Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37496 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37496 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da 1.COGNOME NOME nato ad Africo il DATA_NASCITA 2.COGNOME NOME nata in Polonia il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 05/03/2025 della Corte di appello di Perugia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; preso atto che si è proceduto con il rito della trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1 -bis e 1ter , cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi riportandosi in particolare, quanto alla posizione di NOME, alla memoria scritta depositata; NOME udite le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi .
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnat o decreto la Corte di appello di Perugia ha rigettato l’istanza di revocazione avanzata da COGNOME NOME NOME COGNOME NOME della
Sent. n. 1696/2025 sez.
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
CC – 07/10/2025
confisca di beni disposta dalla Corte di appello di Roma con provvedimento in data 30/06/2022, irrevocabile il 23/02/2023.
Avverso tale decreto hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori di fiducia, NOME COGNOME, destinatario del provvedimento di confisca e NOME COGNOME, quale terza interessata.
Nell’interesse di NOME COGNOME , è formulato un unico motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 28, comma 1 , lett. a) e b) del D.vo n. 159 del 2011 con riferimento all’art. 4 lett. a) e b) del medesimo decreto legislativo ed il vizio di motivazione per travisamento della prova e/o l’omessa valutazione della stessa.
La difesa ricorrente, richiamati i contenuti dell’istanza di revocazione proposta alla Corte di appello ed i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla nozione di ‘prove nuove’ deducibili a fondamento di tale richiesta, rileva che, successivamente al giudizio originario, sono sopravvenute prov e ‘di natura giurisdizionale’ che escludono il giudizio di pericolosità ai sensi dell’art. 4 lett. b) D.vo n. 159 del 2011 espresso nei confronti di COGNOME nel decreto di confisca di prevenzione nel periodo in cui, con la moglie, NOME COGNOME, aveva acquistato i beni sottoposti alla misura ablativa, con particolare riferimento a quelli acquisiti tra il 2007 ed il 2009.
Tale decreto si fondava esclusivamente sugli esiti del procedimento ‘Fiore Calabro’ , conclusosi in primo grado con l’assoluzione di COGNOME per i capi di imputazione 8) e 10) in quanto ritenuti insussistenti e con declaratoria di non doversi procedere per intervenuta prescrizione per gli ulteriori addebiti 5), 6) e 7). Nel successivo giudizio di appello, definito con sentenza irrevocabile del 07/11/2023 di cui è riportata testualmente nel ricorso (pagine da 5 a 9) la parte motiva di interesse, COGNOME è stato, tuttavia, prosciolto nel merito anche per i delitti dichiarati estinti, in quanto ritenuti insussistenti e tale sopravvenuto giudicato assolutorio porta ad escludere – a detta del ricorrente l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca.
Sotto altro profilo, deduce la difesa ricorrente che la Corte di appello ha omesso di valutare la memoria difensiva depositata in data 27/02/2025 (allegata al presente ricorso) che conteneva elementi significativi tali da incidere sulla valutazione del collegio, con conseguente nullità del provvedimento impugnato.
In tale contributo scritto si richiamavano i limiti entro i quali è possibile disporre la confisca dei beni ed in particolare, in punto di pericolosità generica di cui all’art. 4 lett. b) D.vo n. 159 del 2011, il principio affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 4880 del 26/06/2014 secondo cui è necessario
verificare la relazione cronologica tra pericolosità sociale e acquisizione dei beni, essendo suscettibile di ablazione solo ciò che è stato acquistato nell’arco temp orale in cui detta pericolosità è venuta in evidenza, indipendentemente dalla persistenza della stessa al momento della proposta di prevenzione; si evidenziava, quindi, che, dai provvedimenti pronunciati dalla magistratura di sorveglianza e dagli organi competenti per l’applicazione delle misure di prevenzione , emergeva che COGNOME, a partire dalla sua scarcerazione avvenuta in data 05/06/2005, è stato valutato come soggetto non più pericoloso, con la conseguenza che i beni confiscati acquistati nell’arco temporale intercorrente tra il 2007 ed il 2009 sono ‘avulsi’ da quello di esplicazione della pericolosità, accertata nell’anno 2001 e cessata nel 2005.
