Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44296 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44296 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Bari nel procedimento a carico di: COGNOME NOMECOGNOME nato a Bari il 22/11/1993 avverso l’ordinanza del 11/07/2024 del Tribunale di Bari; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Bari formulava istanza al giudice dell’esecuzione, chiedendo ai sensi dell’art. 674 cod. proc. pen.:
di revocare ai sensi dell’art. 168, comma primo, n. 1), cod. pen. il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME con la sentenza del Tribunale di Bari del 6 maggio 2015, irrevocabile il 21 dicembre 2017, di applicazione della pena di anni 1 di reclusione ed C 1.200 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso in Bari il 5 maggio 2015: il COGNOME aveva, invero, riportato condanna, con sentenza del 30 maggio 2023 della Corte di appello di Bari, irrevocabile il 7 marzo 2024, alla pena di anni 3 e mesi 8 di reclusione per reati
(lesioni aggravate; detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo) commessi in data 31 dicembre 2021, e, dunque, prima del decorso del quinquennio dalla irrevocabilità della sentenza di applicazione della pena;
2) di revocare ai sensi dell’art. 168, comma primo, n. 2), cod. pen. il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME con la sentenza del Tribunale di Bari del 22 luglio 2016, irrevocabile il 13 settembre 2016, di applicazione della pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed C 4.000 di multa per i reati di cui agli artt. 337 cod. pen. e 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 commessi in Bari il 21 luglio 2016: ed invero, revocato il beneficio concesso con la sentenza sub 1), avrebbe dovuto essere conseguenzialmente revocato anche quello concesso con la sentenza sub 2), «poiché il fatto di reato veniva commesso il 21/07/2016: dunque dopo la commissione del fatto ma prima dell’irrevocabilità della sentenza alla lettera A, inoltre la somma delle due pene supera i limiti previsti dall’art. 163 c. p. ed intercorrono meno di 5 anni dall’irrevocabilità delle due sentenze».
Il giudice dell’esecuzione accoglieva l’istanza di revoca del beneficio in relazione alla sentenza sub 1), e dichiarava non luogo a provvedere in relazione a quella sub 2), rilevando che «con provvedimento nr. 392/2022 SIGE del 18.11.2022 il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato, ex art. 445 co. 2 c.p.p. l’estinzione del reato essendo decorsi oltre cinque anni dalla irrevocabilità della sentenza e non risultando la commissione di nuovi reati da parte del prevenuto».
Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Bari ha impugnato in parte qua l’ordinanza in oggetto, deducendo violazione di legge.
Rileva che il giudice dell’esecuzione «avrebbe dovuto dichiarare revocato di diritto il beneficio», ricorrendo tutti i presupposti indicati dall’art. 168, comma 1, n. 2), cod. pen., che richiede ai fini della revoca una ulteriore condanna per un delitto anteriormente commesso, nel caso di specie quella di cui alla sentenza sub 1), a pena che, cumulata a quella condizionalmente sospesa, superi i limiti stabilità dall’art. 163 cod. pen. (nel caso di specie, la pena complessiva era di anni 2 e mesi 4 di reclusione).
Osserva che l’intervenuta declaratoria di estinzione del reato non poteva assumere valenza ostativa, trattandosi di «provvedimento giudiziale dichiarativo, di mero accertamento, per cui il giudicato si forma sempre rebus sic stantibus, ed esso è modificabile in caso di successive variazioni di fatto, quale ad esempio la successiva irrevocabilità di una sentenza di condanna per un delitto anteriormente commesso».
Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, rilevando che la dichiarazione di estinzione del reato oggetto di sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., impedisce la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la medesima sentenza, anche se si accerti che nel quinquennio decorrente dalla data di irrevocabilità della stessa il soggetto abbia commesso un ulteriore delitto (Sez. 1, n. 26685 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276201 – 01).
Dunque, il beneficio riconosciuto al Caricola con la sentenza di applicazione della pena del 22 luglio 2016 si è definitivamente consolidato il 22 luglio 2021 in ragione del decorso del termine e dell’avvenuta maturazione delle condizioni per effetto delle quali è stata dichiarata, ex art. 167 cod. pen., l’estinzione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e deve, dunque, essere accolto.
2. Come questa Corte ha ripetutamente ed anche recentemente ribadito (Sez. 1, n. 21603 del 20/02/2024, COGNOME, n.m.), «la sospensione condizionale della pena è istituto orientato ad esigenze di prevenzione speciale e di rieducazione (Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, COGNOME, Rv. 270588 – 01; Sez. 5, n. 1136 del 05/04/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258822 – 01; Sez. 1, n. 26633 del 10/06/2008, Zara, Rv. 240858 – 01; Sez. 1, n. 3999 del 28/10/1991, COGNOME, Rv. 188701 – 01). Entro limiti predeterminati di concedibilità, oggettivi e soggettivi, l’ordinamento penale rinuncia all’esecuzione della pena, previa prognosi di non recidivanza nel reato (da condurre sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.: tra le molte, Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263534 – 01) e sul presupposto che la prognosi si inveri all’esito del previsto periodo di sperimentazione, nonché sul presupposto ulteriore, ove la sospensione sia accompagnata da obblighi positivi a contenuto risocializzante, che questi ultimi siano tempestivamente soddisfatti. Come, dunque, la concessione del beneficio è subordinata ad un giudizio di meritevolezza in chiave prognostica, nella prospettiva della mancata ricaduta nel reato e dell’adempimento degli eventuali obblighi accessori, la legge impone la caducazione del beneficio allorché risultino indici certi a smentita della prognosi. L’art. 168, primo comma, n. 1), cod. pen. stabilisce, infatti, che la sospensione condizionale è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti (cinque anni per i delitti, due anni per le contravvenzioni, decorrenti dalla irrevocabilità del titolo da ultimo, Sez. 1, n. 24999 del 31/05/2022, Fulle, Rv. 283404 – 01), il condannato commetta un delitto, o una contravvenzione della stessa indole, per i quali sia inflitta pena detentiva, o non adempia agli obblighi imposti. Specularmente, se tali termini decorrono senza che le anzidette cause di revoca risultino integrate, il reato è definitivamente estinto e la pena – sia la principale, sia le eventuali accessorie – non è eseguita, a norma dell’art. 167 cod. pen. (restano viceversa fermi gli altri effetti penali: tra le molte, Sez. 2, n. 6017 del 09/01/2024, Messina, Rv. 285863 – 01). La revoca della sospensione è legata, dunque, a sopravvenienze qualificate. La recidiva delittuosa o il mancato adempimento degli obblighi funzionano, nelle ipotesi indicate, come ragioni di decadenza da un beneficio che il condannato non si è dimostrato degno di mantenere La commissione del reato nuovo, dal quale la legge fa dipendere la revoca del beneficio, e con essa l’impedimento all’effetto estintivo del reato in relazione al quale era stato accordato, rileva se avvenuta nel quinquennio (o nel biennio), indipendentemente dalla data di irrevocabilità della sentenza che la accerta (Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Rv. 279015 – 01). Quest’ultima sentenza è meramente ricognitiva di un effetto decadenziale già prodottosi con la ricaduta nel reato, che costituisce condizione per la revoca. Gli Corte di Cassazione – copia non ufficiale
effetti di diritto sostanziale risalgono de iure al momento, antecedente la nuova pronuncia giudiziale e indipendente da essa, in cui si è verificata detta condizione, sicché il provvedimento di revoca prende atto di una situazione (il venir meno della clausola di sospensione) già determinatasi per legge, in conseguenza del reato sopravvenuto e accertato con pronuncia passata in giudicato (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, COGNOME, Rv. 210798 – 01)».
Su quest’ultimo punto le appena citate Sezioni Unite COGNOME avevano, invero, statuito che «Il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168, comma primo, cod. pen. ha natura dichiarativa e, conseguentemente, gli effetti di diritto sostanziale risalgono di diritto al momento in cui si è verificata la condizione, anche prima della pronuncia giudiziale, e indipendentemente da essa, giacché la revoca formale non è che un atto ricognitivo di una decadenza già avvenuta ope legis al momento del passaggio in giudicato della sentenza attinente al secondo reato Diversamente, nell’ipotesi prevista dal secondo comma dello stesso art. 168 cod. pen., il provvedimento di revoca non è meramente dichiarativo, ma costitutivo, e investe una valutazione che resta preclusa sia al giudice di appello, sia a quello dell’esecuzione».
Non osta alla revoca del beneficio la circostanza che sia stata medio tempore dichiarata l’estinzione del reato: tanto è imposto dalla natura necessariamente “precaria” della predetta declaratoria, poiché inevitabilmente sommario è il preliminare vaglio che compie il giudice dell’esecuzione, suscettibile di essere travolto dalla successiva emersione di risultanze di segno contrario, il cui definitivo accertamento può fisiologicamente richiedere mesi o anni (mentre, come è noto, l’incidente di esecuzione ex art. 676 cod. proc. pen. può essere sollecitato dal condannato anche il giorno successivo alla conclusione del quinquennio in considerazione, ovvero del biennio se la condanna è intervenuta per una fattispecie contravvenzionale).
