Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19471 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOMECOGNOME nato a Catania il 12/09/1985
COGNOME NOME nata a Catania il 08/06/1973
avverso il decreto del 28/11/2024 della Corte di appello di Messina visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che, in accoglimento dei ricorsi, ha richiesto l’annullamento del decreto impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 28 novembre 2024, la Corte di appello di Messina ha dichiarato inammissibile la richiesta di revocazione ex art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011 formulata da NOME NOME COGNOME sottoposto a confisca di prevenzione definitiva da parte del Tribunale di Catania con decreto del 28 ottobre 2018, irrevocabile il 26 marzo 2021, e da COGNOME NOMECOGNOME terza interessata.
La Corte territoriale ha ritenuto, quanto al proposto, il rimedio straordinario intempestivo ex art. 28, comma 3, d.lgs. cit., in quanto la sentenza di assoluzione
in ordine al delitto di rapina aggravata alla base della richiesta di rivalutazione della pericolosità quale presupposto della disposta confisca di prevenzione era intervenuta dopo oltre sei mesi dall’istanza, escludendo la possibilità di convertire ex art. 568, connma 5, cod. proc. pen. l’originaria richiesta di revoca ex art. 11, d.lgs. cit. rivolta al Tribunale di Catania, qualificata ex art. 28 d.lgs. cit. e trasmessa alla Corte di appello di Catania che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l’atto; quanto alla terza interessata, sorella del proposto, la Corte territoriale messinese ha escluso la tempestività dell’istanza e la possibilità, di autonomamente azionare il rimedio straordinario della revocazione ex art. 28 d.lgs. cit.
NOME NOME COGNOME per il tramite del difensore e procuratore speciale, deduce violazione degli artt. 11 e 28 d.lgs. n. 159 del 2011 e 568 cod. proc. pen.
2.1. La difesa premette di reputare lo strumento processuale disciplinato dall’art. 11, d.lgs. n. 159 del 2011 come più idoneo ad incidere sul presupposto della pericolosità, venuta meno in considerazione della sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di appello di Catania in ordine all’accusa di aver commesso una rapina aggravata ai danni di una cittadina cinese, decisione divenuta definitiva il 24 novembre 2023.
Per tale ragione, in data 5 dicembre 2023, Nunzio NOME COGNOME aveva presentato al Tribunale di Catania la richiesta di revoca ex art. 11, comnna 2, d.lgs. cit. al fine di vedersi escludere la pericolosità sociale quale presupposto valutabile ai fini dell’applicazione ed il mantenimento della confisca. Il Tribunale di Catania, adito con il proposto “incidente di esecuzione”, ritenendo che l’istanza presentasse i requisiti della revocazione ex art. 28 d.lgs. cit., trasmetteva gli atti alla Corte di appello di Catania, in luogo di quella di Messina competente ex art. 11 cod. proc. pen.
La Corte di appello di Catania con decreto del 8 giugno 2024 rilevava la propria incompetenza, ravvisava, alternativamente, la competenza del Tribunale di Catania ove l’istanza dovesse essere intesa quale revoca o modifica della misura di prevenzione ex art. 11 d.lgs. cit. o della Corte di appello di Messina se invece qualificata ex art. 28 d.lgs. cit., omettendo però di trasmettere gli atti ad alcuna delle due Autorità giudiziarie.
2.2. Proprio tali reiterati errori che avevano caratterizzato i provvedimenti del Tribunale e della Corte di appello di Catania – si assume – hanno indotto la difesa a presentare una nuova istanza, questa volta, direttamente alla Corte di appello di Messina affinché rivalutasse la pericolosità del Tenerelli, chiedendo la conversione ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen. dell’«incidente di esecuzione» (testualmente) presentato il 5 dicembre 2023 nella revocazione ex art. 28 d.lgs.
n. 159 del 2011, in modo tale da intendere l’istanza presentata alla Corte di appello di Messina quale “istanza di riassunzione”; il superamento dei termini di sei mesi previsti dall’art. 28, comma 3, d.lgs. cit. – si sostiene – era conseguenza diretta dei plurimi errori giuridici commessi dai Giudici catanesi.
