Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46313 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46313 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI
CATANZARO
nel procedimento a carico di:
COGNOME nato a CATANZARO il 11/04/1981
avverso l’ordinanza del 16/07/2024 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta, formulata dal Pubblico ministero, di revoca della sospensione condizionale della pena concessa a NOME COGNOME con sentenza del Tribunale di Catanzaro in data 6 febbraio 2017, irrevocabile il 13 aprile 2019.
A ragione della decisione ha osservato che il beneficio della sospensione condizionale era stato riconosciuto anche con la sentenza del Tribunale di Catanzaro in data 19 ottobre 2015, irrevocabile il 2 luglio 2017, entro i limiti d cui all’art. 164, comma quarto, cod. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, deducendo un unico motivo, con cui denuncia la violazione dell’art. 168 cod. pen.
Evidenzia il ricorrente che la motivazione del Giudice dell’esecuzione sarebbe in contrasto con le evidenze del certificato del casellario giudiziale, da cui risul che il beneficio della sospensione condizionale della pena era stato riconosciuto anche con la sentenza del Tribunale di Catanzaro in data 28 aprile 2008, irrevocabile il 19 settembre 2008, sicché quello riconosciuto con la sentenza del Tribunale di Catanzaro, in data 6 febbraio 2017, irrevocabile il 13 aprile 2019, doveva considerarsi riconosciuto in violazione dell’art. 164, quarto comma, cod. pen.
Il beneficio sarebbe stato, dunque, erroneamente riconosciuto per la terza volta e, trattandosi di revoca obbligatoria, il Giudice dell’esecuzione – secondo consolidata giurisprudenza di legittimità citata nel ricorso – avrebbe dovuto disporla indipendentemente dalla circostanza che la causa di revoca fosse o meno rilevabile dagli atti da parte del Giudice della cognizione.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta depositata il 24 settembre 2024, ha prospettato l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
Con memoria depositata in data 20 ottobre 2024, è stata eccepita la nullità dell’ordinanza per l’avvenuta violazione del diritto di difesa e di quello d contraddittorio, stante la mancata comunicazione dell’impugnazione del Pubblico ministero sia al condannato, sia al suo difensore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, che deduce censure in parte inammissibili e in parte infondate, dev’essere complessivamente rigettato.
1. È manifestamente infondata l’eccezione preliminare.
Fermo è nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui l’inosservanza dell’obbligo di notificare alle parti private l’impugnazione de pubblico ministero, prescritto dall’art. 584 cod. proc. pen., non produce né l’inammissibilità dell’impugnazione, non essendo prevista tra i casi di cui all’ar 591 cod. proc. pen., né la nullità del processo del grado successivo, non rientrando tra le nullità di cui all’art. 178 cod. proc. pen.; l’unico ef dell’omissione è quello di non fare decorrere il termine per l’impugnazione incidentale della parte privata, ove consentita (ex multis, Sez. 1, n. 48900 del 24/10/2003, COGNOME, Rv. 227008; Sez. 3, n. 3266 del 10/12/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245859).
Successivamente, sia pure in un obiter dictum, anche le Sezioni Unite hanno ribadito che l’omissione della notifica dell’avvenuta impugnazione alle altre parti, prevista dall’art. 584 cod. proc. pen., senza comminatoria di sanzione in caso di violazione dell’obbligo, comporta unicamente la mancata decorrenza del termine per la proposizione, da parte del soggetto interessato, dell’eventuale appello incidentale (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 248868, in motivazione). E tale statuizione è stata confermata anche in tempi più recenti, da ultimo sostenendosi che l’inosservanza dell’obbligo di notificare alle parti private l’impugnazione del pubblico ministero, prescritto dall’art. 584 cod. proc. pen., non produce l’inammissibilità della stessa impugnazione, né la nullità del processo del grado successivo, determinando esclusivamente la mancata decorrenza del termine per l’impugnazione incidentale della parte privata, ove consentita (Sez. 6, n. 6246 del 11/01/2024, A., Rv. 286082; Sez. 4, n. 20810 del 02/10/2018, dep. 2019, Sejdaras Rigert, Rv. 275802; Sez. 2, n. 47412 del 05/11/2013, Albizzati, Rv. 257482).
Venendo al merito della censura, va preliminarmente chiarito che l’ipotesi di revoca che viene qui in rilievo è quella di cui all’art. 168, terzo comma, cod pen., introdotto dalla legge 26 marzo 2021, n. 128, secondo cui la sospensione condizionale della pena è revocata ove concessa in violazione dei limiti di reiterabilità previsti dall’art. 164, ultimo comma, cod. pen.
La revoca in esame può essere disposta sia in sede di cognizione, sia in sede di esecuzione (art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen.), a condizione, in entrambi i casi, che i precedenti ostativi non fossero docunnentalmente noti al giudice che aveva concesso il beneficio obiettivamente non spettante, essendo il giudice, che delibera sulla revoca, tenuto ad acquisire, anche d’ufficio, il fascicolo del giudiz antecedente per la doverosa verifica al riguardo (Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv. 264381; Sez. 3, n. 34387 del 27/04/2021, COGNOME, Rv. 282084).
Di recente Sez. U, n. 36460 del 30/05/2024, COGNOME, Rv. 287004 hanno chiarito che è, tuttavia, legittima la revoca, in sede esecutiva, della sospension condizionale della pena disposta in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. in presenza di una causa ostativa ignota al giudice di primo grado pur se nota a quello d’appello, non investito dell’impugnazione sul punto, essendo a quest’ultimo precluso il potere di revoca d’ufficio in ossequio al principi devolutivo e non avendo conseguentemente espresso alcuna valutazione in merito, neppure implicita.
Ciò premesso, osserva in primo luogo il Collegio che il ricorso del Pubblico ministero muove dall’errato presupposto secondo cui, nell’ipotesi in parola, il Giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto revocare il beneficio della sospensione condizionale concesso per la terza volta prescindendo dal fatto che la sussistenza della causa di revoca fosse nota o non al giudice della cognizione; affermazione contraria al principio espresso da Sez. U COGNOME, come sopra richiamato.
La giurisprudenza citata nel ricorso si riferisce, invero, alle diverse ipotesi revoca obbligatoria e di diritto del beneficio previsti dall’art. 168, primo comma, cod. pen., secondo cui il giudice dell’esecuzione deve provvedervi, a prescindere dal fatto che la sussistenza di detta causa di revoca di diritto del beneficio fos o meno rilevabile dagli atti in possesso del giudice della cognizione, semplicemente facoltizzato alla revoca (Sez. 1, n. 14853 del 12/02/2020, NOME COGNOME Rv. 279053; Sez. 1, n. 34237 del 29/05/2015, Are, Rv. 264156; Sez. 1, n. 48158 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 243177).
Né il Pubblico ministero ha allegato la sussistenza del presupposto per l’applicazione del principio espresso da Sez. U. COGNOME, citata (cui ha, invece, fatto espresso riferimento il Sostituto Procuratore generale al fine di sostenere l richiesta di annullamento con rinvio dell’ordinanza de qua), non avendo invero dedotto che la richiesta di revoca fosse riferita alla sentenza del giudice appello e che la causa ostativa fosse ignota a quello di primo grado; sicché sotto questo profilo il ricorso si rivela a-specifico.
2. In secondo luogo e con rilievo assorbente, il ricorso della Pubblica accusa non può essere accolto alla stregua dell’ulteriore principio di diritto espresso d questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, secondo il quale «Il giudice dell’esecuzione non può disporre, nei casi previsti dall’art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale della Oena che il giudice della cognizione abbia concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. per l’esistenza di cause ostative a lui non documentalmente note, allorquando il beneficio si è ormai consolidato in ragione del decorso del termine e dell’avvenuta maturazione delle condizioni in presenza delle quali si determina, ex art. 167 cod. pen., l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione dell pena» (Sez. 1, n. 21603 del 20/02/2024, COGNOME, Rv. 286411).
Nella citata sentenza, si evidenzia che l’istituto della revoca previsto dall’a 168, terzo comma, cod. pen. – che ha struttura e funzione del tutto diverse da quelle stabilite ‘ nel primo comma della medesima disposizione e che non è correlata al verificarsi di fatti nuovi che si pongano come fattore risolutivo d beneficio già concesso, né si atteggia a revoca di carattere decadenziale, costituendo piuttosto esercizio di un vero e proprio ius poenitendi «dev’essere raccordato con quanto previsto dall’art. 167 cod. pen., che sancisce la definitiva impossibilità di far luogo all’esecuzione della pena principale e delle pene accessorie una volta che, ultimata la probation, il condannato non sia incorso, nel relativo arco di tempo, in comportamenti che ne abbiano contraddetto lo spirito, ossia in recidive considerate dalla norma rilevanti, e abbia soddisfatto g obblighi impostigli » e che, in virtù di tali caratteristiche, «la revoca in esa non interviene a sanzione di condotte sopravvenute, idonee, in quanto manifestatesi nel corso del quinquennio (o biennio), e solo perché tali, ad escludere l’operatività del meccanismo di estinzione del reato. Se la legge consente ora, a certe condizioni, di rimediare a un vizio genetico del provvedimento concessivo, l’attivazione del rimedio incontra un limite, logico e giuridico, nell’antecedente avveramento dell’effetto estintivo ex art. 167 cod. pen., posto che tale effetto non è normativamente impedito durante la latenza della situazione giuridica evocata dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., e posto che l’effetto stesso risulta irreversibile, beninteso al verificarsi delle condizion stabilite, pur se la relativa declaratoria (implicitamente ammessa dall’ordinamento: Sez. 1, n. 38043 del 27/10/2006, COGNOME, Rv. 235167) non sia ancora intervenuta». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La soluzione indicata – si è, inoltre, evidenziato nella citata sentenza – « coerente con il quadro normativo, in cui l’esito di estinzione del reato si produce per legge alla presenza delle condizioni stabilite (analogamente, a proposito dell’analogo istituto previsto in caso di pena patteggiata, Sez. 1, n. 5501 de
29/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268994), nonché con le esigenze di stabilità del sistema e di certezza delle situazioni giuridiche», posto che ragionare diversamente, il condannato – pur in assenza di fatti colpevoli successivi, e rigorosamente delimitati nel tempo, a sé ascrivibili – rimarrebbe esposto sine die all’eventualità di un’esecuzione penale, ancorché in origine illegittimamente sospesa, oltre ogni ragionevole limite di proporzione tra il trascorrere inerte del tempo e il rilievo della persistente necessità di punire».
Applicato al caso che ci occupa il richiamato e condiviso principio di diritto – in forza del quale la revoca della sospensione condizionale della pena, nei casi previsti dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., non può intervenire quando ormai il beneficio si è consolidato, essendo decorso il termine ed essendo maturate le condizioni al cui cospetto si determina, ai sensi dell’art. 167 dello stesso codic l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione della pena – non può farsi luogo alla revoca della sospensione condizionale della pena concesso in violazione degli artt. 168, terzo comma, cod. pen. e art. 164 cod. pen. con la sentenza del Tribunale di Catanzaro in data 6 febbraio 2017, perché alla data di presentazione dell’istanza di revoca del beneficio (15 maggio 2024) era ormai spirato il termine di cinque anni decorrente dalla data d’irrevocabilità di det sentenza (13 aprile 2019).
Per le considerazioni che precedono, come anticipato, il ricorso dev’essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 31 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
I Presidente