Il provvedimento adottato in sede esecutiva può, dunque, essere revocato in virtù del cd. “giudicato debole” che lo caratterizza, trattandosi di statuizione che opera rebus sic stantibus e che può essere superata da eventuali nova, in ossequio al principio generale in base al quale «Il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile, preclude una nuova decisione sullo stesso oggetto, ma detta preclusione non opera in maniera assoluta e definitiva, bensì rebus sic stantibus, ossia finché non si prospettino nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche, per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto ai fini della decisione anteriore» (cfr. Sez. 5, n. 15341 del 24/02/2010, COGNOME, Rv. 246959 – 01).
Il principio è stato recentemente ribadito, in un caso sovrapponibile a quello di specie, da Sez. 1, n. 46481 del 18/10/2023, COGNOME, n.m., che ha dichiarato inammissibile il ricorso del condannato avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che, ritenuta la sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 168, comma primo, n. 1), cod. pen., aveva revocato, alla luce del nuovo reato perpetrato dal condannato durante la probation, l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione aveva medio tempore dichiarato estinto il reato ai sensi dell’art. 167 cod. pen., ed aveva, altresì, conseguentemente revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena già concesso al ricorrente: la Corte ha, in quella occasione, osservato che «Il Giudice dell’esecuzione ha dato atto, con l’ordinanza impugnata, che la revoca ha riguardato, accanto alla sospensione condizionale della pena, l’ordinanza di estinzione del reato emessa ai sensi dell’art. 167 cod. pen. Quest’ultima ben poteva essere revocata in virtù del cd. giudicato debole che caratterizza il provvedimento adottato in sede esecutiva e la revoca è stata legittimamente disposta a ragione del contestuale provvedimento di revoca dell’originario beneficio, a sua volta correttamente assunto in considerazione della sussistenza di un’ipotesi di revoca obbligatoria o di diritto, posto che la D. aveva commesso, entro il termine dei 5 anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza che aveva concesso il beneficio, un delitto per il quale è stata condannata a pena detentiva, non rilevando che la sentenza di condanna che ha accertato la commissione di tale reato sia passata in giudicato in epoca successiva al quinquennio (cfr. Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Greco, Rv. 279015 – 01)».
Deve, conclusivamente, affermarsi il seguente principio di diritto: «In tema di esecuzione, non è di ostacolo alla sospensione condizionale della pena ex art. 168, comma primo, cod. pen. la circostanza che il giudice dell’esecuzione abbia già dichiarato estinto il reato in conseguenza del positivo superamento del periodo di sospensione, atteso che i provvedimenti del giudice dell’esecuzione sono caratterizzati da stabilità relativa, e che il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena ha natura dichiarativa, sostanziandosi in un atto ricognitivo di una decadenza già avvenuta ope legis».
Il giudice dell’esecuzione non ha dato corretta applicazione ai principi che governano la materia, che imponevano di valutare la richiesta di revoca del beneficio pur se era medio tempore intervenuta la declaratoria di estinzione del reato: ed invero, la stabilità relativa di quest’ultimo provvedimento non precludeva l’esame della richiesta del pubblico ministero – ad avviso del quale, revocata la pena sospesa concessa con la sentenza sub 1), il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto revocare anche quella concessa con la sentenza
GLYPH
élkto-
sub 2) ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 2), cod. pen., essendo intervenuta un’ulteriore condanna (quella sub 1) per delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella della sentenza sub 2), comportava il superamento dei limiti di cui all’art. 163 cod. pen. – e, nel caso di condivisione della stessa, non precludeva l’adozione dei provvedimenti conseguenziali: la revoca dell’ordinanza del 18 novembre 2022 con la quale era stato dichiarato estinto il reato di cui alla sentenza sub 2), e la revoca del beneficio concesso con la stessa sentenza.
Il provvedimento impugnato deve, dunque, essere annullato con rinvio, limitatamente alla declaratoria di “non luogo a provvedere” sulla richiesta di revoca del beneficio concesso con la sentenza del 22 luglio 2016, irrevocabile il 13 settembre 2016, affinché nel nuovo giudizio il giudice dell’esecuzione, nella piena libertà delle proprie valutazioni di merito, emendi il vizio rilevato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla declaratoria di “non luogo a provvedere” sulla richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con la sentenza del Tribunale di Bari del 22 luglio 2016, irrevocabile il 13 settembre 2016, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Bari.
Così deciso il 19/11/2024.