Ciò premesso, la difesa censura la parte della decisione della Corte di appello di Messina che, omettendo di recepire tali evenienze, ha escluso che l’istanza presentata al Tribunale di Catania potesse essere qualificata quale impugnazione, così impedendo che tale atto fosse convertito quale istanza ex art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011: sarebbe stato illegittimamente limitato l’ambito di operatività dell’art. 568, comma 3, cod. proc pen., norma che costituisce il precipitato di principi di carattere generale, nel caso di specie violati.
La stessa Corte di appello di Catania, invero, seppure in via alternativa, aveva già individuato gli estremi per la configurabilità della revocazione, senza però trasmettere gli atti alla Corte di appello di Messina.
Irrilevante risulta, pertanto, la parte del decreto della Corte di appello di Messina che ha inteso valorizzare la limitazione del petitum del provvedimento catanese (si fa riferimento alla parte del decreto della Corte di appello di Catania che ha inteso limitare quella domanda “solo ed esclusivamente alla misura di prevenzione personale, di cui la confisca costituisce soltanto uno degli effetti”) e le valutazioni di merito in ordine all’esito assolutorio (là dove Corte di appello di Messina ha comunque apprezzato l’irrilevanza di detto esito), che non tengono conto dei principi di origine convenzionale in tema di misure di prevenzione.
2.3. Si invoca un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. in relazione agli artt. 11 e 28 d.l.gs. cit., onde scongiurare un vulnus al diritto di difesa realizzatosi allorché, come nel caso di specie, sia venuto meno il reato che fungeva da presupposto per l’accertata pericolosità. In tal senso si eccepisce, qualora diversamente interpretata, l’incostituzionalità delle citate disposizioni per contrasto con gli artt 3, 24, 11, 117 Cost. e art. 6, comma 1, CEDU là dove il mezzo di impugnazione straordinaria è ancorato, a differenza dell’omologo istituto della revisione ex art. 630 cod. proc. pen., cui l’art. 28 d.lgs. cit. espressamente rinvia, ad un rigido limite temporale che finisce per ledere chi è stato pregiudicato da errores in procedendo che hanno determinato in capo all’istante un affidamento incolpevole sulla percorribilità del rimedio straordinario.
COGNOME NOMECOGNOME per il tramite del difensore munito di procura speciale, deduce ex art. 606, connma 1, lett. b), violazione dell’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011.
Rileva l’erroneità della decisione nella parte in cui ritiene che la posizione della ricorrente, sorella di NOME NOME COGNOME, sia subalterna ed ancillare rispetto a quella del proposto, dichiarata inammissibile, facendo al contempo presente come NOME COGNOME non era a conoscenza della definitività della sentenza di assoluzione del fratello da parte della Corte di appello di Catania per il reato di rapina aggravata, dovendosi, pertanto, ritenere che l’eventuale decorso dei sei mesi non è ascrivibile a sua colpa.
Nel procedimento di prevenzione – rileva la difesa – il terzo può far valere anche i presupposti per l’applicazione della misura, evenienza verificatasi con l’intervenuta assoluzione di NOME NOME COGNOME in ordine al delitto di rapina aggravata ai danni della cittadina cinese commessa nel 2014; detta circostanza ha fatto venir meno il presupposto della pericolosità sociale alla base della disposta confisca.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Il ricorso di NOME NOME COGNOME è inammissibile, dovendosi condividere le conclusioni in ordine alla declaratoria di inamnissibilità cui è pervenuta la Corte di appello di Messina, seppure per ragioni diverse rispetto a quelle enunciate nel decreto oggetto di impugnazione.
