Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 11086 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 11086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME, nato a Gibellina il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Trapani il DATA_NASCITA
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Caltanissetta il 23/05/2023;
visti gli atti ed esaminati i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Caltanissetta ha rigettato la richiesta di revocazione della confisca di prevenzione avente ad oggetto il capitale della società RAGIONE_SOCIALE, relativamente alle quote detenute dalla società RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME.
Hanno proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME e COGNOME NOME articolando un unico motivo con cui si deduce violazione di legge.
La confisca sarebbe stata disposta sul presupposto che la pericolosità sociale fosse sussistente “a partire dalla metà degli anni ’90” e che le società in questione fosse stata costituita nel 1996; sostiene il ricorrente che la società fu in realtà costituita nel 1 in un momento, dunque, esterno rispetto al perimetro temporale di pericolosità.
La Corte avrebbe errato nel ritenere insussistente la prova che della circostanza posta a fondamento della richiesta di revocazione i ricorrenti fossero venuti a conoscenza dopo la definizione del provvedimento ablatorio.
Secondo il ricorrente, invece, la richiesta di revocazione sarebbe stata in realtà avanzata non ai sensi dell’art. 28, comma 1, del d. Igs n. 159 del 2011 quanto, piuttosto, ai sensi del comma 2 della norma indicata, secondo cui “In ogni caso la revocazione può essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario d presupposti per l’applicazione della misura”.
La questione, si aggiunge, fu devoluta alla Corte di cassazione nel corso del giudizio di prevenzione e il motivo fu ritenuto inammissibile (Sez. 5, n. 19280 del 5.12.2019)
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono inammissibili.
Le Sezioni unite hanno chiarito che in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707).
Dalla lettura della sentenza n. 19280 del 5/02/2019 della Quinta Sezione della Corte di cassazione con la quale fu definito il procedimento di prevenzione avente ad oggetto la confisca dei beni di cui si chiede la revocazione emerge chiaramente cha la questione oggetto dell’odierno ricorso fu espressamente devoluta e dichiarata inammissibile dalla Corte (cfr. pagg. 12 e ss.).
In particolare la Corte nella occasione chiarì che:
“anche a prescindere dal fatto che le dichiarazioni di NOME COGNOME, il commercialista di fiducia del COGNOME, avessero consentito di collocare la prossimità del COGNOME al capo cosca a metà degli anni ’80, resta la considerazione che le società del RAGIONE_SOCIALE avevano avuto uno sviluppo economico effettivo solo a partire dal loro coinvolgimento nell’aggiudicazione degli appalti pubblici, reso possibile proprio
•
dall’avvicinamento del NOME medesimo alla cosca mafiosa capeggiata da NOME COGNOME e dall’inserimento di tale sodalizio, e quindi dei suoi referenti imprenditoriali, sistema di aggiudicazione degli appalti creato da RAGIONE_SOCIALE e, nei primi anni, gestito da NOME COGNOME.
L’avvicinamento del COGNOME al COGNOME aveva anche dato inizio a quelle intestazioni fittizie che, in una prima fase, l’odierno proposto aveva realizzato per occultare l compartecipazione a determinate società ed operazioni del COGNOME e dei suoi accoliti e, poi, a partire dalla metà degli anni ’90, aveva realizzato, temendo egli stesso di essere oggetto di indagini (e dei conseguenti provvedimenti di confisca) proprio a causa dei rapporti che aveva instaurato con lo stesso COGNOME, servendosi di familiari e di strett collaboratori, per occultare le sue partecipazioni nelle medesime, in altre intraprese economiche e nei mezzi finanziari che ne erano derivati”.
Dunque una questione, quella oggetto del ricorso, che, in quanto deducibile e di fatto dedotta e valutata nel procedimento di prevenzione definito, è preclusa.
Né, come correttamente notato dalla Corte di appello, è stato spiegato quando dell’ipotizzato fatto nuovo sarebbero venuti a conoscenza i ricorrenti.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 10 novembre 2023