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Riabilitazione penale: la buona condotta è decisiva

La Corte di Cassazione ha confermato il diniego della riabilitazione penale a un soggetto. La decisione si fonda sulla mancanza del requisito della ‘buona condotta’, provata da una condanna per lesioni successiva ai reati per cui si chiedeva il beneficio. Questo elemento è stato ritenuto assorbente e decisivo, rendendo irrilevanti le questioni sull’adempimento delle obbligazioni civili.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riabilitazione Penale: Perché la Buona Condotta è un Requisito Indispensabile

La riabilitazione penale rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento, volto a favorire il pieno reinserimento sociale di chi ha commesso un reato. Tuttavia, la sua concessione non è automatica, ma subordinata alla verifica di precisi requisiti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23923/2024) ha ribadito con forza l’importanza cruciale della ‘buona condotta’, dimostrando come un singolo episodio negativo, anche successivo ai reati per cui si chiede il beneficio, possa precluderne l’ottenimento.

I Fatti del Caso: Una Richiesta Complessa

Un uomo, con alle spalle diverse condanne per reati quali estorsione, rapina e furto, presentava istanza di riabilitazione. Il Tribunale di sorveglianza respingeva la richiesta una prima volta, sostenendo che il richiedente non avesse adempiuto alle obbligazioni civili (risarcimento dei danni alle vittime) né dimostrato l’impossibilità di farlo.

Dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione, il Tribunale rigettava nuovamente l’istanza. Questa volta, però, la decisione si basava su due pilastri: da un lato, l’accertamento di alcuni redditi percepiti dal soggetto, che avrebbero permesso almeno un risarcimento parziale; dall’altro, e in modo decisivo, la pendenza di un procedimento penale per lesioni personali aggravate commesse nel 2017, con condanna in primo grado. Questo nuovo episodio delittuoso è stato considerato ostativo alla concessione del beneficio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del condannato, confermando la decisione del Tribunale di sorveglianza. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la questione della ‘buona condotta’ fosse talmente centrale e decisiva da assorbire ogni altra doglianza, incluse quelle relative alle difficoltà economiche e all’impossibilità di rintracciare le persone offese per il risarcimento.

Le Motivazioni della Sentenza: il ruolo della buona condotta nella riabilitazione penale

La sentenza chiarisce in modo inequivocabile i principi che regolano la concessione della riabilitazione, sottolineando l’importanza di una valutazione globale e attuale del comportamento del richiedente.

Il Requisito della Buona Condotta

L’articolo 178 del codice penale stabilisce due requisiti fondamentali per la riabilitazione: l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato e la prova di una ‘buona condotta’. La Cassazione ha evidenziato che la valutazione di quest’ultima non può essere limitata a un periodo di tempo predefinito (ad esempio, i tre anni successivi all’espiazione della pena). Al contrario, il giudice deve esaminare il comportamento del soggetto fino al momento in cui decide sull’istanza.

Nel caso specifico, la condanna in primo grado per lesioni aggravate, sebbene avvenuta anni dopo i reati per cui si chiedeva la riabilitazione, ha costituito una prova inconfutabile della mancanza di un effettivo e stabile ravvedimento. Questo fatto, per la Corte, è un ‘rilievo assorbente’, ovvero un elemento così grave da rendere inutile l’analisi di qualsiasi altra questione.

L’Irrilevanza delle Altre Questioni

Di fronte alla palese mancanza del requisito della buona condotta, le argomentazioni difensive relative alla capacità economica del ricorrente e alla difficoltà di adempiere alle obbligazioni civili sono passate in secondo piano. La Corte ha implicitamente affermato che, anche se il richiedente avesse dimostrato di essere nell’impossibilità assoluta di risarcire le vittime, la riabilitazione sarebbe stata comunque negata a causa del suo comportamento successivo, incompatibile con il profilo di un soggetto pienamente reinserito nel tessuto sociale e rispettoso delle regole.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza offre un importante monito: la riabilitazione penale non è un mero automatismo che scatta dopo un certo periodo di tempo. È il risultato di un percorso di reale emenda, che deve essere dimostrato con fatti concreti e costanti nel tempo. La ‘buona condotta’ non è un concetto astratto, ma si traduce nell’assenza di nuovi comportamenti penalmente rilevanti. La pronuncia ribadisce che il percorso verso il pieno recupero sociale richiede un impegno continuo e che qualsiasi ricaduta, anche se relativa a reati di diversa natura e gravità, può compromettere irrimediabilmente l’esito della richiesta di riabilitazione.

Per ottenere la riabilitazione penale è sufficiente aver scontato la pena e aver risarcito i danni?
No, non è sufficiente. Oltre all’adempimento delle obbligazioni civili (o alla dimostrazione dell’impossibilità di farlo), è indispensabile provare di aver mantenuto una ‘buona condotta’ in modo effettivo e costante.

Un nuovo reato commesso dopo aver scontato la pena impedisce la riabilitazione?
Sì. Secondo la sentenza, un nuovo episodio di rilevanza penale, anche se si tratta di una sola condanna in primo grado, può essere considerato una prova della mancanza di buona condotta e, di conseguenza, un ostacolo insormontabile alla concessione della riabilitazione.

La valutazione della ‘buona condotta’ per la riabilitazione penale si ferma a un certo punto nel tempo?
No. La Corte ha chiarito che la valutazione del comportamento del richiedente ai fini della verifica della buona condotta deve estendersi a tutto il periodo successivo all’espiazione della pena, fino al momento della decisione sull’istanza di riabilitazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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