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Revoca tacita querela: l’assenza non è conoscenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24705/2025, ha annullato una decisione di merito che aveva dichiarato estinto un reato per revoca tacita querela. La Corte ha stabilito che l’assenza della persona offesa al dibattimento, se la notifica della citazione è avvenuta per compiuta giacenza, non è sufficiente a dimostrare la volontà di rimettere la querela. È necessaria la prova della conoscenza effettiva, e non solo legale, della citazione e delle conseguenze della mancata comparizione.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Revoca Tacita Querela: Perché l’Assenza in Aula Non Basta

L’introduzione della revoca tacita querela per mancata comparizione della persona offesa ha sollevato importanti questioni interpretative. Con la recente sentenza n. 24705 del 2025, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: la semplice notifica per compiuta giacenza non è sufficiente a dimostrare la volontà di rimettere la querela. È necessaria la prova della conoscenza effettiva dell’avviso da parte del querelante.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un procedimento per il reato di minaccia. Il Tribunale di primo grado aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputato, ritenendo che la querela fosse stata tacitamente revocata. Questa conclusione si basava sulla mancata comparizione in udienza della persona offesa, citata in qualità di testimone.

La notifica della citazione era stata perfezionata per “compiuta giacenza”, un meccanismo che scatta quando non è possibile consegnare l’atto direttamente al destinatario. Il Tribunale aveva considerato sufficiente la regolarità formale della notifica per presumere la volontà del querelante di non insistere nell’azione penale.

La Questione della Revoca Tacita Querela nel Ricorso del PM

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza, sostenendo che il Tribunale avesse errato nel suo ragionamento. Secondo il ricorrente, la notifica per compiuta giacenza, pur essendo legalmente valida, non garantisce l’effettiva e reale conoscenza dell’atto da parte del destinatario. Di conseguenza, l’assenza del querelante in udienza diventava un dato equivoco, non idoneo a fondare una presunzione di revoca tacita querela.

Il fulcro del ricorso era la distinzione fondamentale tra “conoscenza legale” e “conoscenza effettiva”. Per poter interpretare l’assenza come una manifestazione di volontà, è indispensabile che la persona offesa sia stata concretamente messa al corrente non solo della data dell’udienza, ma anche delle conseguenze negative derivanti dalla sua mancata presentazione, come previsto dalla normativa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: Conoscenza Legale vs. Conoscenza Effettiva

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni del Procuratore, ritenendo il ricorso fondato. Gli Ermellini hanno ribadito che la fattispecie della revoca tacita querela, introdotta dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), si basa su comportamenti “non equivoci” che indichino chiaramente l’intenzione di rimettere la querela.

Il presupposto essenziale, sottolinea la Corte, non è solo la comunicazione formale della citazione, ma la prova della conoscenza reale del suo contenuto da parte della persona offesa. Il procedimento di notifica per compiuta giacenza, al contrario, “dà conto proprio della sua omessa lettura e, con essa, della mancata consapevolezza delle conseguenze di un’eventuale assenza”.

In assenza della prova certa che il querelante abbia effettivamente saputo dell’avvertimento, la sua mancata comparizione rimane un dato ambiguo. Non è possibile attribuire a tale condotta omissiva il significato di una volontà tacita di abbandonare l’azione penale. Il giudice, pertanto, ha l’onere di accertare che non sussistano elementi che rendano la mancata comparizione equivoca. Basare la decisione sulla sola regolarità della notifica, senza questa verifica sostanziale, costituisce una violazione di legge.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso al Tribunale per un nuovo giudizio. Il principio di diritto affermato è di fondamentale importanza pratica: per dichiarare l’estinzione del reato per revoca tacita querela dovuta all’assenza del querelante, il giudice deve andare oltre la mera formalità della notifica. È necessario acquisire la prova che la persona offesa abbia avuto effettiva conoscenza della citazione e delle specifiche conseguenze legate alla sua assenza. Una notifica per compiuta giacenza, da sola, non è sufficiente a fornire questa prova, rendendo illegittima la presunzione di una volontà remissoria.

Quando l’assenza della persona offesa in udienza costituisce una revoca tacita della querela?
L’assenza costituisce revoca tacita solo quando è provato che la persona offesa aveva conoscenza effettiva e non solo legale della citazione a testimoniare e del relativo avvertimento sulle conseguenze della sua mancata comparizione. Il suo comportamento deve manifestare in modo inequivocabile la volontà di non proseguire con l’azione penale.

Una notifica per compiuta giacenza è sufficiente a dimostrare la conoscenza effettiva da parte del querelante?
No. Secondo la sentenza, la notifica per compiuta giacenza perfeziona l’atto solo dal punto di vista legale, ma non fornisce la prova certa della sua effettiva lettura e conoscenza da parte del destinatario. Anzi, suggerisce proprio il contrario, ovvero che l’atto non sia stato materialmente ricevuto.

Cosa deve fare il giudice prima di dichiarare estinto il reato per assenza del querelante?
Il giudice ha l’onere di verificare concretamente se sussistano elementi per affermare che la persona offesa fosse a conoscenza reale della citazione e delle conseguenze della sua assenza. Non può limitarsi a constatare la regolarità formale della notifica, ma deve accertare che la mancata comparizione non sia un comportamento equivoco, bensì una scelta consapevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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