Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34319 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34319  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
1.COGNOME NOME NOME a Città Sant’Angelo il DATA_NASCITA
2.COGNOME NOME NOME a Atri il DATA_NASCITA
avverso l ‘ordinanza del 20/03/2025 della Corte di appello di Campobasso;
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e i ricorsi;
preso  atto  che  il  procedimento  si  celebra  con  contraddittorio  scritto,  senza  la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610 commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 14/07/2025 dal Sostituto Procuratore generale,  NOME  COGNOME,  che  ha  chiesto  declaratoria  di  inammissibilità  dei ricorsi;
preso atto che l’AVV_NOTAIO, difensore di entrambi i ricorrenti, non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza la Corte di appello di Campobasso ha dichiarato inammissibile l’istanza di revocazione ,  avanzata da NOME COGNOME e NOME
Sent. n.1700/25 sez.
R.G.N. 21667NUMERO_DOCUMENTO
CC – 07/10/2025
COGNOME, della confisca di beni disposta dal Tribunale di L’Aquila, sezione misure di prevenzione,  nei  confronti  di  NOME  COGNOME  con  decreto  emesso  in  data 02/05/2022, confermato dalla Corte di appello di L’Aquila con provvedimento del 21/04/2023 e divenuto irrevocabile.
Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il comune difensore di fiducia, NOME COGNOME, destinatario del provvedimento di confisca, e NOME COGNOME, terzo interessato, articolando un unico motivo con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 , lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’ erronea applicazione dell ‘art. 28 , comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011 e la contraddittorietà della motivazione.
Rilevano i ricorrenti che la Corte di appello ha erroneamente escluso che il decreto  di  confisca  di  prevenzione  emesso  dal  Tribunale  di  L’Aquila  in  data 02/05/2022 nei confronti di NOME COGNOME ponesse a fondamento della misura ablativa anche i reati tributari (artt. 2, 10bis e 10quater d.lgs. n. 74 del 2000 commessi nel giugno e luglio 2015) per i quali questi è stato successivamente assolto con sentenza irrevocabile del Tribunale di Lanusei in data 22/06/2023.
In realtà, nel coacervo delle attività illecite ascritte ad NOME COGNOME a partire dal 2006 e valutate ai fini della adozione della misura ablativa in quanto dalle stesse egli avrebbe tratto sostentamento, rientrano a pieno titolo i delitti giudicati dal Tribunale di Lanusei i quali, in tesi accusatoria, riguardavano fatturazioni per operazioni inesistenti intervenute tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (società entrambe riferibili al ricorrente) che avevano generato un credito di imposta pari ad euro 253.036,00, poi illecitamente utilizzato in compensazione con altre obbligazioni tributarie, così accrescendo il patrimonio di COGNOME e rendendolo sproporzioNOME rispetto alle sue disponibilità reddituali, quindi, suscettibile di confisca di prevenzione.
Il decreto di confisca emesso dal Tribunale di L ‘Aquila contiene infatti espresso riferimento alla informativa della Guardia di Finanza del 24/02/2020 che, a sua volta, richiama la precedente del 27/11/2018 (allegata al presente ricorso, unitamente al provvedimento ablativo) con la quale NOME COGNOME era stato denunciato per i reati tributari commessi tra il giugno e luglio 2015 oggetto della pronuncia assolutoria del Tribunale di Lanusei. Valutando tali annotazioni, il Tribunale aveva dato conto dell’ac quisto da parte di COGNOME, in data 06/05/2015, tramite la RAGIONE_SOCIALE, delle quote societarie della RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, queste ultime sottoposte a sequestro preventivo in data 21/09/2015 disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Pescara.
Il  successivo  decreto  della  Corte  di  appello  aveva  evidenziato  che  COGNOME aveva avuto il ruolo di promotore ed organizzatore, anche tramite prestanome, di
diverse società al preciso scopo di creare fittizi crediti di imposta, così evocando proprio il  meccanismo illecito  che  stava alla base, in tesi accusatoria, dei  reati giudicati dal Tribunale di Lanusei.
La  stessa  richiesta  di  applicazione  della  misura  di  prevenzione  ablativa formulata dalla Procura della Repubblica di Pescara, poi accolta dal Tribunale di L’ Aquila, indica i reati tributari con riferimento ai quali il Tribunale di Lanusei è pervenuto a pronuncia assolutoria.