2.1. Deve dichiararsi l’inammissibilità dell’istanza di revocazione ex art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, non perché intempestiva (come argomentato dal decreto impugnato), ma perché, attraverso la nuova istanza formulata dinanzi alla Corte di appello di Messina, NOME NOME COGNOME ha inteso eludere l’intervenuta definitività della decisione della Corte di appello di Catania che in data 8 giugno 2024 si era espressa in termini di inammissibilità dell’istanza inizialmente qualificata dalla parte istante ex art. 11, d.lgs. n. 159 del 2011 e poi riqualificata ex art. 28 dal Tribunale di Catania che aveva trasmesso gli atti alla locale Corte di appello.
Ed infatti, sulla base degli atti cui questa Corte ha accesso (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 nonché, da ultimo, Sez. U, n. 24591 del 16/07/2020, COGNOME, non mass. sul punto), si rileva come NOME NOME COGNOME in data 5 dicembre 2023 avesse presentato istanza, nominata “incidente di esecuzione”, al Tribunale di Catania con cui rappresentava che, a seguito di sentenza definitiva di assoluzione per rapina aggravata da parte della Corte di appello di Catania, era venuto meno un elemento determinante ai fini della ritenuta pericolosità, presupposto alla base della disposta confisca dei beni.
Con decreto del 3 aprile 2023 depositato il 17 aprile 2024, il Tribunale, convertita l’istanza ex art. 11 d.lgs. n. 159 del 2011 in quella di cui all’art. 28 d.lgs. cit., dichiarava la propria incompetenza trasmettendo gli atti alla Corte di appello di Catania.
La Corte di appello di Catania, con decreto del 8 giugno 2024, depositato il 10 giugno 2024, dichiarava l’inammissibilità dell’istanza proposta da COGNOME NOME sul presupposto che la stessa potesse essere alternativamente qualificata squale istanza di revoca ex art. 11 d.lgs. n. 159 del 2011, che vedeva competente il Tribunale che ha adottato il provvedimento applicativo della sorveglianza speciale, o quale revocazione ex art. 28, comma 1, d.lgs. cit., di competenza della Corte di appello di Messina.
Il 21 giugno 2024 le difese di NOME NOME COGNOME presentavano istanza ex art. 28 d.lgs. cit. alla Corte di appello di Messina.
2.2. Dalla sequenza sopra sintetizzata emerge come, attraverso il ricorso, la difesa del ricorrente rivolga censure al decreto della Corte di appello di Catania che non risulta essere stato oggetto di impugnazione. Esplicita è la parte del ricorso che, infatti, deduce la presenza di errores in procedendo della decisione della Corte catanese che non aveva trasmesso gli atti alla Corte di appello di Messina e la operata qualificazione alternativa dell’istanza quale revoca ex art. 11 d.lgs. cit.
In disparte la motivazione resa dalla Corte di appello di Messina al fine di ritenere impraticabile l’operatività dell’istituto della conversione ex art. 568, comma 5, cod. pen. (in tal senso la parte della decisione che ha escluso che lo stesso potesse essere applicato all’istanza di revoca ex art. 11 d.lgs. cit. in quanto non costituente una impugnazione), deve osservarsi come sia determinante l’esito del decreto della Corte di appello di Catania, autorità giudiziaria ritenuta (erroneamente) competente in materia di revocazione di confisca, che ha comunque concluso la fase processuale con una pronuncia di inammissibilità dell’istanza, provvedimento impugnabile in cassazione.
La possibilità di riqualificare l’atto presentato presso la Corte di appello di Messina quale “riassunzione” dell’originale istanza ex art. 28 d.lgs. cit. già formulata all’autorità giudiziaria catanese (il ricorrente fa riferimento alla prima istanza di revoca del 5 dicembre 2023 ex art. 11, poi riqualificata ex art. 28 d.lgs. cit. e trasmessa alla locale Corte di appello) non risulta supportata da alcuna disposizione di legge in materia di misure di prevenzione o, in genere, in materia di processo penale, come dallo stesso ricorrente evidenziato allorché rileva come l’unica strada percorribile sarebbe stata quella di disporre, da parte dell’autorità adita, la trasmissione all’autorità competente, precipuo contenuto della decisione
che, se viziata, è soggetta ad impugnazione in cassazione ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., nel caso di specie non coltivata.
