Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9954 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9954 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
Sul ricorso straordinario proposto nell’interesse di:
NOME, nato a Trentola Ducenta il DATA_NASCITA, avverso la ordinanza del 6/07/2023 della Corte di Cassazione in Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che, preso atto delle ragioni della revoca del precedente decisione (sent. n. 30718 del 6/7/2023), ha chiesto nuovamente dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica trasmessa, a mezzo p.e.c., in data 9 febbraio 2024 dal difensore del ricorrente, già trasmessa per l’udienza del 6/7/2023, con la quale s ripercorrono le ragioni esposte con il ricorso, erroneamente dichiarato inammissibile per intempestività il 6 luglio 2023, e si replica alle argomentazioni esposte dal P.g. ne conclusioni rassegnate per quella stessa udienza.
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento in data 24 gennaio 2023, depositato il 4 febbraio successivo e tempestivamente impugnato dal difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME, la Corte di appello di Roma rigettava -per difetto di nova rilevanti- la richiesta di revocazione del decreto n. 55/19, adottato dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 18 luglio 2019, parzialmente riformato (solo con riferimento alla misura personale) dalla Corte di appello di Napoli con decreto n. 80/2020, con il quale era stata disposta confisca delle quote pari al 100 % del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, con soc unico e del C/c n. 1073467 acceso presso la Banca di Credito Popolare di Torre del Greco e dei terreni indicati nella stessa istanza.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione NOME COGNOME, a ministero del difensore e procuratore speciale, che deduce i vizi in appresso sinteticamente indicati:
2.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale, inosservanza della legge processuale prevista a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. b e c, cod. proc. pen., relazione agli articoli 1, 4, 16, 24, 28 del d.lgs. 159 del 2011; 125, comma 3, cod. pro pen.), atteso che la Corte adita con la richiesta di revocazione non ha apprezzato la denunciata inconciliabilità logica e normativa tra revoca ex tunc della misura di prevenzione personale, per difetto ab origine del presupposto costituito dalla pericolosit sociale del proposto (divenuto collaboratore di giustizia, con concreta efficac riconosciuta con sentenza n. 6313/2018 della Corte di appello di Napoli), e mantenimento della confisca di beni trasformati con l’utilizzo di risorse conseguite i ambito associativo mafioso (partecipazione al RAGIONE_SOCIALE, fazione RAGIONE_SOCIALE, i posizione vicina a NOME COGNOME), avendo del tutto pretermesso la decisiva rilevanza delle sentenze emesse dalla Commissione tributaria negli anni 2010 e 2011 (mai prima valutate in sede di prevenzione) che escludevano la natura illecita dei provent dell’attività svolta in forma societaria dalla RAGIONE_SOCIALE
2.2. La Corte, ancora, non ha dato alcuna risposta alla dedotta incompatibilità tr collaboratori che datano l’ingresso del COGNOME nel sodalizio casalese agli anni 19951996 ed altri collaboratori che lo datano agli anni 2000, epoca del tutto inconciliabile c l’acquisto dei suoli (primi anni ’90) e con la loro trasformazione aziendale (1995-1998 asseritamente realizzata con risorse associative mafiose. I collaboratori di giustiz COGNOME, COGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME collocano infatti la pericolosità del ricorrente NOME agli inizi degli anni 2000. Il collaboratore COGNOMECOGNOME affiliato al RAGIONE_SOCIALE nel 2 non poteva quindi riferire delle condotte illecite del ricorrente antecedenti alla data sua affiliazione, vieppiù se riferite al biennio 1995-96, quando era solo un infante. Gli traslativi degli immobili recano date incompatibili con i periodi della pericolosità soc del prevenuto. Il ricorrente ha illustrato la cronologia degli acquisti e la fonte lecita
caz
provvista necessaria. La sentenza n.. 6313/18 irrevocabile, con la quale la Corte d Appello di Napoli ha riconosciuto l’art. 8 L. 203/91 non è stata erroneamente ritenut rilevante; del pari le due sentenze della Commissione Tributaria Regionale della Campania; così pure la relazione di consulenza Banaio (con atti allegati), sulle risor finanziarie di cui godeva il nucleo familiare del ricorrente, anche in virtù del pr agrario conseguito, come successivamente investito. Parimenti svalutata la sentenza n. 5829/2021 della Corte di appello di Napoli -II sezione- in uno al ricorso della difesa. 2.3. L’omessa valutazione di tutti tali elementi, presenti in atti, ma mai compiutamen apprezzati dagli organi della prevenzione, legittimerebbe la revocazione della disposta confisca.