L’ordinanza  impugnata  presenta  anche  profili  di  contraddittorietà della motivazione.
La Corte di appello afferma che l’originario decreto di confisca aveva ritenuto che NOME avesse acquistato le quote societarie della RAGIONE_SOCIALE pur non avendo dichiarato redditi negli anni 2013 e 2014, per poi, invece, evidenziare che tale operazione era avvenuta ‘a parametro 0’ e cioè esclusivamente con accollo di debiti e senza alcun esborso di denaro.
Il Collegio conclude che la legittima disponibilità da parte della RAGIONE_SOCIALE di un credito di imposta di euro 253,036,00 non avrebbe avuto alcuna incidenza sulle valutazioni del Tribunale ai fini dell’acquisto, da parte di COGNOME, della quote sociali della stessa RAGIONE_SOCIALE, mostrando così di avere equivocato il contenuto dell’istanza di revocazione la quale era diretta ad ottenere, quantomeno, una riduzione della entità dei beni sottoposti a confisca in misura proporzionale al valore del credito che, a seguito dell’epilogo assolutorio, la società aveva legittimamente maturato. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 Entrambi  i  ricorsi,  corredati  da  procura  speciale  e  tempestivamente proposti,  sono  inammissibili  in  quanto  appare  del  tutto  generico  e  comunque manifestamente infondato l’unico motivo dedotto.
L’art. 28 , comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 stabilisce che la revocazione della decisione irrevocabile sulla confisca di prevenzione, può essere richiesta, nelle forme previste dall’art. 630 e seguenti del codice di procedura penale, quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano ‘ in modo assoluto ‘ l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca.
I n  merito  ai  rapporti  tra  l’istituto  della  revocazione  e  processo  penale,  la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide e fa proprio, è  nel  senso  che  il  sopravvenuto  giudicato  penale  di  assoluzione  non  integra
automaticamente la causa di revocazione di cui all’art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, attesa l’autonomia del giudizio di prevenzione da quello penale non essendo l’uno è pregiudiziale all’altro, con la conseguenza che la misura può essere revocata solo ed esclusivamente se il processo penale abbia accertato, ex post e nel merito, l’assoluta estraneità del proposto a quei fatti reato sulla base dei quali, essendo stato ritenuto pericoloso, era stata ordinata la confisca (Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277225 – 06; Sez. 2, n. 15650 del 14/02/2019, COGNOME, Rv. 275778 – 01; Sez. 1, n. 1368 del 16/01/2019, NOME, Rv. 275244 – 01).
Va ulteriormente ricordato che la revocazione non può essere invocata per sollecitare  un  nuovo  giudizio  –  di  merito  o  di  legittimità  –  su  elementi  di  fatto oggetto di  esame nei giudizi di impugnazione ordinaria al di fuori delle ipotesi tipizzate  dal  comma  1  dell’art.  28  citato,  ovvero  in  assenza  di  elementi sopravvenuti idonei ad escludere l’originaria sussistenza dei presupposti applicativi della confisca (Sez. 5, n. 18000 del 14/02/2024, Cesarano, Rv. 286450 – 01).
 I  ricordati  principi  dettati  in  tema  di  revocazione  prevista  dall’art.  28 , comma 1, lett. b) d.lgs.  6  settembre  2011,  n.  159  sono  stati  puntualmente  e coerentemente applicati nel caso di specie dalla Corte di appello con motivazione corretta sul piano giuridico e tutt’altro che contraddittoria.
Il provvedimento impugNOME ha escluso che i reati per i quali era intervenuta assoluzione irrevocabile pronunciata dal Tribunale di Lanusei costituissero presupposto della confisca di prevenzione originariamente disposta nei confronti di NOME COGNOME.
Sul punto, si è argomentato che il giudice della prevenzione aveva fondato la misura ablatoria sulla circostanza che per lungo tempo NOME COGNOME aveva tratto abitualmente fonti di reddito e di sostentamento da attività delittuose, specificamente individuate nei tre reati di bancarotta fraudolenta commessi tra il 1996 ed il 2006 e in quelli di falsità ideologica realizzati tra il 2006 e il 2007, oggetto di sentenze di condanna, ed altresì nel delitto di associazione per delinquere con relativi reati fine di natura tributaria e di riciclaggio commessi tra il 2016 e il 2017, rispetto ai quali era stato emesso, nei confronti di COGNOME NOME, sequestro preventivo ai fini di confisca in via diretta e, in caso di incapienza, per equivalente.
