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Riabilitazione penale: No con denunce pendenti

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego della riabilitazione penale a un soggetto con denunce a carico e residente all’estero. La sentenza stabilisce che il giudice può valutare le pendenze giudiziarie come indice di mancata buona condotta e che spetta al richiedente dimostrare un comportamento regolare nel paese di residenza estera.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riabilitazione Penale: Anche le Semplici Denunce Possono Bloccarla

Ottenere la riabilitazione penale rappresenta un passo fondamentale per chi, dopo aver scontato una pena, desidera cancellare gli effetti negativi di una condanna e reintegrarsi pienamente nella società. Tuttavia, il percorso non è sempre lineare. La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 23878/2024 chiarisce due aspetti cruciali: la rilevanza delle denunce pendenti e l’onere della prova per chi risiede all’estero. Questo provvedimento conferma un orientamento rigoroso, sottolineando che la valutazione della ‘buona condotta’ va oltre la semplice assenza di nuove condanne definitive.

Il Caso: La Richiesta di Riabilitazione e il Diniego del Tribunale

Un uomo, condannato in passato per reati legati agli stupefacenti, presentava istanza di riabilitazione. Il Tribunale di Sorveglianza di Ancona rigettava la richiesta. La decisione si basava su due elementi principali: l’esistenza di diverse denunce a suo carico per reati di varia natura (dal riciclaggio al furto di energia elettrica) e la sua residenza in Spagna, senza che avesse fornito alcuna prova della sua condotta nel paese estero.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’interessato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione del Tribunale di Sorveglianza davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:
1. Errata valutazione delle pendenze: La difesa sosteneva che il Tribunale non avesse considerato che alcune delle denunce si erano concluse con un’assoluzione e non avesse valutato concretamente la gravità dell’unica pendenza rimasta, sorta dopo oltre dieci anni di comportamento regolare.
2. Onere della prova per la condotta all’estero: Si contestava che dovesse essere il richiedente a dover documentare la propria buona condotta tenuta in Spagna, sostenendo che spettasse al giudice compiere gli accertamenti necessari.

La Decisione sulla Riabilitazione Penale: Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del Tribunale di Sorveglianza e fornendo importanti chiarimenti su come debba essere valutato il requisito della buona condotta.

La Rilevanza delle Denunce Pendenti

Il primo punto affrontato dalla Corte riguarda il peso che il giudice può attribuire a denunce o procedimenti penali ancora in corso. Secondo la Cassazione, la motivazione del Tribunale era corretta. Anche a prescindere dall’esito di alcune denunce, la loro stessa esistenza in numero significativo è un elemento che il giudice può legittimamente considerare per valutare la condotta del richiedente.

La giurisprudenza consolidata, richiamata nella sentenza, afferma che per negare la riabilitazione penale, il giudice può considerare l’esistenza di denunce o procedimenti pendenti, a condizione che ne apprezzi il significato concreto come indicatori di ‘condotte devianti o irregolari’. Non è quindi necessario attendere una condanna definitiva; la presenza di pendenze può essere sufficiente a dimostrare che il percorso di recupero e reinserimento non si è ancora completato.

L’Onere della Prova per Chi Risiede all’Estero

Sul secondo motivo di ricorso, la Corte è stata altrettanto netta. Di fronte alla dichiarazione del richiedente di risiedere in Spagna, il Tribunale ha correttamente agito conformemente alla giurisprudenza di legittimità. Tale orientamento stabilisce che, in caso di residenza all’estero, grava sull’istante l’onere di fornire ‘documentazione idonea’ a dimostrare la propria buona condotta nel periodo trascorso fuori dall’Italia. Il giudice non ha un dovere istruttorio attivo per reperire tali informazioni all’estero; spetta al cittadino che chiede un beneficio dimostrare di averne i requisiti, ovunque si trovi.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di concretezza nella valutazione della personalità e del comportamento del richiedente. La riabilitazione penale non è un automatismo che scatta dopo il decorso di un certo tempo, ma il risultato di un giudizio complessivo che deve accertare un cambiamento radicale e stabile. Le denunce, anche se non sfociate in condanna, possono rappresentare segnali di un mancato allontanamento da contesti o comportamenti illeciti. Analogamente, la condotta all’estero è parte integrante di questo giudizio e chi meglio del diretto interessato può e deve fornire gli elementi per valutarla?

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza 23878/2024 ribadisce due principi fondamentali per chi intende richiedere la riabilitazione penale:
1. Nessuna pendenza è irrilevante: Qualsiasi procedimento penale o denuncia, anche se recente o apparentemente di lieve entità, può essere valutato dal Tribunale di Sorveglianza. È fondamentale presentare un quadro di condotta assolutamente irreprensibile.
2. Chi vive all’estero deve attivarsi: Non basta dichiarare di essersi comportati bene. È necessario procurarsi certificati (come il casellario giudiziale del paese di residenza) o altra documentazione ufficiale che attesti una condotta conforme alla legge. L’onere della prova è a carico del richiedente.

In conclusione, questo provvedimento rafforza l’idea che la riabilitazione è una conquista che richiede una dimostrazione attiva e inequivocabile di un reale e duraturo cambiamento di vita.

Una semplice denuncia penale può impedire di ottenere la riabilitazione?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice può considerare l’esistenza di una o più denunce o procedimenti penali pendenti per valutare la sussistenza della buona condotta, a condizione che ne apprezzi il significato concreto come prova di comportamenti devianti o irregolari.

Se risiedo all’estero, chi deve dimostrare la mia buona condotta per la riabilitazione?
Grava sul richiedente (l’istante) l’onere di fornire al giudice la documentazione idonea a dimostrare di aver mantenuto una buona condotta durante il periodo di permanenza all’estero.

Il giudice deve ignorare le denunce se poi è intervenuta un’assoluzione?
Non necessariamente. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione del Tribunale che, anche ‘a prescindere dalla sopravvenuta assoluzione per due delle citate pendenze’, ha considerato il numero rilevante di denunce nel loro complesso come un indicatore significativo della condotta tenuta dal soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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