Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2739 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2739 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a NETTUNO il 02/10/1972 COGNOME NOME nato a NETTUNO il 12/02/1948 COGNOME NOME nato a NETTUNO il 17/07/1971 COGNOME NOME nato a NETTUNO il 17/11/1953
avverso il decreto del 03/07/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto indicato in epigrafe la Corte di appello di Perugia ha rigettato l’istanza con cui NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME avevano chiesto, ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 159/2011, la revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione, emessa dalla Corte di appello di Roma con decreto del 10 marzo 2020 e avente ad oggetto beni intestati a NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ma ritenuti riconducibili alla disponibilità, diretta o indiretta, di NOME COGNOME.
1.1. Secondo il provvedimento irrevocabile di confisca:
vi Ł stata una interposizione fittizia tra NOME COGNOME e il figlio NOME COGNOME:
la provvista oggetto di confisca si Ł formata con le evasioni fiscali riferibili a NOME COGNOME quali emerse dal processo cd. “Hummer” in cui egli era imputato dei reati di evasione fiscale, bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di truffa e di emissione di false fatture;
le somme di denaro in questione, pur formalmente fatte rientrare in Italia nel 2009 dalla COGNOME, avvalendosi della legislazione nota come ‘scudo fiscale’, in realtà provengono dai profitti illeciti del figlio NOME COGNOME (evasione fiscale), posto che la COGNOME non disponeva, nel periodo di interesse, di redditi ingenti e che, contrariamente a quanto allegato alla difesa, non risulta da alcun elemento che la stessa nella qualità titolare della società RAGIONE_SOCIALE
operante quale gestore di uno stabilimento balneare sul litorale di Nettuno, abbia percepito cospicui guadagni, tali, comunque, da consentirle l’accumulo sui conti esteri e italiani delle somme di denaro trasferite, con evasione totale delle imposte.
1.2. Con l’istanza di revocazione della confisca, il proposto e i terzi gli interessati hanno dedotto quale “prova nuova”, una scrittura privata datata 6 ottobre 2005 in cui si afferma che NOME COGNOME nella qualità di fiduciario di NOME COGNOME (fiduciante) aveva consegnato a quest’ultima ogni anno, dal 1999 al 2005, ed in diverse trance, dopo la chiusura annuale dello stabilimento balneare, somme di denaro in contanti che derivavano dagli incassi della predetta società. Nella scrittura si dà atto che tali consegne, aventi ad oggetto somme di varia entità analiticamente specificate, erano tutte avvenute in presenza di NOME COGNOME fratello di NOME, dipendente della società nelle date indicate.
Nell’istanza di revocazione si precisa che l’unica copia esistente del documento indicato come “nuova prova”, mai registrato, Ł sempre rimasta nella disponibilità di COGNOME ed Ł stata scoperta dalla COGNOME dopo accurate e lunghe ricerche, soltanto nel gennaio 2024, all’interno di un ripostiglio di una delle abitazioni di NOME COGNOME, sotto il soffitto.
Alla luce di tali argomentazioni, sostengono gli istanti che il documento prodotto – la cui autenticità, già positivamente vagliata da appositi accertamenti tecnici sulla firma e confermata in dichiarazioni raccolte dal difensore dalle persone presenti alla sua stesura, delle quali era comunque chiesta l’audizione in contraddittorio tra le parti – dimostra, se valutato insieme alle altre evidenze investigative, l’insussistenza dell’interposizione fittizia posta a fondamento della confisca. Risulta provato, infatti, che la provvista trasferita attraverso il c.d. ‘scudo fiscale’ in Italia dalla COGNOME, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici della prevenzione, non proviene dalla società spagnola RAGIONE_SOCIALE, facente capo a NOME COGNOME presso la quale erano state trasferite le somme già di spettanza della società RAGIONE_SOCIALE, ma dagli introiti “in nero” che la stessa COGNOME aveva percepito nella personale attività di gestione della RAGIONE_SOCIALE Non a caso alla COGNOME, a seguito di accertamento della Guardia di Finanza, Ł stata contestata un evasione fiscale perpetrata nel solo anno 2009 dell’importo di 1.654.271,74 euro
Con il provvedimento indicato nel preambolo, la Corte di appello di Perugia, adita ex art. 28 d.lgs. n. 159/2011, ha rigettato l’istanza di revocazione, osservando a sostegno della decisione quanto segue.
