Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13804 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13804 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Palermo il 07/05/1968;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Palermo dell’11/12/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il provvedimento, reso in data 16 ottobre 2024 dal medesimo Tribunale, con cui era stata rigettata la richiesta di riabilitazione presentata dal predetto con riferimento alle conseguenze giuridiche del reato di violazione della legge stupefacenti, giudicato con sentenza resa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria del 16 aprile 1999, sul presupposto del difetto del requisito della buona condotta, risultando che nei suoi confronti era stata pronunciata sentenza di condanna alla pena di euro 100,00 di ammenda dal Tribunale di Catanzaro in data 17 settembre 2018, per violazione dell’art. 4 1.110/75 (commesso il 29 maggio 2017) ritenuta sussistente l’ipotesi di lieve entità prevista dal terzo comma della citata disposizione.
Avverso tale ordinanza il condannato, per mezzo degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pe insistendo per il suo annullamento.
Egli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza ed illogicità della motivazione circa la rilevanza ostativa, ai fini della concessione della chiesta riabilitazione, della condanna emessa dal Tribunale di Catanzaro poiché con tale pronuncia era stata dichiarata l’ipotesi di lieve entità di cui all’art. 4, comma 3, 1.110/75 e che quindi essa non faceva venire meno il requisito della buona condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Come noto la concessione della riabilitazione è subordinata alla dimostrazione del ravvedimento del richiedente, desumibile dai comportamenti regolari tenuti nel periodo minimo previsto dalla legge e fino alla data della decisione sull’istanza, e alla sua attivazione per l’eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli GLYPH derivanti GLYPH dalla GLYPH condotta GLYPH criminosa, GLYPH salva GLYPH la GLYPH prova dell’inadempimento c.d. ‘necessitato’.
2.1. In particolare, la valutazione del presupposto di buona condotta va effettuata con esclusivo riferimento al periodo di tre anni, decorrente dalla data in cui la pena principale risulti eseguita (ossia dalla data di espiazione della pena detentiva o di pagamento della pena pecuniaria) o si sia in altro modo estinta, con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione comportamenti anteriori, sebbene di chiara valenza negativa (Sez. 1, n. 55063 del 14/11/2017, COGNOME, Rv. 271916). D’altro canto, la natura costitutiva del provvedimento che concede il beneficio, non essendo affidata al giudice la mera ricognizione della sussistenza di presupposti tipici e definiti dalla norma, ma essendogli demandato un compito valutativo di natura discrezionale, comporta che siffatta valutazione si estenda dal momento dell’esecuzione o della estinzione della pena principale sino a quello della decisione (Sez. 1, n. 42066 del 04/04/2014, P.G. in proc. Secondo, Rv. 260517; Sez. 1, n. 1507 del 17/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254251).
2.2. Il presupposto della buona condotta, secondo l’ opzione interpretativa di questa Corte, anche in riferimento alla riabilitazione da misure di prevenzione, subordinata allo stesso requisito, «non consiste soltanto nella mera astensione dal compimento di fatti costituenti reato, ma postula l’instaurazione ed il mantenimento di uno stile di vita improntato al rispetto delle norme di comportamento comunemente osservate dalla generalità dei consociati, pur quando le stesse non siano penalmente sanzionate o siano, addirittura, imposte soltanto (senza la previsione di alcun genere di sanzione giuridica) da quelle elementari e generalmente condivise esigenze di reciproca affidabilità che sono alla base di ogni ordinata e proficua convivenza sociale» (Sez. 1, n. 196 del 03/12/2002, dep. 2003, Rega, Rv. 223027). Il giudice deve, dunque, accertare non tanto l’assenza di ulteriori elementi negativi, ma prove effettive e costanti di buona condotta, tal che, mentre il totale silenzio sulla condotta dell’istante risulta insufficiente a fornire la prova di emenda e di ravvedimento, qualsiasi nota negativa in ordine al suo comportamento costituisce prova esattamente contraria a quella richiesta dal legislatore (Sez. 1, n. 39809 del 02/10/2008, COGNOME, Rv. 241652; Sez. 1, n. 11572 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255157; Sez. 1, n. 8030 del 23/01/2019, COGNOME, Rv. 274914).
2.3. Ne consegue che, nella valutazione del presupposto probatorio, è consentito al giudice prendere in esame, nonostante la presunzione di non colpevolezza che assiste l’imputato, anche denunce, atti di procedimenti penali pendenti a carico del riabilitando per fatti successivi a quelli cui inerisce la domanda, ancorché non ancora definiti con sentenza di condanna, la pendenza di procedimenti amministrativi, ma solo a condizione che di siffatti elementi sia apprezzato il significato concreto, dimostrativo della commissione di condotte devianti o irregolari, tali da contraddire il mantenimento della buona condotta e da provare il mancato recupero del condannato (Sez. 1, n. 820 del 7/2/1996, COGNOME, Rv. 204016; Sez. 1, n. 33420 del 12/7/2001, COGNOME, Rv.219659; Sez. 1, n. 11821 del 10/2/2009, COGNOME, Rv. 243492). In altri termini, se non è di per sé di ostacolo all’accoglimento dell’istanza di riabilitazione l’esistenza di una o più denunzie o la sola pendenza di procedimenti penali per fatti successivi, tali denunzie e pendenze sono invece valutabili per trarne elementi di persuasione in ordine al giudizio globale, positivo o negativo, di mantenimento della buona condotta e di conseguimento dell’emenda.
Di tali principi di diritto il provvedimento impugnato ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione, avendo dato rilievo – senza incorrere in evidenti vizi logici – alla violazione della legge armi commessa dal riabilitando in data 29 maggio 2017 ed al fatto che, pur in presenza di una ipotesi di lieve entità, il reato era stato accertato e che la sentenza di condanna aveva escluso la sussistenza di una causa di giustificazione del possesso, da parte dell’odierno ricorrente, di un coltello e di una mazza da baseball e che tale condotta portava ad escludere una vera emenda del riabilitando.
A fronte di dette argomentazioni, esaustive in fatto e corrette in diritto, congruenti con le risultanze processuali plausibilmente apprezzate, il ricorrente oppone censure generiche laddove lamenta vizi motivazionali, all’evidenza insussistenti, e infondate laddove si duole dell’erronea valorizzazione del riconoscimento della ipotesi di lieve entità senza tenere conto della circostanza che essa riveste valore ai fini del trattamento sanzionatorio, ma non esclude comunque la sussistenza del reato e, come tale, assume rilevanza ai fini della valutazione del requisito della buona condotta.
5. Il ricorso va, pertanto, rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 marzo 2025.