All’udienza camerale non partecipata (art. 611 cod. proc. pen.) del 6 luglio 2023 questa stessa sezione dichiarava (sent. n. 30718/2023) -erroneamente- inammissibile il ricorso, per intempesività, non avvedendosi della data di notifica all’interessato provvedimento impugnato. La decisione, viziata da errore percettivo, veniva quindi revocata, provvedendosi a fissare nuova udienza camerale non partecipata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso in esame, trattato secondo il rito disciplinato dall’art. 611 cod. pe dichiarato inammissibile, sulle conformi conclusioni scritte del AVV_NOTAIO general giacché proposto ricorrendo ad argomentazioni manifestamente infondate, che neppure si confrontano con il diffuso apparato argomentativo che sostiene la decisione impugnata.
NOME COGNOME ha proposto istanza ai sensi dell’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs settembre 2011, n. 159, ovvero in forza della «scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento», che sarebbero idonee a dimostrare, in ossequio al disposto del secondo comma del medesimo articolo, «il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura».
Fino a tempi recenti (2022) hanno convissuto, nel seno della giurisprudenza di legittimità, due opposti orientamenti sul tema della interpretazione dei nova efficacemente deducibili con la richiesta di revocazione; il che ha determinato devoluzione della questione alle Sezioni unite, che hanno, di recente, stabilito che « tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione de (.. misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. n. 159 del 2011, è sia quella ontologicame sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo
QR
di esso., sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che. la misura è divenuta definitiva; non lo è, invece, quella deducibile e non dedotta nell’ambito d suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiv deduzione per forza maggiore» (Sez. U, n. 43668 del 26/5/2022, COGNOME, Rv. 283707).
Nella motivazione della menzionata decisione, il massimo consesso nonnofilattico ha rilevato anche che la scoperta della prova nuova costituisce il momento da cui decorre il termine per opporre alla definitiva statuizione della confisca elementi “decisivi”, che corso del giudizio di prevenzione non era stato possibile allegare, nel rispetto del cadenze individuate dal particolare modello procedimentale previsto nelle disposizioni di cui agli artt. 20, 23 e 24 d.lgs. cit. 6 settembre 2011, n. 159.
La sentenza prosegue affermando che, non potendo l’istituto della revocazione costituire lo strumento per riaprire tardivamente una sequenza procedimentale ormai conclusa, deducendo quelle stesse prove che il proposto e gli interessati ben avrebbero potuto allegare in udienza (Sez. 1, n. 21537 del 11/03/2021, COGNOME, Rv. 281226), le nuove prove che rendono ammissibile il rimedio straordinario devono individuarsi in quelle che non è stato possibile dedurre nell’ambito del procedimento, perché riguardanti fatti decisivi e mezzi per dimostrarli incolpevolmente sconosciuti, al nuovo deducente, al momento del giudizio.
La scelta del legislatore – come emerge anche dalla relazione illustrativa del codic antimafia – trova, continuano te Sezioni unite, la sua ratio giustificativa nell’intento di realizzare Io scopo di una tendenziale stabilizzazione del giudicato in materia d prevenzione patrimoniale, consolidandone gli effetti nel massimo grado possibile.
Logico corollario di tale impostazione ricostruttiva è che la revocazione della confisca prevenzione può ritenersi legittimata dalle sole prove che siano ad essa sopravvenute (nel senso della loro materiale formazione), ovvero da quelle “decisive” che vengano “incolpevolmente” scoperte dopo che la misura sia divenuta definitiva (essendo, pertanto, originariamente preesistenti), sicché, per converso, non rilevano le prove deducibili, ma non dedotte per scelta o per negligenza nell’ambito del procedimento di prevenzione.
La necessità di una successiva «scoperta» implica, pertanto, la incompatibilità di tal situazione con un precedente comportamento privo dell’ordinaria diligenza da parte dell’interessato, o con un suo atteggiamento meramente omissivo, ai fini della puntuale allegazione di elementi di prova nell’ambito del procedimento di prevenzione concluso con il provvedimento di cui, in seguito, si chiede la revocazione.
Le prove deducibili, ma non dedotte, possono, pertanto, supportare una richiesta di revocazione solo quando l’interessato adduca l’impossibilità di provvedere altrimenti per la riscontrata sussistenza di una «causa a lui non imputabile», secondo la previsione espressamente dettata nell’art. 28, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, da ravvisarsi hanno chiarito, ancora, le Sezioni unite – attraverso il richiamo alle tradizi
nozioni di caso .fortuito, da intendersi quale evento non evitabile con la normale diligen e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o doto, e di forza maggiore, fatto umano naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che, per tale ragione, è irresistibile.