2.1. Nel recente passato Ł stata rigettata, con provvedimento impugnato davanti alla Corte di cassazione e divenuto irrevocabile, analoga istanza di revocazione fondata sul rinvenimento di una scrittura privata datata 4 ottobre 2008 e di contenuto formalmente diverso – una quietanza sottoscritta da NOME COGNOME, fiduciario, COGNOME NOME, fiduciante, COGNOME NOME (amministratore fiduciario) e COGNOME NOME, fiduciante – rispetto a quella prodotta nel presente giudizio, ma anch’essa, come quest’ultima, tardivamente scoperta e singolarmente attestante una situazione identica, ovvero la consegna in contanti, nella mani della proprietaria al 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE COGNOME Franca, di tutti gli introiti percepiti dalla società quantificati anno per anno in un arco temporale in larga parte sovrapponibile (dal 1999 al 2005).
2.2. La scrittura privata prodotta come ‘prova nuova’ presenta le medesime anomalie della precedente sicchØ deve essere considerata parimenti inattendibile.Infatti:
Ł stata autenticata dallo stesso notaio, soggetto deceduto da anni e che, per di piø, si sarebbe, ancora una volta, prestato ad autenticare un documento attestante un’evasione fiscale milionaria;
non ha un numero di repertorio;
Ł stata formata in una sola copia, che Ł sempre rimasta nella disponibilità esclusiva di una
sola delle parti citate, COGNOME NOMECOGNOME il quale, pur essendo cognato della COGNOME e zio del proposto, non si era prontamente attivato per ricercarla nonostante i solleciti degli interessati, ben consapevoli della sua rilevanza sin dall’anno 2016, anno di inizio del procedimento di prevenzione, salvo improvvisamente ritrovarla nel 2024 all’interno della casa dove aveva sempre abitato;
non Ł stata menzionata dagli interessati, che pure erano al corrente della sua esistenza e ben conoscevano chi la deteneva, nel procedimento di prevenzione nØ in primo grado nØ in appello;
ha un contenuto ‘assurdo’, oltre che ‘in contrasto’ con quello della quietanza che, secondo la prospettazione difensiva, sarebbe stata redatta nel 2008; quest’ultima, infatti, oltre ad attestare incomprensibilmente i versamenti eseguiti negli anni dal 1996 al 1998 già indicati nella scrittura precedente, indica tra coloro che li hanno eseguiti soggetti in parte diversi.
2.3. In ogni caso, Ł configurabile la negligenza inescusabile del proposto e dei terzi interessati, i quali non hanno inspiegabilmente prodotto il documento nella disponibilità di un familiare da oltre sedici anni prima dell’inizio del procedimento di prevenzione.
Ricorrono, per il tramite del comune difensore di fiducia nonchØ procuratore speciale, avv. NOME COGNOME il proposto NOME COGNOME ed i terzi interessati NOME COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME articolando un unico motivo con cui deducono ‘mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nonchØ violazione di legge’.
Dopo avere ripercorso le vicende del precedente procedimento di prevenzione (pagg. 1 – 5-) ed il contenuto dell’istanza di revocazione (pagg. 5 – 25), l’atto di impugnazione deduce una pluralità di censure (pagg. 25 – 33), sintetizzabili come segue nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
La Corte di appello ha seguito un percorso motivazionale illogico con riferimento alla valutazione:
delle modalità di rinvenimento del documento indicato come prova nuova, la scrittura privata del 6 ottobre 2005, apoditticamente definite ‘inverosimili’ alla luce dell’asserita predisposizione di una sola copia detenuta da NOME COGNOME il quale invece, era l’unico interessato a conservarla, in ragione del suo contenuto e della già avvenuta consegna alla COGNOME di tutte le somme di denaro in essa citate;
del contenuto della scrittura privata di cui al punto precedente, valutato inattendibile alla luce del raffronto con la scrittura del 4 ottobre 2008, senza tener conto della cessazione del mandato fiduciario tra la COGNOME ed i fiducianti nel 2009 e della conseguente necessità che alla formazione della scrittura privata del 2008 partecipassero, a differenza di quella sottoscritta in precedenza, tutti gli interessati;
dell’autenticità della scrittura privata del 6 ottobre 2005, esclusa senza nØ prendere in esame la consulenza calligrafica prodotta dalla difesa nØ esaminare in contraddittorio, così come richiesto nell’istanza introduttiva del procedimento, le persone che avevano sottoscritto il documento, ma valorizzando elementi non pertinenti, quale l’assenza del numero di repertorio, facilmente spiegabile con la circostanza che il notaio si era limitato ad autenticare le firme;
delle ragioni della scoperta tardiva del documento, attribuite a negligenza inescusabile nonostante la ricorrente abbia dimostrato l’impossibilità di una tempestiva deduzione per forza maggiore;
dell’istanza di effettuare attività istruttoria, mediante esame dei testimoni indicati dalla difesa, rigettata sull’indimostrato presupposto che fossero tutti inattendibili per il rapporto di familiarità con il proposto ed i terzi interessati, e, pertanto, avrebbero confermato il contenuto della scrittura privata.
3.1. Con memoria tempestivamente depositata la difesa dei ricorrenti, in replica alle decisioni del Procuratore generale, ha ribadito la fondatezza delle censure dedotte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł passibile di rigetto.
1. In via preliminare, va rammentato che le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che, in tema di confisca di prevenzione, la ‘prova nuova’, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, Ł sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura Ł divenuta definitiva, mentre non lo Ł quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, Lo Duca, Rv. 283707 – 01).
Secondo la sentenza da ultimo citata, infatti, il tenore letterale del disposto di cui all’art. 28, comma 3, d.lgs. cit., non lascia l’interessato libero di far valere ad libitum la prova decisiva non dedotta e non valutata in precedenza, ma stabilisce, a pena di inammissibilità, un termine massimo per la formulazione della richiesta di revocazione della confisca definitiva, strettamente ancorato al verificarsi di uno dei casi previsti nel primo comma della richiamata disposizione.
La necessità di una successiva «scoperta» implica, pertanto, la incompatibilità di tale situazione con un precedente comportamento privo dell’ordinaria diligenza da parte dell’interessato, o con un suo atteggiamento meramente omissivo, ai fini della puntuale allegazione di elementi di prova nell’ambito del procedimento di prevenzione concluso con il provvedimento di cui, in seguito, si chiede la revocazione. Le prove deducibili, ma non dedotte, possono, pertanto, supportare una richiesta di revocazione solo quando l’interessato adduca l’impossibilità di provvedere altrimenti per la riscontrata sussistenza di una «causa a lui non imputabile», secondo la previsione espressamente dettata nell’art. 28, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, da ravvisarsi – hanno chiarito, ancora, le Sezioni unite – attraverso il richiamo alle tradizionali nozioni di caso fortuito, da intendersi quale evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo, e di forza maggiore, fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, per tale ragione, Ł irresistibile. Soccorrono, al riguardo, i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, COGNOME, Rv. 233419), che attribuisce al caso fortuito la caratteristica della «imprevedibilità» ed individua, invece, la nota distintiva della forza maggiore nell’elemento della «irresistibilità», restando, di conseguenza, escluse quelle situazioni che, con una normale manifestazione di impegno e diligenza, avrebbero potuto essere altrimenti superate (Sez. 5, n. 965 del 28/2/1997, COGNOME, Rv. 207387). Grava, comunque, sul richiedente che adduca un’ipotesi di forza maggiore l’onere di provare un impedimento assoluto, ossia tale da rendere vano ogni sforzo umano, che derivi da cause esterne a lui non imputabili (Sez. 1, n. 12712 del 28/2/2020, COGNOME, Rv. 278706).
In altri termini, se, per un verso, deve escludersi che il legislatore abbia inteso attribuire rilievo alle prove acquisite ma non valutate, per altro verso deve ritenersi che quelle deducibili, ma non dedotte, possano supportare una richiesta di revocazione solo quando l’interessato adduca l’impossibilità di provvedere altrimenti per la riscontrata sussistenza di una «causa a lui non imputabile», secondo la previsione espressamente dettata nell’art. 28, comma 3, d.lgs. cit.
Le Sezioni unite hanno, dunque, richiamato ai fini della verifica in ordine alle circostanze della successiva, incolpevole, scoperta di una prova preesistente, ovvero della corretta perimetrazione dei limiti di deducibilità della prova nell’ambito del procedimento di prevenzione, le tradizionali nozioni di caso fortuito (ossia ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a
titolo di colpa o dolo) e di forza maggiore (intesa come fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, per tale ragione, Ł irresistibile), secondo i principi al riguardo stabiliti da questa Corte (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419), che attribuisce al caso fortuito la caratteristica della “imprevedibilità”, individuando invece la nota distintiva della forza maggiore nell’elemento della “irresistibilità”. Per sua stessa definizione, infatti, la forza maggiore integra una situazione che, da un lato, non deve essere imputabile in nessuna maniera all’agente, dall’altro lato deve presentare un carattere assoluto, cioŁ non vincibile nØ in alcun modo superabile. E tale non può affatto considerarsi quella situazione che, con una normale manifestazione di impegno e diligenza, avrebbe potuto essere altrimenti superata (Sez. 5, n. 965 del 28/02/1997, COGNOME, Rv. 207387).