Nella memoria difensiva si evidenziava inoltre, richiamando la recente pronuncia di legittimità (Sez. 6, n. 45280 del 30/10/2024, COGNOME, Rv. 287312 – 01) che il principio di autonomia del processo di prevenzione rispetto al procedimento penale trova un preciso limite nelle sentenze assolutorie penali laddove lo stesso fatto – una volta escluso dal giudice penale – non può essere assunto come elemento indiziante per il giudizio di pericolosità sociale nella procedura di prevenzione, pena la violazione del principio del ne bis in idem in ordine al ritenuto giudizio di sproporzione e di illecito arricchimento formulato nei confronti di COGNOME, peraltro riabilitato ai sensi dell’art. 70 D.vo n. 159 del 2011 con provvedimento della Corte di appello di Roma emesso in data 20/12/2023.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono articolati due motivi.
4.1. Con il primo motivo di deduce l’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ai sensi degli art. 28 D.vo n. 159 del 2011, 630 e 601, comma 2, cod. proc. pen, in relazione all’art. 127, commi 3 e 5, del codice di rito.
All’udienza camerale celebrata il giorno 05/03/2025, la Corte di appello di Perugia non ha consentito all’AVV_NOTAIO, estensore del presente ricorso, di discutere la richiesta di revocazione nell’interesse di NOME COGNOME sull’erroneo presupposto che la procura speciale a questi rilasciata per tale atto fosse inefficace perché successiva a quella rilasciata, dalla stessa COGNOME, in favore dell’AVV_NOTAIO.
4.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento agli artt. 4 lett. b) D.vo n. 159 del 2011, 512bis cod. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen., per avere il decreto impugnato ritenuto sussistenti i presupposti per l’applicazione della confisca di prevenzione ricorrendo ad una motivazione meramente apparente rispetto ai beni intestati all’odierna ricorrente.
COGNOME, persona incensurata, è stata assolta con la formula più ampia dalle contestazioni di intestazione fittizia di cui ai capi 5) e 7) dell’imputazione,
unici addebiti per i quali la confisca era stata originariamente disposta nei suoi confronti sul presupposto che ella fosse titolare di una capacità reddituale non proporzionata e, quindi, incompatibile con il valore dei beni oggetto della misura ablativa.
A fondamento della pronuncia assolutoria (pag. 29 della motivazione) sono stati posti:
-gli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza nel 2012 sulla società RAGIONE_SOCIALE e sulla proprietà del villino posto nel Comune di Rignano Flaminio, nonchè sui flussi economici utilizzati per l’acquisto di tali beni alla luce dei quali era stata esclusa la riconducibilità dei beni in questione al coniuge NOME COGNOME, ritenuto socialmente pericoloso con riferimento al periodo dal 2007 al 2009;
-la consulenza di parte che aveva ricostruito la capacità economica della ricorrente nel periodo compreso tra il 2005 ed il 2025 in termini di compatibilità con il valore dei beni sottoposti a confisca, a dimostrazione della certa riconducibilità della titolarità in capo alla stessa.
Tali risultanze (come anche l’accertamento ispettivo eseguito il 30/07/2009 che era stato allegato all’istanza di revocazione) non sono stat e minimamente valutate dalla Corte di appello.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente evidenziato che l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente COGNOME NOME, ha avanzato richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1 -bis e 1ter , cod. proc. pen.: richiesta erroneamente accolta – pur in presenza di procedura per la quale la legge prevede il rito disciplinato dall’art. 611 cod. proc. pen., non convertibile. Si è ritenuto di non dover revocare il provvedimento di ammissione al rito orale, attesa la maggiore garanzia assicurata alle parti (tutte comparse all’odierna ud ienza) dalla celebrazione della trattazione in presenza.
Il ricorso tempestivamente proposto nell’interesse di NOME COGNOME da difensore, munito all’uopo di procura speciale, va dichiarato inammissibile in quanto l’unico motivo proposto è manifestamente infondato.
2 .1. L’art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 stabilisce che la revocazione della decisione irrevocabile sulla confisca di prevenzione, può essere richiesta, nelle forme previste dall’art. 630 e seguenti del codice di procedura penale, quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento
di prevenzione, escludano ‘ in modo assoluto ‘ l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca.
In merito ai rapporti tra l’istituto della revocazione e processo penale, la consolidata giurisprudenza di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, è nel senso che il sopravvenuto giudicato penale di assoluzione non integra automaticamente la causa di revocazione di cui all’art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, attesa l’autonomia del giudizio di prevenzione da quello penale non essendo l’uno pregiudiziale all’altro, con la conseguenza che la misura può essere revocata solo ed esclusivamente se il processo penale abbia accertato, ex post e nel merito, l’assoluta estraneità del proposto a quei fatti di reato sulla base dei quali è stato ritenuto pericoloso, con conseguente ordine di confisca (Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277225 – 06; Sez. 2, n. 15650 del 14/02/2019, COGNOME, Rv. 275778 – 01; Sez. 1, n. 13638 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275244 – 01).
