Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1695 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1695 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Palermo il 15 agosto 1961;
avverso l’ordinanza del 2 aprile 2024 della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata il 7 ottobre 2024 dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con la quale, anche in replica alle richieste del Pubblico Ministero, si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è l’ordinanza con la quale la Corte d’appello di Palermo ha rigettato l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto emesso da quella stessa Corte d’appello con il quale era stata respinta la
richiesta di riabilitazione dalla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata al predetto dal Tribunale di Palermo.
Il ricorso, proposto nell’interesse del prevenuto, si compone di due motivi.
2.1. Con il primo si deduce la carenza assoluta della motivazione offerta dalla Corte territoriale che, nel rigettare l’atto di opposizione, avrebbe omesso di confrontarsi con gli elementi di decisiva valenza sintomatica addotti dall’istante, individuati – a fronte di una misura risalente al 2002- nell’astensione da parte del proposto dalla commissione di fatti illeciti per ben undici anni e nel conseguente mutamento dello stile di vita (dimostrato dal conseguimento di un diploma di scuola superiore e dall’aver rilevato l’attività di famiglia, la RAGIONE_SOCIALE dedicandosi ad una onesta e continuativa attività lavorativa).
Né potrebbero essere ritenute ostative, continua la difesa, le successive condanne intervenute per bancarotta fraudolenta patrimoniale e per falso ideologico in quanto: a) il fallimento si è chiuso con un concordato e il connesso procedimento penale è stato definito con un patteggiamento, con conseguente estinzione del reato a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova; b) il procedimento per falso si è definito con decreto penale di condanna con successiva estinzione del reato.
2.1. Il secondo motivo, formulato in termini di violazione di legge (in relazione all’art. 6, comma 1, d. Igs. n. 159 del 2011) deduce il mancato accertamento dell’attuale pericolosità del prevenuto, che, secondo la prospettazione difensiva, non potrebbe dedursi da condotte assunte molti anni prima. Tanto più alla luce dell’attività svolta e dei plurimi elementi in precedenza evidenziati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che, ai sensi dell’art. 10 d. Igs. n. 159 del 2011, il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione personali è ammesso solo per violazione di legge.
Le censure sollevate, invece, pur formalmente prospettando una violazione di legge (anche in termini di carenza assoluta della motivazione), deducono, in realtà, asseriti difetti di motivazione afferenti alla sussistenza dei presupposti per l’invocata riabilitazione. Presupposti che la Corte territoriale ha ritenuto di escludere rilevando come l’opponente, “più che addurre fatti sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, ha cercato di ridimensionare la portata pregiudizievole dei delitti commessi successivamente alla cessazione della misura di prevenzione e per cui il COGNOME ha riportato le
anzidette condanne irrevocabili, segnatamente quelli di bancarotta fraudolenta e di falsità ideologica; tuttavia, va evidenziato che si tratta di condotte illecit strettamente connesse all’esercizio dell’attività imprenditoriale di autotrasportatore svolta a suo tempo, ed ancora oggi, dal Passan tino, nell’ambito della quale erano state poste in essere le manifestazioni di pericolosità che avevano fondato l’applicazione della misura di prevenzione … l’unico elemento di fatto addotto dall’istante e valutabile in suo favore è costituito dal diploma conseguito dal COGNOME che, seppure apprezzabile appare da un lato, per stessa ammissione dell’opponente, funzionale agli interessi dell’attività imprenditoriale svolta dal medesimo, e dall’altro non risulta comunque sufficiente per costituire prova di quell’effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale necessario per l’accoglimento dell’istanza di riabilitazione, essendo per contro smentito dalla commissione dei suddetti delitti”
Ebbene, il ricorrente continua a dedurre l’irrilevanza delle condanne successivamente intervenute, censurando la valutazione offerta dalla Corte territoriale. Ma tanto, all’evidenza, inerisce ad un profilo valutativo, che, per come si è detto, è insuscettibile di sindacato in sede di legittimità.
D’altronde, come correttamente rilevato dal Procuratore generale, la prova costante ed effettiva di buona condotta, necessaria per la concessione della riabilitazione, implica una valutazione della personalità sulla base non già della mera astensione dal compimento di fatti criminosi, ma di fatti e comportamenti sintomatici di un effettivo e costante rispetto delle regole della convivenza sociale, quale espressione del recupero dell’interessato ad un corretto modello di vita (Sez. 1, n. 8030 del 23/01/2019, Rv. 274914). Circostanze che il ricorrente ha indicato nel conseguimento di un diploma di scuola superiore e nello svolgimento continuativo di un’attività lavorativa, ma che, nella valutazione della Corte, sono stati ritenuti subvalenti rispetto alla prosecuzione dell’attività delittuosa certificata dalle due evidenziate condanne definitive. Una valutazione che, per come si è detto, in quanto assistita da una motivazione (peraltro, non solo non apparente, ma anche logica e coerente) è insindacabile in questa sede.
In ultimo, l’invocato accertamento della pericolosità appare francamente eccentrico rispetto all’invocata riabilitazione, in quanto aspetto inerente all’applicazione della misura e non già alla riabilitazione successiva dopo la cessazione della sua efficacia.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere NOME
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Il Presidente
Così deciso il 15 ottobre 2024