L’epilogo assolutorio riguarda va, invece, reati di natura finanziaria ma diversi ed ulteriori (artt. 2, 10bis e 10quater d.lgs n. 74 del 2000 commessi nel giugno e luglio 2015) che il giudice della prevenzione non aveva valutato ai fini del giudizio di  sproporzione  dei  beni  acquistati  dal  proposto  rispetto  alle  sue  disponibilità reddituali.
3.1. La semplice comparazione tra i provvedimenti applicativi della misura ablatoria di cui si chiede la revocazione e la sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Lanusei, che secondo i ricorrenti sarebbe fatto sopravvenuto idoneo a far venir meno i presupposti della stessa, consente di apprezzare come effettivamente gli illeciti giudicati insussistenti non rientrano affatto nel novero delle attività delittuose i cui proventi erano stati utilizzati dal proposto, privo di capacità reddituale leci ta, per l’acquisto dei beni oggetto di confisca di prevenzione, sicchè tale pronuncia effettivamente non assume alcuna valenza ai fini della modifica del giudizio di pericolosità sociale e di illecita accumulazione del patrimonio nel periodo di provata pericolosità.
Ne consegue la correttezza della sentenza impugnata laddove si è affermato che l’epilogo assolutorio non era idoneo ad esclud ere ‘ in modo assoluto ‘ i presupposti della disposta misura ablatoria evidenziando, altresì, come il sopravvenuto accertamento giudiziale di legittimità del credito di imposta (euro 253.036,00) della RAGIONE_SOCIALE utilizzato in compensazione era circostanza del tutto irrilevante rispetto alle valutazioni compiute dai giudici della prevenzione in punto di acquisto da parte di COGNOME delle quote di tale società, avvenuto in epoca precedente ed in assenza di capacità reddituale lecita.
3.2. A nulla rileva che i reati per i quali è intervenuto giudizio assolutorio fossero stati evocati dal Pubblico Ministero nella proposta di prevenzione patrimoniale, così come è del tutto ininfluente che il decreto di confisca emesso dal Tribunale di L’Aquila cont enga un riferimento alla informativa della Guardia di Finanza del 24/02/2020 che, a sua volta, richiama la precedente del 27/11/2018 nella quale vi è richiamo alla denuncia di NOME COGNOME COGNOME i reati tributari commessi tra il giugno e luglio 2015 ed oggetto della pronuncia assolutoria del Tribunale di Lanusei, essendo evidente ciò che conta è il decisum dei giudici della prevenzione.
3.3. Altrettanto corretta è l’affermazione della Corte di appello secondo cui la deduzione (pedissequamente reiterata anche nei ricorsi qui in esame) relativa al cosidetto costo zero dell’acquisto delle quote della RAGIONE_SOCIALE non era consentita e, quindi, non scrutinabile, trattandosi di un profilo già fatto valere e ampiamente disatteso nella procedura di prevenzione.
Già si è ricordato che la revocazione non può essere invocata per sollecitare un nuovo giudizio – di merito – su elementi di fatto già introdotti e valutati nella fase genetica di applicazione della confisca e quindi al momento di delibazione della originaria sussistenza dei relativi presupposti.
Gli  odierni  ricorrenti  non  si  confrontano  concretamente  con  il  richiamato costrutto argomentativo, né introducono in questa sede (ma neppure lo hanno allegato  nell’istanza  di  revocazione)  elementi  concreti  idonei  a  ritenere  che
l’intervenuta  assoluzione  dai  reati  tributari  commessi  nel  giugno-luglio  2015  e riconducibili alla sola RAGIONE_SOCIALE abbia inciso sul giudizio di pericolosità espresso dai giudici della prevenzione nei confronti di NOME COGNOME essendo assenti, a carico di quest’ultimo, altri pregiudizi penali o segnalazioni di reato.
3.4. Invero, l ‘art. 28, comma 1 , lett. b), del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 richiede,  quale  presupposto  fondamentale  per  accedere  alla  revocazione  della disposta confisca, non una qualsiasi assoluzione a favore del proposto bensì un pronunciamento di proscioglimento che abbia avuto ad oggetto proprio quel fatto che aveva giustificato il giudizio di pericolosità.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e, ciascuno, al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 07/10/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME