Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23923 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23923 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME, nato a Brindisi il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Lecce in data 25/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 25 febbraio 2021, il Tribunale di sorveglianza di Lecce aveva rigettato l’opposizione ex artt. 678, comma 1-bis e 667, comma 4, cod. proc. pen. avverso il provvedimento con il quale il medesimo Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità della richiesta di riabilitazione proposta da NOME COGNOME in quanto il richiedente non aveva adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato e, in particolare, quelle relative ai danni patiti dalle parti offese, se dimostrare di trovarsi nella impossibilità di farlo, secondo quanto richiesto dall’art 179, sesto comma, cod. pen.
1.1. Con sentenza in data 9 dicembre 2021, la Prima Sezione della Corte di cassazione aveva annullato la predetta ordinanza, rilevando che il Tribunale di
sorveglianza, dinanzi all’indicazione di una situazione reddituale del ricorrente “pari a zero”, avrebbe dovuto meglio motivare in ordine alla mancata concessione del beneficio, atteso che l’assenza di reddito del condannato consente di rimuovere quel limite di applicabilità, valutabile ai sensi dell’art. 179, sesto comma, n. 2, c pen.
1.2. Con ordinanza in data 25 maggio 2023, pronunciata in sede di rinvio, il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha nuovamente respinto l’opposizione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riabilitazione proposta da COGNOME. Dopo avere premesso che dalla disamina del certificato del casellario risultavano: una condanna per estorsione aggravata (n. 10 dell’elenco), una per rapina aggravata (n. 5), una per estorsione (n. 4), una per furto, ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale (n. 3), due per furto (nn. 2 e 1), una per evasione (n. 9), Tribunale di sorveglianza ha rilevato, da un lato, che dalle informazioni reddituali fornite dalla Guardia di RAGIONE_SOCIALE era emerso che COGNOME risultava intestatario, da luglio 2021, di una Fiat Grande Punto, che nel 2018 aveva percepito reddito per circa 5.200 euro, nel 2019 nessun reddito, nel 2020 circa 6.000 euro, nel 2021 circa 11.500 euro, nel 2022 circa 14.500 euro, sicché egli avrebbe potuto attivarsi per restituire ai danneggiati e all’Erario anche solo una parte delle somme dovute; e, dall’altro lato, che ostava all’accoglimento dell’istanza la pendenza di u procedimento penale, con condanna in primo grado, per lesioni personali aggravate dai motivi abietti e futili e dell’aver commesso il fatto nei confronti un pubblico ufficiale, poste in essere nell’agosto 2017.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la manifesta illogicità della motivazione, rispettivamente ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett b) ed e), cod. proc. pen. La decisione sarebbe del tutto illogica, errata e contrastante con le risultanze istruttorie che il Tribunale ha compiuto successivamente al provvedimento impugnato chiedendo illegittimamente informazioni reddituali alla Guardia RAGIONE_SOCIALE in epoca successiva alla presentazione dell’istanza di riabilitazione in data 6 febbraio 2018. In particolare l’affermazione secondo cui, tra il 2019 e il 2022, COGNOME avrebbe percepito un modesto reddito che avrebbe potuto consentirgli di ristorare, sia pur parzialmente, l’Erario e le parti offese, aggirerebbe sia la doglianza difensiva secondo la quale, essendo decorsi 27 anni dall’ultimo reato commesso e in assenza di costituzione di parte civile, COGNOME non avrebbe potuto individuare le parti offese, con la conseguenza di rendere nullo il disvalore del presunto mancato adempimento; sia
la pronuncia rescindente della Suprema Corte, secondo cui dinnanzi all’allegazione dell’impossibilità di risalire alle parti offese, il giudice di merito dovrebbe indic le persone offese dal reato o, comunque, la modalità con la quale esse potrebbero essere individuabili. Sotto altro profilo, il Tribunale aggirerebbe la doglianza della difesa che aveva eccepito l’omessa prospettazione, da parte dell’Erario, di qualunque pretesa nei confronti di COGNOME, sicché non vi sarebbe stata alcuna ingiunzione di pagamento e non sarebbe stato possibile nemmeno prefigurare alcuna prescrizione in sede civile.
In data 10 gennaio 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Ai fini della concessione del beneficio invocato, l’art. 178 cod. pen. prevede due requisiti: la buona condotta dell’istante e l’adempimento delle obbligazioni civili.
2.1. Con riferimento a quest’ultimo, è stato affermato che lo stesso si palesa necessario anche ove nel processo di cognizione sia mancata la costituzione di parte civile e non vi sia stata, quindi, alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato (cfr. Sez. 1, n. 48148 del 18/11/2008, Maggi, Rv. 242809). Nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ritiene che l’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato non costituisca un ostacolo alla concessione del beneficio, sempre che ricorrano delle situazioni che impediscano l’adempimento in questione.
Quanto alla nozione di impossibilità, essa deve essere declinata in termini non assoluti, dovendo essa ritenersi sussistente quando il condannato, pur non essendo indigente, non disponga di mezzi patrimoniali che gli consentano di eseguire il risarcimento stesso senza subire un sensibile sacrificio (Sez. 1, n. 640 del 1/02/1994, Massinniani, Rv. 197522 – 01).
Consegue a tali rilievi che il Tribunale di sorveglianza non sembra avere compiuto un adeguato scrutinio del profilo indicato. Infatti, pur dovendosi riconoscere, diversamente da quanto dedotto dalla difesa, la legittimità di accertamenti compiuti sulla base di dati informativi acquisiti successivamente alla conclusione del primo giudizio di merito, non essendo revocabile in dubbio che il tribunale di sorveglianza, nella fase rescissoria, possa tenere conto degli elementi sopravvenuti, deve osservarsi che il Collegio di merito si è limitato ad affermare
la generica possibilità per COGNOME di soddisfare gli obblighi civili a partir presenza di alcune voci reddituali, senza stabilirne la reale idoneità a cons l’adempimento, in rapporto alle complessive condizioni di vita del soggetto.
Nondimeno, la difesa non ha, invece, mosso alcun rilievo agli argomenti con cui il Tribunale di sorveglianza ha escluso la sussistenza dell’ulteriore req della “buona condotta” del ricorrente. L’ordinanza impugnata, infatti, ha post luce l’avvenuta condanna in primo grado del richiedente per il delitto di les personali aggravate, commesse il 10 agosto 2017; condanna della quale può pacificamente tenersi conto ai fini del relativo giudizio (tra le altre, Sez. 1, del 21/01/2020, Dondi, Rv. 278937 – 01; v. anche Sez. 1 n. 14662 de 18/03/2008, Rv. 239908 – 01 relativo al caso di mere denunce).
Tale circostanza, invero, riveste rilievo assorbente, senza che assu significato il fatto che i nuovi episodi di rilievo penale si siano verificat decorso dei cinque anni dall’ultima condanna. Infatti, in tema di riabilitazion valutazione del comportamento dell’interessato ai fini della verifica del requ della buona condotta deve comprendere non solo il periodo di tre ann dall’esecuzione o dall’estinzione della pena inflitta, ma anche quello succes fino alla data della decisione sull’istanza presentata (Sez. 1, n. 15 17/12/2012, dep. 2013, Carnaghi, Rv. 254251 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigetta con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua Così deciso in data 22 febbraio 2024
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