In particolare, si è affermato, tenuto conto degli stringenti principi giuridicoprocedimentali che governano il giudizio penale e non applicabili alla confisca di prevenzione, che gli elementi ritenuti non sufficienti – nel merito o per preclusioni processuali, quali la intervenuta declaratoria di inutilizzabilità probatoria – in sede di cognizione penale ben possono essere posti alla base di un giudizio di pericolosità.
Al riguardo, si è osservato che l’art. 28 , comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 pone l’accento non sull’esito (assolutorio) del giudizio penale, ma sull’accertamento di fatti che escludano “in modo assoluto” (non, quindi, in modo “dubitativo”) i presupposti della confisca, con la conseguenza che – in ragione del diverso standard probatorio tra processo penale (prova) e procedimento di prevenzione (indizi) – resta esclusa dall’area di operatività della revocazione quella “zona grigia” costituita da fatti i quali, benché inidonei alla condanna in sede penale, mantengono, tuttavia, una valenza positiva ai fini del giudizio di prevenzione e, pertanto, non sufficienti ad un provvedimento di revocazione della confisca.
Va ulteriormente ricordato che la revocazione non può essere invocata per sollecitare un nuovo giudizio – di merito o di legittimità – su elementi di fatto oggetto di esame nei giudizi di impugnazione ordinaria al di fuori delle ipotesi tipizzate dal comma 1 dell’art. 28 citato, ovvero in assenza di elementi sopravvenuti idonei ad escludere l’originaria sussistenza dei presupposti applicativi della confisca (Sez. 5, n. 18000 del 14/02/2024, Cesarano, Rv. 286450 – 01).
2.2. I ricordati principi dettati in tema di revocazione prevista dall’art. 28, comma 1, lett. b) d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 sono stati coerentemente applicati nel caso di specie dalla Corte di appello con motivazione (pagg. 12, 13 e
14 del decreto impugnato) non meramente apparente, corretta sul piano giuridico, tutt’altro che contraddittoria e neppure affetta da travisamento, bensì frutto di una aderente lettura della sentenza assolutoria emessa nei confronti di COGNOME in relazione ai delitti di intestazione fittizia di beni di cui ai capi 5), 6) e 7).
Quanto agli addebiti sub 5) e 7), il Collegio ha evidenziato come tale pronuncia aveva ritenuto pienamente provato (sulla base delle operazioni captative e delle attività di osservazione svolte dalla polizia giudiziaria) che COGNOME era stato gestore di fatto e vero e proprio dominus delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ancorchè non potesse ritenersi accertato con sufficiente certezza che egli fosse anche il reale titolare delle rispettive, formalmente intestate alla coniuge COGNOME nominata , tra l’altro, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, ma rimasta totalmente estranea alla conduzione della stessa.
Quanto al capo 6), è stato posto in luce come – parimenti accertato il ruolo gestionale ed in via esclusiva di COGNOME rispetto alla società RAGIONE_SOCIALE all’ epilogo assolutorio si era pervenuti in ragione della inutilizzabilità probatoria delle esplicite dichiarazioni di NOME COGNOME la quale, in sede di interrogatorio, aveva ammesso di essere stata una mera prestanome e cioè di avere accettato, senza alcun versamento di denaro da parte sua, l’intestazione delle quote, a seguito di espressa dello stesso COGNOME (ed anche della moglie COGNOME) in quanto costui, per problemi giudiziari, non poteva risultare titolare di società.
La Corte di appello ha, pertanto, concluso nel senso che l’esito assolutorio era derivato dal diverso standard probatorio sotteso al giudizio penale e, segnatamente, dall’esito incerto della capacità reddituale della COGNOME e dalla avvenuta espunzione dal compendio probatorio di un elemento pienamente dimostrativo della intestazione fittizia e correlata finalità elusiva sul piano soggettivo contestata al capo 6) di imputazione e cioè delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, pienamente utilizzabili, invece, nel giudizio di prevenzione. Da tale portato dichiarativo emergeva un preciso interesse di COGNOME ad evitare intestazioni di beni che avrebbero potuto essere oggetto di ablazione in ragione del suo trascorso criminale e proprio tale specifico interesse era stato posto a fondamento del giudizio di pericolosità generica affermato dalla Corte di appello nel definitivo decreto emesso in data 30 giugno 2022 con riferimento al periodo 2007-2009 in cui si collocavano le contestate operazioni di intestazione fittizia (espresso richiamo sul punto si rinviene alle pagine 8 e 9 del decreto impugnato).