Soccorrono, al riguardo, i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità (Sez 14991 del 11/04/2006, COGNOME, Rv. 233419), che attribuisce al caso fortuito la caratteristica della «imprevedibilità» ed individua, invece, la nota distintiva della maggiore nell’elemento della «irresistibilità», restando, di conseguenza, escluse quelle situazioni che, con una normale manifestazione di impegno e diligenza, avrebbero potuto essere altrimenti superate (Sez. 5, n. 965 del 28/2/1997, COGNOME, Rv. 207387).
Grava, comunque, sul richiedente che adduca un’ipotesi di forza maggiore l’onere di provare un impedimento assoluto, ossia tale da rendere vano ogni sforzo umano, che derivi da cause esterne a lui non imputabili (Sez. 1, n. 12712 del 28/2/2020, Giglio, Rv 278706).
L’applicazione dei principi di diritto, così autorevolmente affermati, alla vicenda esame induce ad escludere, come correttamente argomentato dalla Corte di appello capitolina, che, nel caso di specie, possa in alcun modo discorrersi di allegazione d «prove nuove decisive».
3.1. Ripercorrendo l’istanza di revocazione, si è rilevato, nella superiore esposizione fatto, che gli interessati hanno individuato tali nova in elementi (sentenze tributarie degli anni 2010- 11, sentenza della Corte di appello del 2018 e dichiarazioni di collaboratori d giustizia rese ostensibili ben prima del 2018, consulenza tecnica di natura patrimoniale che valuta dati economici già conosciuti), non solo preesistenti e preconosciut dall’istante, ma addirittura versati agli atti del procedimento di prevenzione, ma n espressamente apprezzati dal giudice della prevenzione (neppure in sede di legittimità). Il che, a ben vedere, non corrisponde alla nozione di prova nuova declinata dalla legge, come interpretata dal diritto vivente poco sopra richiamato (negli stessi termini, Sez. sentenze n. 14300 e 36069 del 2023, non massimate).
Ricordato che, in tema di confisca di prevenzione, il ricorso per cassazione avverso la decisione di rigetto della richiesta di revocazione non soggiace a limitazioni in ordine motivi deducibili, essendo detto ricorso regolato, in forza del rinvio dell’art. 28, d. settembre 2011, n. 159 alle forme degli artt. 630 e ss. cod. proc. pen., dall’art. 640 co proc. pen., che non prevede alcuna limitazione al riguardo (Sez. 1, n. 35763 del 4/6/2019, Grauso, Rv. 277132), ritiene il Collegio che il Giudice di merito non abbia violato alcuna disposizione sostanziale o processuale e neppure sia incorso in nessuno dei
travisati -tenti denunciati o, comunque, in travisamenti (per omissione) decisivi, come prospettato in ricorso.
4.1. In primo luogo, non è dato comprendere in cosa si sostanzierebbero le violazioni di legge denunziate, essendosi la Corte capitolina rigidamente attenuta alle prescrizioni sostanziali e processuali poste dal legislatore.
4.2. Né si coglie il vizio esiziale di motivazione per omissione in un tessuto argomentativ assai logico e consequenziale, che ha escluso la qualità di nova rilevanti e decisivi agli elementi storici esaltati dall’istante. Gli elementi documentali valorizzati non avrebbe infatti potuto determinare, secondo il condivisibile avviso della Corte territoriale diverso apprezzamento della “situazione” patrimoniale, sia perché l’illiceità delle risor (spiega la Corte) si pone a monte del reddito stimato non illecito dalla Commissione tributaria, sia perché la revoca della misura di prevenzione personale (per difetto d pericolosità attuale, in ragione della scelta collaborativa di gran lunga successiva ai tem della accumulazione putribonda) non può riverberare certamente effetti sulla pericolosità di accumuli patrimoniali realizzati ben oltre due dozzine di anni prima. Decisivo, ai f che qui rilevano, è comunque il difetto di novità degli atti evidenziati.
In conclusione, deve reputarsi coerente con le premesse argomentative l’approdo cui è pervenuta la Corte di appello di Roma nell’escludere, nel caso di specie, l’esistenza del necessario profilo di novità della prova, come, da ultimo, tratteggiato dalle Sezioni uni di questa Corte.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2024.