Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 600 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 600 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, n. Pescara DATA_NASCITA
avverso il decreto n. 6/24 della Corte di appello di L’Aquila del 25/03/2024
letti gli atti, il ricorso e il decreto impugnato; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato la Corte di appello di L’Aquila ha rigettato l’istanza di revocazione avanzata ex art. 28 d. Igs. n. 159 del 2011 da NOME COGNOME avverso la confisca di alcuni beni immobili a suo tempo disposta dal Tribunale di Pescara a titolo di prevenzione in base all’art. 1, comma 1, lett. a) e b) st. d.lgs. essendo stata riconosciuta soggetto pericoloso ai sensi di legge.
In particolare la Corte territoriale ha rilevato che l’istanza è stata proposta sull’assunto, ritenuto infondato, della venuta meno della base legale di riferimento per l’imposizione della misura ablatoria a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 24 del 2019, laddove detta decisione ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della sola lett. a) dell’art. 1, comma 1, lascia pienamente operativa l’altra previsione di cui alla lett. b), in base alla quale era stata applicata la misura della confisca in danno della persona proposta.
Avverso il decreto ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’istante COGNOME, che deduce la violazione dell’art. 28 d. Igs n. 159 del 2011 per assenza di correlazione temporale tra i fatti costitutivi della pericolosità ed acquisto de beni confiscati nonché mancato accertamento della commissione dei reati produttivi di reddito; chiede, inoltre, dichiararsi la nullità del decreto impugnat per vizi congiunti di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Con il pretesto, peraltro infondato – per quanto correttamente rilevato dalla Corte di merito circa la portata della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019 – della venuta meno della base legale della già disposta misura ablatoria, la difesa della ricorrente tenta di superare la preclusione esistente in forza della pronunzia di merito adottata, pur non essendo emersi elementi di fatto nuovi ed ulteriori eventualmente suscettibili di travolgere quella decisione.
L’interpretazione del significato e della portata dell’art. 28 d.lgs. n. 159 de 2011 è, infatti, univoca nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
In tema di confisca di prevenzione, la revocazione di cui al comma 2 dell’art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 non può essere invocata per sollecitare un nuovo giudizio – di merito o di legittimità – su elementi di fatto oggetto di esame nei giudizi di impugnazione ordinaria al di fuori delle ipotesi tipizzate dal comma 1 dell’art. 28 citato ovvero in assenza di elementi sopravvenuti idonei ad escludere l’originaria sussistenza dei presupposti applicativi della confisca (per tutte v. Sez. 5, n. 18000 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286450)
Sotto altro profilo, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707).
Nessuna di queste evenienze è stata dedotta dalla ricorrente, la quale anzi contesta la sussistenza stessa della condizioni legittimanti l’intervenuta confisca, sia sotto il profilo degli indici costitutivi della ritenuta pericolosità commessi) sia sotto quello della correlazione temporale tra pericolosità ed acquisto dei beni confiscati.
Risalta, dunque, in maniera evidente l’uso improprio dello strumento processuale prescelto per i fini perseguiti.
Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 29 ottobre 2024
Il consigliere
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