Di qui, l ‘affermazione, correttamente condotta alla stregua dei principi di diritto sopra richiamati, che la sentenza assolutoria non era tale, nei suoi contenuti, da escludere ‘in modo assoluto’ l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca di prevenzione, residuando comunque in essa
l’esistenza di fatti storici (la gestione di fatto ed esclusiva, da parte di COGNOME, delle società formalmente intestate alla moglie e ad altro soggetto, ma rimasti totalmente estranei alla conduzione) ed un inequivocabile contributo dichiarativo di rilievo nella procedura di prevenzione da ritenersi sintomatici della pericolosità sociale del proposto e non smentiti in sede di cognizione penale.
2.3. Manifestamente infondata è anche la censura relativa alla omessa valutazione da parte della Corte di appello della memoria difensiva depositata in data 27/02/2025 nell’interesse di NOME COGNOME che, secondo la difesa ricorrente, conteneva elementi significativi tali da incidere sulla valutazione del giudice, con conseguente nullità del provvedimento impugnato.
Gli argomenti difensivi richiamati sono stati infatti implicitamente disattesi nel momento in cui il Collegio territoriale ha affermato che la pronuncia assolutoria non fosse idonea ad escludere in modo assoluto la pericolosità generica di COGNOME, individuata, nel definitivo decreto di confisca, con riferimento al periodo 2007-2009.
Il corretto costrutto argomentativo evidenzia, infatti, la sussistenza di elementi fattuali indizianti ai fini del giudizio di prevenzione e cioè significativamente indicativi della diretta disponibilità in capo a COGNOME dei beni sottoposti a vincolo e della finalità elusiva perseguita, così concludendo implicitamente nel senso della permanenza della relazione cronologica tra pericolosità sociale e acquisizione dei beni e senza incorrere nella prospettata violazione del principio del ne bis in idem.
3 . Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME , quale terza interessata, è inammissibile in quanto proposto da difensore non legittimato all’impugnazione , sicchè i relativi motivi non possono essere scrutinati.
3.1. Preliminare è la precisa ricostruzione, specie sul piano della sequenza temporale, dell’ iter processuale relativo alla istanza di revocazione proposta dall’odierna ricorrente.
Dalla consultazione del fascicolo relativo al presente procedimento emerge quanto segue.
3.1.1. In data 30 maggio 2024 era depositata presso la Corte di appello di Perugia richiesta di revocazione redatta dall’AVV_NOTAIO per conto di NOME COGNOME (proposto) e di NOME COGNOME (terza interessata), con allegata procura speciale ex art. 122 cod. proc. pen. recante la data del 4 maggio 2024 e rilasciata da quest’ultima allo stesso AVV_NOTAIO con oggetto lo specifico mandato di proporre istanza ex art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 e, altresì di interporre impugnazione; contestualmente, tale legale era nominato dalla COGNOME anche difensore di fiducia, unitamente all’ AVV_NOTAIO.
3.1.2. Il successivo 4 giugno 2024 era depositata – nel solo interesse di NOME COGNOME (terza interessata) – una seconda richiesta di revocazione redatta dall’AVV_NOTAIO con allegata una procura speciale per tale specifico atto recante la data del 15 marzo 2024, con contestuale designazione fiduciaria di tale legale e revoca di ogni altra precedente nomina ‘incompatibile con la presente’.
3.1.3. Alla prima udienza fissata il 2 ottobre 2024 in assenza della COGNOME ed in presenza degli AVV_NOTAIOti COGNOME, COGNOME e COGNOME, veniva disposto un mero rinvio interlocutorio al giorno 4 dicembre 2024 per disporre la riunione delle due diverse istanze (la prima portante il n. 9/24 R.G. Revocazioni e la seconda il n. 10/2024 R.G. Revocazioni) e di quelle ulteriori, successivamente depositate, nell’interesse ancora di NOME COGNOME, oltre che di NOME COGNOME e NOME COGNOME terzi interessati.
3.1.4. In tale seconda udienza si statuiva in tal senso, per l’evidente connessione oggettiva e soggettiva di tutte le istanze di revocazione presentate, con ulteriore differimento dell’udienza alla data del 5 marzo 2025 non essendo pervenuto il carteggio richiesto dalla Corte di appello in quanto ritenuto necessario per la decisione.
3.1.5. In data 27 febbraio 2025 l’AVV_NOTAIO depositava una memoria difensiva nell’interesse non solo di NOME COGNOME, ma anche di NOME COGNOME e l’AVV_NOTAIO , a sua volta, depositava documentazione.
3.1.6. All’udienza del 5 marzo 2025, il C ollegio, rigettava l’ istanza di differimento per impedimento avanzata dall’AVV_NOTAIO, stante la presenza del codifensore AVV_NOTAIO, e rilevava il difetto di legittimazione in capo all’AVV_NOTAIO di rassegnare le conclusioni nell’interesse di NOME COGNOME (conclusioni che venivano oralmente prospettate dall’AVV_NOTAIO) per inefficacia della procura speciale a questi rilasciata per proporre istanza di revocazione in quanto successiva a quella già conferita all’AVV_NOTAIO (si veda il verbale di udienza e la relativa trascrizione stenotipica).
3.1.7. All’esito della trattazione unitaria di tutte le richieste di revocazione presentate, era emesso dalla Corte di appello il decreto qui impugnato avverso il quale è stato proposto ricorso per cassazione dall’AVV_NOTAIO allegando una procura speciale rilasciata in suo favore da NOME COGNOME in data 21 maggio 2025.
3 .2. Così ricostruito l’iter processuale, è opportuno richiamare alcun i principi di diritto affermati da questa Corte che vengono in rilievo nel caso di specie al fine della verifica della legittimazione in capo all’AVV_NOTAIO a proporre istanza di revocazione e alla impugnazione in questa sede del decreto di diniego emesso dalla Corte di appello.
In tema di procedimento di prevenzione, il terzo interessato (quale è l’odierna ricorrente NOME COGNOME), in quanto portatore di interessi meramente civilistici, non può stare in giudizio personalmente ma solo a mezzo di un unico difensore munito di procura speciale alle liti ai sensi dell’art. 100 cod. proc. pen., a nulla rilevando che tale norma non preveda tale soggetto tra quelli ivi contemplati (parte civile, responsabile civile e persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria), trattandosi di una posizione processuale ad essi equiparabile (Sez. 5, n. 880 del 26/11/2020, dep. 2021, Mattina, Rv. 280403 – 01; Sez. 6, n. 3727 del 30/09/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266149 – 01, in motivazione).
Quanto ai criteri distintivi tra procura speciale e nomina difensiva, la giurisprudenza di legittimità, da cui il Collegio ritiene di non doversi discostare, delinea precisamente la differenza tra le due figure giuridiche (Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 273505 – 01; Sez. 5, n. 25478 del 15/05/2014, COGNOME, Rv. 259847 – 01), evidenziando che la nomina del difensore prevede formalità riguardanti il momento della presentazione (art. 96 cod. proc. pen.) ma nulla è sancito dalla legge quanto al contenuto, sicchè tale atto costituisce un negozio unilaterale di investitura del potere di rappresentare la parte in giudizio che vale per tutta la durata del processo, fino a revoca o rinuncia e per l’esercizio di tutti e solo dei poteri propri del difensore in quanto tale. La procura speciale ex art. 100 cod. proc. pen., invece, rientra nello schema negoziale proprio del mandato con il quale il professionista viene incaricato di rappresentare un soggetto nel compimento di specifici atti di cui è titolare in proprio il conferente la procura stessa, in relazione a un determinato procedimento.
Trattandosi di due atti distinti, in quanto aventi funzioni differenti, la revoca della nomina difensiva ovvero la non consentita nomina di un secondo difensore (senza revoca del primo) non comporta l’automatica revoca anche della procura speciale contestualmente rilasciata al medesimo patrocinatore la quale, essendo relativa ad un diverso e più ampio potere, deve essere manifestata espressamente nelle stesse forme dell’atto di conferimento e depositata presso la cancelleria del giudice ovvero attraverso il deposito telematico (Sez. 1, n. 35703 del 29/05/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 276808 – 01).
In ordine alla possibilità di attivare in favore del terzo interessato di cui si accerti il difetto di procura speciale il meccanismo sanante previsto dall’art. 182 comma 2 cod. proc. civ., va richiamato l’indirizzo ermeneutico prevalente di questa Corte (Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, dep. 2018, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271722 01, in motivazione; Sez. 3, n. 29858/2018, cit.; Sez. 2, n. 31044 del 13/06/2013, Scaglione, Rv. 256839 – 01; Sez. 6, n. 1289 del 20/11/2012, dep. 2013, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 254287 – 01), secondo cui l’impugnazione proposta dal difensore del terzo interessato, ove sia rilevato il difetto della procura speciale,
non può che essere dichiarata inammissibile, senza obbligo per il giudice, in applicazione dell’art. 182, comma 2 cod. proc. civ., di assegnare alla parte un termine perentorio per munirsi di una valida procura, posto che i termini per proporre impugnazione sono stabiliti a pena di decadenza, per cui, in assenza di una disposizione che consenta il rinvio alle regole dettate nel diverso contesto del processo civile, non è permesso derogare ad essi. Su tale questione sono intervenute peraltro anche le Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 47239 del 30/10/2014, Borrelli, Rv. 260894 – 01), le quali, dopo un’ampia ricostruzione delle coordinate normative e interpretative di riferimento, hanno affermato il principio di diritto secondo cui “la mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 c.p.p., delle parti private diverse dall’imputato al difensore non può essere sanata, previa concessione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 182 comma secondo c.p.c., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione”.
Quanto alla efficacia della procura speciale, tale effetto si concretizza solo nel momento in cui viene portato a conoscenza della autorità giudiziaria. L’autenticazione della sottoscrizione effettuata dal difensore ha la funzione di attestare la mera riferibilità ad una determinata persona di tale atto la cui data certa e produttività di effetti va individuata nella legale conoscenza dello stesso da parte dell’autorità giudiziaria alla quale è destinato e, pertanto, nel momento del deposito in cancelleria, risultante dalla relativa attestazione (Sez. 1 n. 35703/2019, cit.; Sez. 3, n. 4374 del 26/02/1999, Papasidero, Rv. 212979 – 01) ovvero – anche qui – attraverso il deposito telematico.
Solo tale adempimento assicura l’attribuzione di una formale datazione della procura speciale e pone il giudice a conoscenza della avvenuta attribuzione dei poteri di rappresentanza nell’ambito della procedura di cui si tratta.
3.3. Dalla applicazione dei richiamati principi, deriva l’inefficacia della procura speciale conferita da NOME COGNOME all’AVV_NOTAIO con riferimento sia alla proposizione dell’istanza di revocazione, che alla impugnazione interposta in questa sede avverso il rigetto di detta richiesta pronunciato dalla Corte di appello.
Considerato pertanto che la COGNOME, in quanto terza interessata, poteva stare in giudizio nella procedura di revocazione solo a mezzo di un unico difensore munito di procura speciale, è documentalmente accertato che la procura conferita dalla odierna ricorrente all’AVV_NOTAIO, in quanto portata a conoscenza della autorità giudiziaria in data 4 giugno 2024, è successiva a quella ritualmente rilasciata in favore dell’AVV_NOTAIO che è stata, invece, depositata presso la Corte di appello di Perugia il giorno 30 maggio 2024 e che non è mai stata revocata mediante espressa manifestazione di volontà di contenuto non equivoco, comunicata alla autorità procedente in modo formale.
A nulla rileva in tal senso la revoca della nomina dell’AVV_NOTAIO quale difensore di fiducia in ragione della già richiamata diversa natura e funzione della procura speciale rispetto alla designazione del legale di fiducia.
Del resto, che la procura speciale rilasciata all’AVV_NOTAIO in data precedente a quella conferita all’AVV_NOTAIO (avuto riguardo alla data di presentazione al giudice) non sia mai venuta meno è ricavabile anche dal fatto che proprio l’ AVV_NOTAIO , facendo espresso riferimento all’ udienza fissata il giorno 5 marzo 2025 per la discussione della richiesta di revocazione, depositava in data 27 febbraio 2025 una memoria scritta nell’interesse anche di NOME COGNOME.
In ragione della evidente inefficacia della procura speciale conferita all’AVV_NOTAIO nell’ambito della procedura di revocazione , ne discende che l’AVV_NOTAIO era l ‘unico soggetto legittim ato a partecipare al giudizio di revocazione ed altresì a proporre ricorso per cassazione avverso la decisione non favorevole emessa dalla Corte di appello nei confronti della COGNOME.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna di entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento, ciascuno, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spesse processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME