Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2707 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2707 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Seriate il 12/10/1971 avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro del 21/02/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato, la Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza di NOME COGNOME di revocazione ex art. 28, comma 1, lettere a) e b), d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 della confisca dei beni oggetto del provvedimento ablativo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, 1’8 luglio 2015 / confermato dalla Corte d’appello di Reggio Calabria, con decreto n. 15 del 2017, e divenuto definitivo con la sentenza della Corte di cassazione emessa il 19 gennaio 2018.
Nel ricorso e nella successiva memoria di replica alle conclusioni della Procura genarle presentati dal difensore di Lavilla, si chiede l’annullamento del decreto per violazione degli artt. 28 d.lgs. n. 159/2011 e per vizio della
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motivazione della declaratoria di inammissibilità della richiesta di revoca del giudizio di pericolosità e delle statuizioni patrimoniali per insussistenza ab origine della pericolosità sociale di Lavilla a seguito di decisione a lui favorevole.
Si argomenta che l’assunto della Corte di appello, secondo cui la revocazione può essere richiesta solo per dimostrare il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione, contrasta con la giurisprudenza della Corte di cassazione per la quale anche decisioni giudiziali diverse dalla sentenza definitiva (considerata nel comma 1 della disposizione citata) possono rilevare (in base al secondo comma della disposizione) per escludere i fatti di reato già ritenuto rilevanti ai fini del giudizio di pericolosità sociale del soggetto sottoposto a misur di prevenzione e a confisca dei beni.
Si osserva che il decreto impugnato non ha adeguatamente considerato le implicazioni che i contenuti della sentenza di assoluzione in appello e il provvedimento di archiviazione hanno per le imputazioni di intestazione fittizia di l( GLYPH , beni della cosiddetta cosca Tegano, così da rendere insussistente il presupposto della pericolosità sociale necessario per l’applicazione della misura di prevenzione personale e di quella patrimoniale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che l’esperibilità del ricorso per cassazione in materia di misurLcautelari reali è ammesso solo per violazione di legge secondo il disposto dell’art. 10, comma 3, decreto legislativo n. 159 del 2011, che ha superato il vaglio di costituzionalità (Corte Cost., sent. n. 106 del 15 aprile 2015). Il vizio motivazione ridonda in violazione di legge solo se la motivazione è del tutto mancante o meramente apparente, perché in questo caso è qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello, mentre non è deducibile il vizio di motivazione manifestamente illogica.
Deve, inoltre, ribadirsi che la revocazione della confisca ex art. 28 n. 159/2011 è un mezzo straordinario di impugnazione, incompatibile con il mero riesame dei medesimi elementi fattuali che hanno portato a disporre la misura (ex multis: Sez. 1, n. 29990 del 07/06/2023) e, per altro aspetto, è insuscettibile di interpretazione estensiva, mentre le argomentazioni difensive si incentrano proprio sulla inesistenza dei presupposti per l’applicazione genetica della confisca, già vagliati nel momento in cui la stessa fu disposta.
2.1. La Corte d’Appello ha correttamente osservato che il sopravvenire di una assoluzione definitiva non costituisce, di per sé, una causa di revocazione della confisca di prevenzione ex art. 28, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011, stante
l’autonomia del giudizio di prevenzione da quello penale: la misura può essere revocata soltanto se nel processo penale si è accertatq f nel merito, la estraneità del proposto ai fatti sulla base dei quali, essendo stato ritenuto pericoloso, era stata disposta la misura (Sez. 2, n. 31549 del 6/06/2019, Simply, Rv. 277225; Sez. 1, n. 13638 del 16/01/2019, Ammetavi, Rv. 275244; Sez. 1, n. 43826 del 19/04/2018, R., Rv 273976). In altri termini, la revocazione non consegue automaticamente dalla assoluzione, con sentenza definitiva, del preposto da una delle imputazioni a suo carico, a meno che il fatto escluso dalla sentenza di assoluzione sia esattamente lo stesso di quello posto a base della misura di prevenzione e che siano stati considerati altri elementi di valutazione idonei a escludere la sussistenza dei presupposti di applicazione della misura.
2.2. Nel caso in esame, la Corte ha osservato che non sono emersi nuovi fatti rilevanti per una valutazione differente rispetto a quella svolta nel provvedimento di confisca, ormai definitivo (Sez. 5, n. 18000 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286450) e nella correlata sentenza 19/11/2018 n. 11845 della Seconda sezione l della Corte di cassazione. Infatti, ha evidenziato che il decreto di archiviazione non ha, oltretutto, il carattere di definitività proprio di una sentenza e che, comunque, nel provvedimento che ha disposto la confisca sono elencate numerose dichiarazioni di collaboranti con l’Autorità giudiziaria dalle quali emerg i l’appartenenza di &villa alla associazione mafiosa guidata dai COGNOME, come si desume anche dal decreto n. 15/2017 della Corte di appello di Reggio Calabria.
Pertanto, ha correttamente concluso che la archiviazione addotta dal ricorrente non scalfisce il giudizio sulla pericolosità sociale di Lavilla. perché quest è stato fondato su una serie di elementi ulteriori rispetto alla mera condotta di intestazione fittizia.
Dalla inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cosi decisa il 24/10/2024