2.3. Evidente risulta l’impossibilità di operare la conversione dell’originaria istanza presentata il 5 dicembre del 2023 al Tribunale di Catania. La stessa, denominata “incidente di esecuzione” (in tal senso viene indicata anche nella procura speciale rilasciata in data 1 dicembre 2023 da NOME NOME COGNOME) , costituisce atto distinto ed autonomo rispetto all’istanza ex art. 28 d.lgs. cit. presentata alla Corte di appello di Messina: il primo consta di 13 pagine che, da un canto, evocano l’assoluzione da parte della Corte di appello di Catania quale elemento determinante del venir meno della pericolosità sociale alla base della disposta confisca, dall’altro, mettono in luce come tale elemento faccia venir meno – si assume – i già labili elementi apprezzati semplicisticamente in sede di misura di prevenzione, rivolgendo critiche, altresì, alla perimetrazione cronologica dell’illecito accumulo; l’istanza ex art. 28 d.lgs. cit. oggetto della decisione qui impugnata risulta composta di 35 pagine ed insiste nel ritenere che lo strumento ipotizzabile sia quello di cui all’art. 11 d.lgs. cit. (pag. 2) sul presupposto che tal rimedio non incontrerebbe i limiti temporali di cui all’art. 28, connma 1, d.lgs. cit. (evidentemente consapevole del loro decorso), evidenziando la rilevanza della sentenza di assoluzione in ordine alla rapina ai danni di una cittadina cinese nel 2014; analizza inoltre come, all’esito di ciò, non sussista la pericolosità alla base della disposta confisca ed articola un’analisi relativa ad ogni cespite confiscato, per poi rivolgere critiche all’illecito accumulo ed alla sua perinnetrazione cronologica.
La circostanza che l’istanza di revoca ex art. 11 d.lgs. cit., secondo la più recente giurisprudenza (in tal senso, cfr. Sez. 3, n. 40381 del 17/5/2019, COGNOME, Rv. 276934; Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Arena, Rv. 257117), possa essere convertita in quella ex art. 28 d.lgs. cit. è – nella vicenda sottoposta al vaglio di questa Corte – dato irrilevante se solo si osserva che non si può certo consentire all’istituto della revocazione di superare la definitività di un provvedimento (quello della Corte di appello di Catania) che si è pronunciato sulla stessa domanda (per come riqualificata), senza essere stato impugnato nei termini.
A conferma della necessità di impugnare un provvedimento di tale tenore, ormai definitivo in punto di novità che si intendeva far valere, si è espressa proprio la medesima giurisprudenza (Sez. 1, n. 33782 del 08/04/2013, Arena, cit.) che ha convenuto sulla necessità di annullare il provvedimento con cui, in violazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., il Tribunale delle misure di prevenzione, non ritenendo esperibile il rimedio della revocazione di cui all’art. 28 d.lgs. cit. aveva dichiarato inammissibile la richiesta, anziché qualificarla come proposta ai sensi dell’art. 7 della I. n. 1423 del 1956.
Né sussistono per il ricorrente validi motivi di dolersi della diversità tra la disciplina dell’art. 630 cod. proc. pen., che non incontra limiti cronologici alla sua proposizione, e quella contemplata dall’art. 28 d.lgs. cit., istituto della revocazione introdotto dalla legge del 17 ottobre 2017, n. 161, sulla falsariga della prima, visto che entrambe le impugnazioni, qualora inammissibili, sono riproponibili in presenza degli stessi presupposti sopravvenuti o successivamente conosciuti (nei limiti evidenziati dalle Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283707 01).
Irrilevante, in conclusione, è il decorso del tempo di sei mesi dalla decisione definitiva di assoluzione dal delitto di rapina aggravata della Corte di appello di Catania, essendo invece determinante la intervenuta definitività del decreto della Corte di appello di Catania emesso in ordine all’originaria istanza ex art. 11, d.lgs. cit., già riqualificata ex art. 28 d.lgs. cit. dal Tribunale di Catania.
3. Il ricorso di NOME COGNOME è egualmente inammissibile, seppure – anche in detta ipotesi – per ragioni differenti da quelle evidenziate nel provvedimento della Corte di appello di Messina che, invero, non ha considerato che la ricorrente, avendo partecipato al giudizio di prevenzione nei confronti di NOME NOME COGNOME, aveva titolo per poter, in astratto, impugnare la confisca dei beni di proprietà ex art. 28 d.lgs. cit. e che, non essendo parte del processo in ordine alla rapina ai danni di una cittadina cinese che aveva visto implicato il fratello, la predetta non era tenuta a conoscerne l’esito, con conseguente tempestività dell’istanza che deve ritenersi essere stata presentata nei termini.
Questa Corte ha infatti statuito, con decisione condivisa dal Collegio, che il proposto ed il terzo, che abbiano partecipato al procedimento, qualora intendano ottenere la revoca del provvedimento definitivo di confisca, sono tenuti a presentare istanza di revocazione nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 28 d.lgs. cit., essendo invece loro preclusa, in ragione dell’inammissibilità di una rivalutazione dei medesimi fatti “sine die” e “ad nutum”, l’instaurazione di un incidente di esecuzione ex art. 666 cod. proc. pen., del quale può giovarsi unicamente il terzo che non abbia partecipato al procedimento per non essere stato messo nelle condizioni di farlo, Sez. 6, n. 23839 del 26/04/2019, COGNOME, Rv. 275987 – 01)
Rilevante risulta, invece, la decisione di questa Corte nel suo più prestigioso consesso, secondo cui – contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso – in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati. A tale fine può dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum, ma non è invece legittimato a contestare anche i presupposti per
4
l’applicazione della misura (v. informazione provvisoria SU, rg. 27791/24 del
27/03/2025, Putignano).
Se questo è il perimetro entro il quale può intervenire il terzo nell’ambito del procedimento di prevenzione, deve rilevarsi come analoghi limiti egli incontri
allorché si verta in ipotesi di revocazione ex
art. 28 d.lgs. cit., impugnazione straordinaria che non consente di attribuire al legittimato un più ampio ambito di
tutela rispetto a quello di cui può godere nel corso del procedimento di prevenzione e confisca disciplinato dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione.
Il rimedio straordinario ex
art. 28 d.lgs. cit. pertanto, non era ammissibile in quanto fondato unicamente sulla novità individuata nella sentenza di assoluzione
emessa dalla Corte di appello di Catania per il delitto di rapina, decisione successiva alla definitiva ablazione dei beni già intestati alla ricorrente, e sul
conseguente venir meno della pericolosità del proposto quale presupposto della disposta confisca, unico aspetto dedotto e ribadito anche nel ricorso per
cassazione, senza precisare se ed in quale misura tale evenienza rifluisca sulla rivendicazione della titolarità effettiva dei beni confiscati.
Esplicito risulta il tenore dell’istanza di revocazione indirizzata alla Corte di appello di Messina “quale Giudice dell’esecuzione” ex art. 28 d.lgs. cit., atto che, seppure rievoca le ragioni già evidenziate nel procedimento di prevenzione (ultimo capoverso del terzo foglio), evidenzia come l’unico elemento di novità sia costituito dalla decisione assolutoria che ha interessato NOME NOME COGNOME
All’inannmissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima adeguata, di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/04/2025