La Corte di appello di Perugia ha fatto buon governo dei principi di diritto sin qui enunciati, osservando, da un lato, che la scrittura privata individuata come ‘prova nuova’, senz’altro preesistente alla definitività della misura, non Ł stata «incolpevolmente scoperta» e che comunque il suo contenuto non era attendibile e quindi inidoneo a sovvertire l’esito del procedimento definito con decisione irrevocabile.
2.1. Sotto il primo profilo, il provvedimento impugnato ha rilevato che l’unica copia del documento in questione, secondo la stessa prospettazione difensiva, Ł sempre rimasto nella piena disponibilità di un familiare dei ricorrenti, NOME COGNOME su iniziativa di uno dei terzi interessati, la COGNOME, e che il depositario non aveva alcuna ragione nØ di tenere nascosto il documento nØ di frapporre ostacoli al suo ritrovamento nØ di non rispondere ai ripetuti solleciti di consegnarlo provenienti dalla cognata e dal nipote, rimanendo inerte anche dopo l’inizio del procedimento di prevenzione nel 2016, quando, cioŁ, la rilevanza della scrittura privata del 2005 era divenuta chiarissima. D’altra parte, il documento era stato ritrovato in un locale dell’immobile dove COGNOME ha sempre abitato.
Nella valutazione non incongrua e conforme al paradigma di legge della Corte di appello, dunque, le circostanze dedotte dal ricorrente sono strutturalmente inidonee ad integrare il concetto di forza maggiore necessario per dimostrare l’impossibilità di tempestiva deduzione.
Del resto, Ł pacifico ed incontestato che tutti i richiedenti la revocazione, nel periodo di svolgimento del procedimento di prevenzione definito con la confisca, erano al corrente della circostanza che il documento indicato come ‘prova nuova’ esisteva in unica una copia conservata da COGNOME; ciononostante di esso non avevano fatto alcuna menzione in costanza del procedimento medesimo per suffragare le tesi difensive.
Costituisce, senz’altro, una grave carenza di ordinaria diligenza non avere colmato, già in quella sede, la lacuna probatoria, in assenza di cause fortuite o di forza maggiore suscettibili di impedire o rendere disagevole l’adempimento, quanto meno prospettando la esistenza del documento in questione per contrastare la ricostruzione accusatoria e, comunque, stimolarne la ricerca con l’attivazione dei poteri istruttori dell’autorità procedente.
2.2. Quanto al profilo dell’inattendibilità del documento, la Corte di appello ha espresso valutazioni prive di incongruenze sul piano logico sindacabili a mente dell’art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen., fermo restando che in tema di confisca di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso la decisione di rigetto della richiesta di revocazione non soggiace a limitazioni in ordine ai motivi deducibili, essendo detto ricorso regolato, in forza del rinvio dell’art. 28, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 alle forme degli artt. 630 e ss. cod. proc. pen., dall’art. 640 cod. proc. pen., che non prevede alcuna limitazione al riguardo (Sez. 1, n. 39601 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 276874 – 02; Sez. 1, n. 35763 del 04/06/2019, COGNOME, Rv. 277132 – 01).
Del tutto plausibile Ł l’apprezzamento, operato dal provvedimento impugnato, quali indicatori
della non autenticità del documento. di tutti i plurimi e convergenti elementi già indicati nel par. 2 della parte in fatto.
Palesemente non decisivo Ł il travisamento dedotto con riferimento alla parte della motivazione in cui si definisce inverosimile la consegna in contanti di importi cospicui in un’unica soluzione, posto che, all’evidenza, gli importi indicati nel provvedimento impugnato, anche ove riferiti ai singoli anni, sarebbero ugualmente assai elevati per essere gestiti e consegnati in contanti.
Meramente confutative e generiche sono le ulteriori censure non specificando nemmeno le ragioni che dovrebbero indurre ad apprezzare come “illogica” la motivazione del provvedimento impugnato trascritta quasi interamente nel ricorso.
2.3. Non Ł configurabile alcuna violazione del diritto di difesa nel rigetto della richiesta istruttoria di esaminare i testimoni a riscontro dell’autenticità della scrittura privata.
La Corte distrettuale ha, infatti, acquisito le dichiarazioni raccolte dalla difesa sul medesimo tema, apprezzandole nella sostanza come inattendibili, ed ha giustificatamente ritenuto superfluo l’esame dibattimentale perchØ non in grado di sovvertire l’efficacia dimostrativa dei dati oggettivi ricavabili dal documento.
Per le esposte considerazioni, i ricorsi vanno rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 17/12/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME