Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11920 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 31/05/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta rassegnata, ai sensi dell’art. 23 d.l. n. 137 del 2020 succ. modd., dal Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano, decidendo sull’appello dell’imputato NOME COGNOME, ha confermato quella emessa dal Tribunale di Lodi in data 21 ottobre 2021, con la quale il predetto era stato riconosciuto colpevole della contravvenzione di cui agli artt. 2 e 76, comma 3, d.lgs. 159/2011 commessa in San Zenone al Lambro il 6 giugno 2018 ed era stato condannato alla pena di mesi due di arresto con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
La Corte di appello, inoltre, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena in considerazione delle plurime condanne riportate per fatti commessi in tempi di poco successivi al reato oggetto del presente procedimento.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art.597, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento al divieto di ‘reformatio in peius’ avendo la Corte territoriale disposto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, nonostante l’ unico appellante fosse l’imputato.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione rispetto agli specifici motivi di gravame indicati ai punti A) e B) del ricorso in appello e relativi alla richiesta di applicazione dell’art.131-bis cod. pen. ed alla riduzione della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso risulta fondato limitatamente al primo motivo di gravame, mentre deve essere respinto nel resto.
Come noto il giudice di appello può revocare “ex officio” la sospensione condizionale della pena concessa, in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod.
pen., in presenza di cause ostative, a condizione che le stesse non fossero documentalmente note al giudice che ha concesso il beneficio, avendo egli l’onere di procedere a una doverosa verifica al riguardo. (Sez. 3, Sentenza n. 42004 del 05/10/2022 Rv. 283712 – 01). Il tema concernente il potere di revoca di ufficio della sospensione condizionale della pena concessa in primo grado da parte del giudice di appello, in presenza di impugnazione del solo imputato, è stato già esaminato dalla giurisprudenza. In particolare, secondo un diffuso orientamento, il provvedimento che dispone, ai sensi dell’art. 168, terzo comma, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale quando il beneficio risulti concesso in presenza delle cause ostative indicate al quarto comma dell’art. 164 cod. pen., ha natura dichiarativa, in quanto ha riguardo ad effetti di diritto sostanziale che si producono ope legis e possono essere rilevati in ogni momento sia dal giudice della cognizione sia, in applicazione del comma 1-bis dell’art. 674 cod. proc. pen., dal giudice dell’esecuzione, e, dunque, anche dal giudice di appello in mancanza di impugnazione del pubblico ministero (cfr., tra le tante: Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, COGNOME, Rv. 272429-01, nonché Sez. 3, n. 7199 del 23/01/2007, COGNOME, Rv. 236113-01, nonché ancora Sez. 5, n. 40466 del 27/09/2002, COGNOME, Rv. 225699-01; non costituisce, invece, precedente pertinente Sez. U, n. 755 del 08/04/1998, COGNOME, Rv. 210798-01, perché attiene alla revoca della sospensione condizionale concessa con sentenza irrevocabile in altro giudizio). Questo orientamento è condivisibile, ma sembra necessario operare una puntualizzazione.
2.1. Il giudice di appello ripete il proprio potere di revocare di ufficio i benefici ivi compreso quello della sospensione condizionale della pena, dalla disciplina dettata per la materia di esecuzione, e, segnatamente, dall’art. 674, comma 1bis, cod. proc. pen. Infatti, la disciplina relativa al processo di cognizione non solo non contiene alcuna disposizione che autorizza la revoca di ufficio della sospensione condizionale, ma, addirittura, prevede, nell’ambito della disciplina del divieto di ‘reformatio in peius’, all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., che, «quando appellante è il solo imputato, il giudice non può revocare benefici ». Il potere di’revoca di ufficio dei benefici, peraltro, appare esercitabile neg stessi casi in cui potrebbe essere fatto valere dal giudice dell’esecuzione, per evidenti ragioni di economia processuale. Viene perciò in rilievo il rimedio specificamente previsto dal legislatore per ovviare all’ipotesi di sospensione
condizionale della pena concessa in difetto dei presupposti, con l’aggiunta del comma 1-bis nell’art. 674 cod. proc. pen. mediante l’art. 1, comma 2, legge 26 marzo 2001, n. 128. Secondo questa disposizione, «il giudice dell’esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l’esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell’art. 168 del codice penale». L’art. 168, terzo comma, cod. pen., nel primo periodo dispone che «la sospensione condizionale della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell’art. 164, quarto comma, in presenza di cause ostative». L’art. 164, quarto comma, cod. pen., a sua volta, vieta la concessione della sospensione condizionale più di una volta, salvo deroga nel solo caso in cui la seconda condanna, cumulata con quella precedente, non superi i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen.
2.2. Questo dato normativo è stato oggetto di un intervento delle Sezioni Unite, secondo le quali, in forza del disposto di cui all’art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione può revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in violazione dell’art. 164, quarto comma, cod. pen. in presenza di cause ostative, a meno che tali cause non fossero documentalmente già note al giudice della cognizione, e, a tal fine, ha l’onere di acquisire, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio (così Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv. 264381-01).
Le Sezioni Unite, inoltre, in motivazione, hanno compiuto affermazioni che appaiono pertinenti anche per il giudizio di cognizione. Le stesse, precisamente, dopo aver osservato che «il dato (esistente ex actis) del quale sia stata indebitamente omessa la doverosa valutazione, non è suscettibile di essere ricondotto nell’ambito dei nova», hanno rilevato: «la previsione di uno specifico mezzo di impugnazione (col rigoroso regime della perentorietà dei termini e delle forme relative) consente – in virtù del postulato della intrinseca coerenza e logicità dell’ordinamento – di stabilire con nettezza la linea di confine dei nova nel senso che, laddove si configura la acquiescenza, resta simmetricamente esclusa la possibilità di far valere, per vincere la preclusione, quanto doveva essere dedotto colla impugnazione la cui mancata proposizione ha comportato l’effetto della preclusione stessa » (cfr. § 6.6. del Considerato in Diritto). Sembra allora ragionevole concludere che, nel giudizio di cognizione, il giudice di appello può
revocare di ufficio la sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell’art. 164, quarto comma, cod. pen., ma sempre che le cause ostative non fossero documentalmente note al giudice di primo grado, e, a tal fine, ha l’onere di procedere ad una doverosa verifica al riguardo.
Ciò posto va evidenziato che, dalla lettura della sentenza impugnata, non risulta che la Corte di appello abbia verificato la effettiva conoscenza delle cause ostative da parte del Tribunale, di talché non poteva revocare ‘ex officio’ il beneficio di cui si tratta.
Quanto sopra esposto non impedisce, tuttavia, l’eventuale revoca della sospensione condizionale della pena in sede esecutiva, nella ipotesi di ricorrenza delle condizioni previste dalla legge a tal fine.
Al contrario, il secondo motivo deve essere respinto; rispetto alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. (particolare tenuità del fatto), questa Corte ha già chiarito che l’assenza dei presupposti per l’applicazione della relativa causa di non punibilità può essere rilevata dal giudice di merito anche con motivazione implicita (Sez. 3, n. 48317 del 11/10/2016, COGNOME, Rv. 268499), eventualmente riferita ad elementi circostanziali del reato (Sez. 5, n. 24780 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270033); motivazione da cui si possa ricavare la valutazione complessiva e congiunta delle peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto degli indici qualificatori indicati dall’art. 133, primo comma, cod. pen. (modalità della condotta, grado di colpevolezza da essa desumibile, entità del danno o del pericolo: Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590). Orbene, la sentenza impugnata non risulta eccepibile sul punto avendo fatto specifico riferimento, con motivazione esente da vizi logici, ai numerosi precedenti specifici risultanti a carico dell’imputato.
Analogamente, la Corte territoriale, con motivazione non manifestamente illogica, ha ritenuto di non potere ridurre la pena (peraltro già contenuta) considerandola proporzionata alla concreta gravità del fatto e tenuto conto dei numerosi precedenti risultanti a carico di NOME COGNOME.
Pertanto il ricorrente rispetto a tale coerente ragionamento, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, suggerisce una non consentita
differente valutazione degli elementi di merito coerentemente esaminati dal giudice a quo.
Infine si osserva che, nel caso di specie, il termine massimo di prescrizione ex artt. 157 e 161 cod. pen., pari a cinque anni, che scadrebbe il giorno 6 giugno 2023, deve essere assoggettato alla proroga stabilita dall’art. 159, commi secondo e terzo, cod. pen. nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, art. 11, comma 1, lett. b), entrata in vigore il 3 agosto 2017. Il relativo testo è stato poi a sua volta sostituito dalla legge n. 3 del 2019, entrata in vigore dall’ 1 gennaio 2020.
Il testo di cui ai commi secondo e terzo dell’art. 159 cod. pen. – in vigore nel periodo dal 3 agosto 2017 sino al 31 dicembre 2019 e, quindi, riguardante i reati commessi in questo lasso temporale (fra cui quello di cui si tratta in questa sede) – prevede, fra l’altro (per quanto di interesse), che il corso della prescrizione rimane sospeso dal termine previsto dall’art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo del giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi. Questa normativa di cui all’art. 159 cod. pen. essendo stata poi sostituita da normativa deteriore per la posizione dell’imputato si applica, come si è visto, per i reati commessi durante la sua vigenza, ma non per quelli commessi in tempo antecedente, perché essa è a sua volta più severa per l’imputato rispetto a quella precedente (che limita a cinque anni, senza queste sospensioni, il termine massimo prescrizionale).
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla disposta revoca della sospensione condizionale della pena, mentre il ricorso va respinto per il resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena. Rigetta nel resto il ricorso. Così deciso in Roma, l’ 11 gennaio 2024.