostanza di per sØ non determinante, perchØ, in tema di riabilitazione, il giudice, ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto del mantenimento della buona condotta, può considerare anche l’esistenza di una o piø denunce o la sola pendenza di procedimenti penali o amministrativi per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, a condizione che ne sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da provare il mancato recupero del condannato (Sez. 1, n. 13753 del 21/1/2020, COGNOME, Rv. 278937 – 01).
Le denunce per fatti successivi alla sentenza cui si riferisce l’istanza di riabilitazione non sono automaticamente ostative alla concessione della stessa, ma possono essere valutate per trarre da esse, in considerazione della natura e gravità dei nuovi reati, elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell’emenda (Sez. 1, n. 46270 del 24/10/2007, P.m. in proc. Siddi, Rv. 238486 – 01).
In applicazione di questi principi, pertanto, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto che i comportamenti tenuti dal ricorrente dopo la condanna fornissero dimostrazione di una condotta irregolare, non espressiva di un coretto modello di vita.
Si tratta di motivazione non censurabile, se si considera che le condanna per cui Ł stata chiesta la riabilitazione riguardava il reato di peculato e che le nuove denunce si riferiscono, tra l’altro, ad addebiti di appropriazione indebita per diverse decine di migliaia di euro.
In ogni caso, resta il fatto che la concessione della riabilitazione Ł subordinata alla dimostrazione positiva del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e sino alla data della decisione sull’istanza.
Ai fini dell’accertamento della buona condotta, la personalità dell’istante va verificata alla luce di tutto quanto accaduto non solo nel periodo minimo di tre anni dall’esecuzione o dalla estinzione della pena inflitta, ma anche in quello successivo (Sez. 1, n. 13665 del 22.3.2022, COGNOME, 2022, non mass.). L’aver dato prova effettiva e costante di buona condotta, infatti, Ł una condizione di natura comportamentale, sicchØ il comportamento sintomatico che il giudice deve prendere in considerazione a tali fini non ha limiti di tempo, salvo quello iniziale dato dalla esecuzione o estinzione della pena per cui si chiede la riabilitazione (Sez. 3, n. 57 del 12/1/2000, Silanos, Rv. 216447 – 01).
In questa prospettiva, deve tenersi conto che la buona condotta richiesta dall’art. 179 cod. pen., ai fini della normale riabilitazione da condanna penale, ‘postula l’instaurazione ed il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto (senza la previsione di alcun genere di sanzione giuridica) da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale’ (Sez.
1, n. 196 del 3/12/2002, dep. 2003, Rega, Rv. 223027 – 01).
GiacchØ si tratta di una condizione non meramente negativa pretesa dall’ordinamento per l’ammissione alla riabilitazione, vale il principio secondo cui nel procedimento di sorveglianza sussiste un onere di allegazione a carico del soggetto che invochi un provvedimento favorevole, consistente nella prospettazione ed indicazione dei fatti sui quali la richiesta si fonda, incombendo poi sul giudice il compito di procedere, anche d’ufficio, ai relativi accertamenti (Sez. 1, n. 48719 del 15/10/2019, Tagacay, Rv. 277793 – 01; cfr., in tema di riabilitazione, Sez. 1, n. 34987 del 22/9/2010, COGNOME, Rv. 248276 – 01).
Sotto questo profilo, il ricorso si limita a censurare che l’ordinanza impugnata non abbia proceduto ad una adeguata analisi della condotta tenuta dal ricorrente successivamente alla condotta, indicando come unico elemento sintomatico di ‘effettiva e costante buona condotta’ la circostanza che NOME svolga una attività lavorativa.
Si tratta di una allegazione palesemente insufficiente, non solo perchØ, di contro, il tribunale ha individuato elementi specificamente negativi, ma soprattutto perchØ le denunce del ricorrente successive alla condanna riguardano proprio condotte che sarebbero state commesse nell’esercizio della detta attività lavorativa.
Il ricorrente, dunque, non ha assolto all’onere di allegazione di positivi elementi suscettibili di approfondimento da parte del giudice, che invece, per parte sua, ha del tutto adeguatamente preso in considerazione i fatti di valenza sfavorevole desumibili dagli atti, cui ha in modo ragionevole annesso carattere ostativo all’accoglimento della richiesta.
In definitiva, le doglianze difensive, alla luce di quanto fin qui osservato, non arrivano ad inficiare la nient’affatto illogica motivazione del provvedimento impugnato, che il tribunale ha reso in esatta aderenza al disposto degli artt. 178 e 179 cod. pen.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso debba essere rigettato, con la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME