Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23878 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23878 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/03/2024
SENTENZA
avverso l’ordinanza del 06/09/2023 del TRIBUNALE di SORVEGLIANZA di sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MARTINA FRANCA il DATA_NASCITA ANCONA
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO per l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Ancona, con ordinanza in data 6/9/2023, depositata il 11/9/2023, ha rigettato la domanda in relazione all’opposizione proposta ex art. 667, comma 4, e 666 cod. proc. pen. da COGNOME NOME avverso l’ordinanza con la quale il medesimo Tribunale aveva rigettato la richiesta di riabilitazione presentata per la sentenza pronunciata dal Tribunale di Ancona per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309 del 1990.
Il Tribunale di sorveglianza ha fondato il rigetto sull’esistenza in atti di alcune denunce per vari e diversi reati, dagli stupefacenti al riciclaggio, furto di energia elettrica, resistenza e altro, oltre a indicare che il condannato non ha fornito alcun elemento circa la condotta tenuta in Spagna, dove risulta avere il domicilio.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 178 e 179 cod. pen.e 125 cod. proc. pen. Nel primo due motivi di ricorso la difesa rileva che il Tribunale non avrebbe tenuto in alcuna considerazione gli elementi contenuti in atti e, cioè, che per due delle “pendenze” citate è sopravvenuta sentenza di assoluzione, per alcune denunce nulla risulta essere mai stato iscritto nel registro notizie di reato e che, quindi, vi è solo una denuncia per la quale è stata richiesta la fissazione dell’udienza preliminare. In ordine a tale ultimo fatto, d’altro canto, il Tribunale non avrebbe effettuato una valutazione in concreto dell’effettivo rilievo da attribuire a tale condotta che, peraltro, sarebbe sopravvenuta dopo ben 11 anni di condotta sempre regolare. Sotto tali profili, pertanto, la motivazione sarebbe manifestamente illogica e non si conformerebbe alla giurisprudenza di legittimità per la quale l’esistenza di denunce ovvero di procedimenti pendenti non comporta l’automatico rigetto della domanda di riabilitazione dovendosi procedere, cosa non effettuata in atti, a una valutazione concreta della condotta sopravvenuta.
3.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 179 cod. pen. anche con riferimento ai doveri istruttori che incomberebbero sul giudicante e quanto alla diversa conclusione per cui il condannato sarebbe tehuto a documentare che la condotta tenuta all’estero è stata regolare.
In data 12 febbraio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nel primo motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 179 cod. pen. con riferimento al rilievo attribuito all’esistenza in atti di alcune denunce per vari e diversi reati senza considerare che per due di queste sono sopravvenute delle pronunce di assoluzione.
La doglianza, anche tesa a sollecitare una lettura alternativa non consentita in questa sede, è manifestamente infondata.
Il Tribunale, con il riferimento al numero rilevante delle denunce, comunque significative della condotta tenuta, e al fatto che per almeno una di queste è
stata esercitata l’azione penale, infatti, ha dato adeguato conto della ragione sulla quale ha fondato il giudizio in ordine alla carenza del presupposto della condotta regolare.
In tal modo, pure a prescindere dalla sopravvenuta assoluzione per due delle citate pendenze, la motivazione risulta conforme alla pacifica giurisprudenza di questa Corte per cui «in tema di riabilitazione, ai fini della valutazione della sussistenza del presupposto del mantenimento della buona condotta, il giudice può considerare anche l’esistenza di una o più denunce o la sola pendenza di procedimenti penali o amministrativi per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, a condizione che ne sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da provare il mancato recupero del condannato» (Sez. 1, n. 13753 del 21/01/2020, COGNOME, Rv. 278937 – 01; Sez. 1, n. 11821 del 10/02/2009, COGNOME, Rv. 243492 01 e, da ultimo Sez. 7, n. 41454 del 14/9/2023, Scoppetta, n.m.) e non è pertanto sindacabile.
Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 178 e 179 cod. pen. anche con riferimento ai doveri istruttori che incomberebbero sul giudicante per cui il condannato non sarebbe tenuto a documentare di avere tenuto una condotta regolare in Spagna.
La doglianza è manifestamente infondata.
Sul punto, infatti, il Tribunale, a fronte della generica asserzione del condannato circa la propria residenza all’estero e alla condotta tenuta in Spagna, si è conformato alla pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto secondo la quale «In tema di riabilitazione, in presenza di istanza avanzata da soggetto che sia stato espulso dal territorio nazionale, ai fini della valutazione del requisit della buona condotta, spetta al giudice acquisire, attraverso i canali istituzionali, ogni informazione utile sulla condotta tenuta dal medesimo dopo la condanna durante il periodo di permanenza in Italia, mentre grava sull’istante, per il periodo di permanenza all’estero, l’onere di fornire, entro il termine fissato dal giudice, documentazione idonea a consentire la decisione sul merito» (Sez. 1, n. 15473 del 26/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263314 – 01; Sez. 1, n. 25743 del 17/06/2008, COGNOME, Rv. 240477 – 01; Sez. 1, n. 47711 del 15/10/2004, COGNOME, Rv. 230233 – 01).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso a Roma il 1° marzo 2024.