Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19131 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19131 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Logiudice NOME COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 29/07/1972 avverso il decreto del 21/06/2024 della Corte d’appello di Catanzaro Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME tramite il suo difensore, impugna il decreto descritto in epigrafe con il quale la Corte d’appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza di revocazione avanzata nell’interesse del ricorrente, diretta ad ottenere la revoca nella confisca di cui al decreto del Tribunale di Reggio Calabria descritto in motivazione, confermato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria e poi divenuto definitivo a seguito di sentenza della Corte di Cassazione emessa il 7 Aprile 2014.
Lamenta, con il primo motivo, violazione di legge con riferimento agli articoli 125 cod. proc. pen, e 28 d.lgs. n. 159 del 2011.
2.1. La Corte d’appello di Catanzaro, nel rendere la decisione gravata, ha rilevato che l’assoluzione del Logiudice dalla imputazione associativa posta a fondamento del relativo giudizio di pericolosità fosse stata già valutata nel corso del procedimento di prevenzione; e ciò malgrado tale statuizione penale non fosse ancora definitiva perché
resa solo in grado di appello. Tale assoluzione, tuttavia, non avrebbe ostac l’adozione della misura reale comminata in danno del proposto perché restava comunque integro il giudizio di pericolosità legato al diverso concetto di appartenenza mafiosa che sosteneva la Misura di prevenzione in luogo della intraneità associativa ex articolo 416 bis cod. pen. oggetto dell’azione penale negativamente esitata.
Tale considerazione, tuttavia, ad avviso della difesa, non esimeva comunque la Corte del merito dal valutare autonomamente, rispetto a quanto già reso in sede di prevenzione, l’effettivo presupposto dell’appartenenza mafiosa del Logiudice quale ragione fondante la misura di prevenzione malgrado l’intervenuta assoluzione resa in sede penale. Valutazione nel caso integralmente pretermessa perché esclusivamente fondata sul giudizio reso in sede di procedimento ordinario di prevenzione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso la difesa contesta la correttezza giuridica del giudizio riferito alla ritenuta appartenenza mafiosa del Lo Giudice valorizzata nell’ottica della relativa pericolosità sociale tanto perché le valutazioni rese nel corso del procedimento ordinario di prevenzione non mettevano in luce la necessaria funzionalità del contributo offerto dal ricorrente rispetto al relativo gruppo associativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate di seguito.
Il rimedio della revocazione previsto dall’art. 28 del d.lgs. n. 159 del 2011 resta comunque un rimedio straordinario anche nel caso in cui si faccia valere l’ipotesi del conflitto di giudicati previsto dalla lettera b) della citata disposizione di legge, com chiarito dall’inciso in forza del quale l’incompatibilità tra decisioni deve riguardar sentenze “sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione”, rimaste in coerenza estranee alle valutazioni già rese nel corso del relatiyo giudizio.
Vero è che la disposizione citata si riferisce alle sentenze definitive e che, nel caso, la sentenza di assoluzione ora evocata a sostegno della revocazione, nel momento in cui venne scrutinata nel corso del giudizio di prevenzione, non era ancora definitiva, essendo divenuta tale solo successivamente alla definitività della confisca. Ma è parimenti vero che il dato, nella specie, lascia inalterato il giudizio da rendere sulla correttezza dell valutazione pregiudiziale operata dalla Corte del merito.
Ciò che rileva, nel caso a mano, infatti, è l’aspetto in forza del quale, nel corso ordinario del giudizio di prevenzione, l’assoluzione del proposto fosse stata già rivendicata dalla difesa, senza tuttavia sortire alcun effetto preclusivo, avendo il giudice della prevenzione pe -r un verso preso atto della valutazione di segno negativo resa nel parallelo
giudizio penale rispetto alla intraneità associativa ascritta al COGNOME, legata ai medesimi fatti valorizzati a sostegno del giudizio di pericolosità; e, ciò malgrado, rimarcat
comunque la resilienza di tale ultimo giudizio a fronte di elementi, non esclusi dal giudicato penale sul piano della loro esistenza fattuale, comunque valorizzabili nella
diversa ottica dell’appartenenza mafiosa, strumentale alla confisca di prevenzione sul versante del relativo presupposto soggettivo.
4.A fronte di una siffatta situazione processuale, del tutto correttamente la Corte del merito ha ritenuto inammissibile l’istanza di revocazione perché fondata su un dato – la
statuizione assolutoria evocata dalla difesa- già considerata, nei suoi estremi oppositivi, nel corso ordinario del procedimento di prevenzione, con valutazione ormai coperta dal
giudicato caduto sulla confisca.
A ragionare diversamente, infatti, si perverrebbe alla non accettabile conclusione di consentire la revocazione rispetto a temi – qui l’incidenza dell’assoluzione nel parallelo
giudizio penale volto ad accertare la responsabilità per l’intraneità ex art 416 bis cod.
pen. a fronte del diverso presupposto soggettivo che fonda l’intervento di prevenzione nel caso di appartenenza mafiosa- comunque già scrutinati, nei relativi profili di merito, nel corso dell’ordinario procedimento di prevenzione, in quanto tali non suscettibili di rimeditazione per il tramite del rimedio straordinario.
5.Tanto, del resto, trova puntuale conferma nel secondo motivo dr ricorso che mira, per l’appunto, a ribaltare il relativo giudizio valutativo di merito reso su tale tema n corso del procedimento di prevenzione, malgrado la definitività della valutazione di merito posta a sostegno della confisca da revocare.
Da qui la inammissibilità dei motivi di ricorso, cui seguono le pronunce di cui all’ad 616 cod. proc. pen. nei termini di cui al dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende. Così deciso il 08/04/2025.