Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5315 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5315 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Perano il DATA_NASCITA, avverso il decreto emesso il 18/05/2023 nei suoi confronti dalla Corte di appello di Campobasso;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO;
letta la requisitoria scritta con cui il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso perché la richiesta d rievocazione fu presentata tardivamente e per essere comunque manifestamente infondato.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 18 maggio 2023 la Corte di appello di Campobasso ha rigettato la richiesta di NOME COGNOME, presentata il 4 gennaio 2023, ex art. 28 d. Igs. 6 settembre 2011 di revocazione della confisca di prevenzione dei beni indicati nel decreto del Tribunale di Chieti del 27 luglio 2013 divenuto definitivo dopo che la Corte di cassazione, intervenuta per la terza volta nel procedimento, ha rigettato il ricorso contro il provvedimento con cui la Corte di appello di Firenze ha confermato il decreto del Tribunale.
La Corte di appello ha ritenuto che le sentenze di assoluzione concernenti alcune condotte delittuose attribuite a NOME non incidano sul giudizio di pericolosità sociale del ricorrente.
Nel ricorso presentato dal difensore di NOME si chiede l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. GLYPH Con il primo motivo si deduce violazione di legge per avere la Corte d’appello definito il procedimento con la pronuncia di un decreto anziché con la pronuncia di una sentenza.
2.2. GLYPH Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione per avere la Corte di appello rigettato la richiesta di revocazione ritenendo permanere la pericolosità sociale di NOME ex art. 1, comma 1, lett. b) d.lgs. n.159 del 2011. Si osserva che – dopo la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 1 lett. a) n. 159 del 2011 – la Corte d’appel essendo ovvia la fondatezza della richiesta di revocazione relativamente all’applicazione della disposizione dichiarata incostituzionale, avrebbe dovuto vagliare se ex art. 1 lett. b) d. Igs. N. 159/2011 potesse ritenersi dimostrato che NOME vivesse abitualmente con proventi almeno in parte di attività delittuosa, mentre NOME è stato assolto in due dei tre processi che il Tribunale di Chieti aveva considerato per il giudizio di pericolosità sociale e il terzo, quello per il qua permane la condanna, riguarda un periodo temporale limitato al 2009.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione della legge perché la Corte d’appello ha affermato che nella richiesta di revocazione avanzata da NOME non sarebbero indicate prove nuove ma ha trascurato che già la sola sentenza n. 24 del 2019 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionalità la lettera a) l’art. 1 d. Igs. N. 159/2011 caduca ab origine i presupposti per l’applicazione della confisca avendo eliminato una delle fattispecie giustificatrici del provvedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve preliminarmente rilevarsi che l’art. 28, comma 3, d.lgs n. 159/2011 prevede che la richiesta di revocazione della confisca «è proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi di cui comma 1, salvo che l’interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile».
Nel caso in esame l’ultimo evento che, secondo la richiesta, potrebbe giustificare la revocazione è costituito dalla sentenza assolutoria emessa dalla Corte di appello di Campobasso il 10 giugno 2019; l’imputato era presente
all’udienza e per il deposito della motivazione della sentenza non è stato fissato un termine diverso da quello ordinario.
Pertanto, la richiesta di revocazione, presentata il 4 gennaio 2023, risulta tardiva, sicché avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile già dalla Corte d’appello.
La inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Corte di Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, perché, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 281630; Sez. 2, n. 40816 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 260359).
Vale osservare che il ricorso risulterebbe comunque inammissibile.
2.1. Relativamente al primo motivo si registra che la Corte di appello ha denominato «decreto» il proprio provvedimento, ma nella sostanza nel caso in esame sono state rispettate le norme relative al giudizio di revocazione perché l’udienza si è svolta nel contraddittorio delle parti e, peraltro, nel dispositivo provvedimento della Corte è richiamato l’art. 637 cod. proc. pen. che concerne la «sentenza».
2.2. GLYPH Il secondo e il terzo motivo di ricorso possono essere trattati unitariamente e risultano manifestamente infondati.
La sentenza della Corte costituzionale n. 24/2019 depositata il 27 febbraio 2019, era già stata considerata dalla Corte di appello di Firenze – nella sentenza emessa il 16 aprile 2019 – e dalla Corte di cassazione – nella sentenza n. 3883 del 2020 che ha rigettato il ricorso contro la sentenza della Corte di appello di Firenze – e la sentenza assolutoria emessa dal Tribunale di Lanciano è del 29 aprile 2015, sicché entrambe le sentenze non possono costituire fatti nuovi valevoli a sostegno della richiesta di revocazione.
Il sopravvenire della Corte di appello di Campobasso emessa il 10 giugno 201, che ha assolto NOME dal reato di bancarotta per insussistenza del fatto, non rientra nella categoria della «scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento» ex art. 28, comma 1, lett. a) d. Igs. n. 159/2011 (come ha ritenuto la Corte di appello di Campobasso), ma riguarda, ex art. 28, comma 1, lett. b), d. Igs. n. 159/2011, l’ipotesi di «fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione» che «escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca».
In ogni caso, come esplicitato nel provvedimento della Corte di appello di Campobasso, la pericolosità di Pompilio non è stata riconosciuta valutando soltanto i fatti sui quali è fondata l’unica sentenza di condanna definitiva, ma anche sulla base di quelli considerati dalla Corte di appello di Firenze e analiticamente elencati nella sentenza n. 3883 del 2020 della Seconda Sezione della Corte di cassazione, n. 3883 del 19 novembre 2023, dep. 2020 (p. 29-31).
Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso deriva ex a t. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende che si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2023