Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34383 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34383 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nata a Pollena Trocchia il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza emessa in data 20/05/2025 dalla Corte di appello di Genova;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato la Corte di appello di Genova ha dichiarato inammissibile la richiesta di revocazione della confisca di prevenzione delle quote della RAGIONE_SOCIALE proposta da NOME e NOME COGNOME.
La Corte di appello di Genova, nel provvedimento impugnato, ha rilevato
che, nel complesso iter giudiziario svoltosi, sin dal 2015 era intervenuta la revoca implicita della confisca delle quote della RAGIONE_SOCIALE intestate ai ricorrenti; per tale ragione, dunque, non era esperibile il rimedio revocatorio dettato dall’art. 28 d.lgs. d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, ma residuava la competenza in ordine alla restituzione delle quote del Tribunale di Prato, quale giudice dell’esecuzione.
La richiesta di revocazione era, peraltro, tardiva, in quanto l’assoluzione dal delitto di cui all’art. 12-quinquies d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, relativo alle predette quote societarie, è stata pronunciata in data 30 marzo 2018 nei confronti di NOME COGNOME e il decreto di archiviazione emesso nei confronti di NOME COGNOME è stato emesso in data 24 ottobre 2013.
La sentenza di assoluzione dall’analoga contestazione emessa nei confronti di NOME COGNOME in data 19 giugno 2023, si limitava, inoltre, a ripercorrere gli elementi dei precedenti provvedimenti pronunciati nei confronti dei suoi figli.
AVV_NOTAIO, difensore e procuratore speciale di NOME e NOME COGNOME, ha proposto ricorso avverso tale ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo due motivi.
2.1. Il difensore, con il primo motivo di ricorso, ha eccepito la mancanza di motivazione quanto alla dichiarazione di tardività della istanza di revocazione della confisca.
La sentenza di assoluzione emessa nei confronti di NOME COGNOME non avrebbe ripercorso l’iter già noto, in quanto è conseguita alla celebrazione del giudizio dibattimentale; questa pronuncia, dunque, non ha esaminato le medesime prove valorizzate nella sentenza di assoluzione emessa, all’esito del giudizio abbreviato, nei confronti di NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo il difensore ha censurato l’inosservanza dell’art. 28 del d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto la richiesta di revocazione proposta era fondata sulla sentenza emessa dal Tribunale di Prato in data 19 giugno 2023, divenuta irrevocabile in data 10 dicembre 2024, che ha assolto NOME COGNOME dal reato di cui all’art. 12-quinquies dl. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
Questa sentenza, unitamente alle dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME, e all’assoluzione all’esito del giudizio abbreviato di NOME COGNOME, avrebbe costituito il novum dedotto con l’istanza di revocazione.
La tempestività della richiesta sarebbe, peraltro, dimostrata dalla data delle e-mail con le quali NOME era venuta a conoscenza della sentenza emessa nei confronti del padre.
2.3. Il difensore ha, da ultimo, rilevato che la Corte di appello, preso atto
che le quote sociali intestate ai ricorrenti «vanno ritenute estranee all’oggetto del provvedimento ablativo», in luogo di demandare al Tribunale di Prato, in qualità di giudice dell’esecuzione, la decisione, avrebbe potuto, per economia processuale, disporre la restituzione delle stesse in favore dei ricorrenti.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 27 agosto 2025, il AVV_NOTAIO, ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto i motivi proposti sono manifestamente infondati.
Per delibare adeguatamente i motivi di ricorso devoluti all’esame della Corte, è necessario muovere da una preliminare ricognizione delle complesse vicende processuali del decreto di confisca di cui si controverte.
Nel procedimento di prevenzione incardinato nei confronti di NOME COGNOME, il Tribunale di Prato, con decreto emesso in data 20 marzo 2013, ha disposto la confisca delle quote della RAGIONE_SOCIALE, intestate ai ricorrenti NOME e NOME COGNOME, nella misura rispettivamente del 34% e del 33% del capitale sociale.
Entrambi i ricorrenti sono stati, inoltre, sottoposti a indagine e di seguito imputati per il reato di cui all’art. 12-quinquies dl. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e aggravato dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modifiche, in legge 12 luglio 1991, n. 203, proprio in riferimento all’intestazione fittizia in favore della predetta società di un immobile sito in Prato, INDIRIZZO, ritenuto nella disponibilità sostanziale di COGNOME.
La Corte di appello di Firenze, con decreto emesso in data 31 marzo 2014, ha confermato il provvedimento di confisca dell’immobile e delle quote predette, rigettando le impugnazioni proposte.
La Corte di cassazione, tuttavia, con sentenza n. 37673 del 10 giugno 2015, ha «annullato il provvedimento impugnato limitatamente alla confisca relativa al fabbricato sito in Prato INDIRIZZO di proprietà di RAGIONE_SOCIALE, nei limiti delle quote facenti capo ad COGNOME NOME e ad COGNOME NOME con rinvio alla Corte d’appello di Firenze per nuovo esame».
La Corte d’appello di Firenze, con decreto emesso in data 27 aprile 2016, pronunciandosi in sede di rinvio, ha confermato la sola confisca del fabbricato sito in Prato, di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, limitatamente alle quote del diritto di proprietà del fabbricato facenti capo agli COGNOME (e, dunque, non alle quote della società).
La Corte di cassazione, con sentenza n. 17588 del 2 marzo 2017, ha annullato il decreto impugnato, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.
La Corte di appello di Firenze, pronunciando nuovamente in sede di rinvio con decreto del 12 aprile 2018, ha confermato nuovamente la confisca dell’immobile.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21960 del 18 dicembre 2018, ha annullato «senza rinvio il decreto impugnato e quello di cui al Tribunale di Prato del 20 febbraio 2012, limitatamente alla confisca relativa al fabbricato sito in PratoINDIRIZZO, di proprietà RAGIONE_SOCIALE» e ne ha disposto la restituzione agli aventi diritto.
La Corte di cassazione, infine, con sentenza n. 12960 del 13 luglio 2021, ha rigettato l’istanza di correzione dell’errore materiale presentata da NOME e NOME COGNOME relativamente all’omessa indicazione delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE nella sentenza del 18 dicembre 2018.
Muovendo da queste premesse incontestate, le questioni dedotte dai ricorrenti relativamente al rispetto del termine semestrale di decadenza per la proposizione della richiesta di revocazione di cui all’art. 28, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 e all’asserita pretermissione del novum da parte della Corte di appello, non sono decisive, in quanto sono assorbite da un rilievo preliminare.
Nelle complesse vicende giudiziarie dell’originario provvedimento di confisca, più volte annullato con rinvio in sede di legittimità sino alla sua definitiva caducazione, le quote della RAGIONE_SOCIALE, intestate ai ricorrenti NOME e NOME COGNOME non sono state confiscate.
Non ricorrono, dunque, i presupposti della revocazione disciplinata dall’art. 28 del d.lgs. n. 159 del 2011, che postula un decreto di confisca di prevenzione divenuto definitivo.
La restituzione delle quote della società predette potrà, dunque, essere richiesta al Tribunale di Prato, in funzione di giudice dell’esecuzione, come correttamente indicato dalla Corte di appello di Genova nel provvedimento impugnato.
Alla stregua di tali rilievi, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Non essendovi ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», in virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, deve, altresì, disporsi che ciascun ricorrente versi la somma, determinata invia equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2025.