Revoca Sospensione Condizionale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della sospensione condizionale della pena rappresenta una misura fondamentale nel nostro ordinamento, volta a favorire il reinserimento sociale del condannato. Tuttavia, la sua concessione è subordinata a precise condizioni, la cui violazione può portare alla sua revoca. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza i requisiti di ammissibilità di un ricorso avverso un provvedimento di revoca sospensione condizionale, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di impugnazione.
Il Contesto del Caso: La Decisione della Corte d’Appello
La vicenda trae origine dalla decisione della Corte d’Appello di Napoli, che aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena precedentemente concesso a un individuo. La revoca si era resa necessaria a seguito di un’ulteriore condanna, riportata per un delitto commesso in epoca anteriore alla prima sentenza. La nuova pena, cumulata a quella già sospesa, superava i limiti massimi previsti dall’articolo 163 del codice penale, rendendo così obbligatoria la revoca del beneficio.
I Motivi del Ricorso e la questione sulla revoca sospensione condizionale
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su tre punti principali:
1. Errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione, legati alla pendenza di un altro procedimento di esecuzione.
2. Violazione del principio del ne bis in idem, sostenendo di essere stato condannato due volte per il medesimo fatto.
3. Illegittimità della revoca del beneficio quale conseguenza diretta della presunta violazione del divieto di doppio processo.
Questi motivi miravano a contestare la legittimità del provvedimento di revoca sospensione condizionale emesso dalla Corte territoriale.
La Memoria Difensiva Tardiva
È interessante notare come la difesa abbia tentato di integrare le proprie argomentazioni con una memoria difensiva. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rilevato che tale memoria era stata depositata tardivamente rispetto ai termini previsti dall’articolo 611 del codice di procedura penale, e pertanto non ha potuto prenderla in considerazione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo motivazioni chiare e in linea con la propria giurisprudenza consolidata. I giudici hanno ritenuto che i motivi proposti fossero generici e non consentiti in sede di legittimità. In particolare, il ricorso mancava della ‘duplice specificità’ richiesta dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale.
Secondo la Corte, un ricorso in cassazione deve:
* Enucleare in modo specifico il vizio denunciato: Non è sufficiente una generica lamentela, ma occorre indicare con precisione la norma violata o il vizio logico nella motivazione.
* Argomentare la decisività del vizio: L’appellante deve dimostrare come quel vizio specifico, se corretto, avrebbe potuto condurre a una decisione diversa.
Nel caso di specie, le doglianze, inclusa quella relativa alla violazione del ne bis in idem, erano state formulate in modo vago, senza attaccare specificamente il contenuto della decisione della Corte territoriale e senza spiegare perché fossero decisive.
Conclusioni: Requisiti di Specificità del Ricorso e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale del processo penale: la genericità dei motivi di ricorso ne determina l’inammissibilità. La decisione di una revoca sospensione condizionale può essere contestata, ma solo attraverso un’impugnazione che rispetti rigorosi requisiti di specificità. Non basta affermare una violazione di legge, ma è necessario argomentare in dettaglio, collegando il vizio denunciato al percorso logico-giuridico seguito dal giudice e dimostrando come tale errore abbia inciso concretamente sulla decisione finale. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione chiari, dettagliati e giuridicamente fondati, pena l’impossibilità di ottenere un esame nel merito da parte della Corte di Cassazione.
Quando può essere revocata la sospensione condizionale della pena?
Secondo l’ordinanza, la sospensione condizionale può essere revocata quando il condannato riporta un’altra condanna per un delitto commesso anteriormente, e la pena da infliggere, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dalla legge.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile se i motivi sono generici e non rispettano la ‘duplice specificità’ richiesta: non solo devono indicare il vizio denunciato, ma anche le ragioni della sua decisività rispetto alla decisione impugnata, come previsto dall’art. 581 c.p.p.
È sufficiente invocare la violazione del principio del ‘ne bis in idem’ per contestare una decisione?
No, non è sufficiente. Anche la denuncia della violazione del ‘ne bis in idem’ deve essere specifica, indicando chiaramente le ragioni che sorreggono la richiesta e il modo in cui tale violazione ha influenzato la decisione, altrimenti il motivo di ricorso è considerato generico e quindi inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33944 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
•Cda l/rLezi, k, – (2. d’e ) GLYPH ()A( GLYPH /r . GLYPH dc A -L GLYPH i o
RITENUTO IN FATTO e IN DIRITTO
Rilevato che, con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME, in relazione alla sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, del 10 marzo 2015, divenuta definitiva in data 13 settembre 2016, per aver riportato ulteriore condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente irrogata, supera i limiti di cui all’art. 163 cod. pen.
Ritenuto che i motivi proposti dal difensore, AVV_NOTAIO (erronea applicazione di legge penale, vizio di motivazione per la pendenza di altro incidente di esecuzione – primo motivo; erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione, per violazione del ne bis in idem per essere stato COGNOME condannato, per due volte, per il medesimo fatto – secondo motivo; violazione di legge penale, per aver pronunciato la revoca del beneficio senza considerare la violazione del ne bis in idem – terzo motivo) rappresenta doglianze non consentite in sede di legittimità, perché generiche e prive della indicazione puntuale delle ragioni, in fatto e in diritto, che sorreggono le richieste anche quanto alla denunciata violazione del principio del ne bis in idem (cfr. Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822; Sez. 2, n. 5522 del 22/10/2013, Rv. 258264; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Rv. n. 254584, nel senso che il motivo di ricorso in cassazione è caratterizzato da duplice specificità: deve essere conforme all’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., ma quando “attacca” le ragioni che sorreggono la decisione deve enucleare in modo specifico il vizio denunciato, deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente).
Considerato, peraltro, che le denunciate violazioni prospettano enunciati non conformi alla giurisprudenza di legittimità in caso di revoca della sospensione condizionale della pena ex art. 168 n. 2 cod. pen. e, comunque, non attaccano, specificamente, il contenuto della decisione della Corte territoriale.
Rilevato, infine, che non può essere presa in esame la memoria difensiva e le argomentazioni in essa contenute (che, peraltro, ribadiscono ed esplicitano il nucleo centrale delle deduzioni già prospettate con il ricorso) in quanto depositata in data 25 giugno 2024, risultando tardiva rispetto ai termini per il deposito delle memorie difensive previsti dall’art. 611, cod. proc. pen. relativamente al procedimento in camera di consiglio.
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 1° luglio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente