Revoca Sospensione Condizionale: Quando Diventa Inevitabile?
La concessione della sospensione condizionale della pena rappresenta un’importante opportunità di riabilitazione per il condannato. Tuttavia, questo beneficio non è incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti che rendono la revoca sospensione condizionale un atto dovuto e non discrezionale da parte del giudice. Il caso analizzato riguarda un soggetto che, dopo aver ottenuto la sospensione, subisce una nuova condanna per un reato commesso in precedenza.
I Fatti del Caso
Un individuo, dopo aver beneficiato della sospensione condizionale per una pena di quattro mesi di reclusione e 300 euro di multa, veniva successivamente condannato in via definitiva a una pena ben più severa: tre anni e otto mesi di reclusione.
Il punto cruciale della vicenda risiede in due elementi temporali:
1. Il reato che ha portato alla seconda, più grave, condanna era stato commesso prima che gli venisse concesso il beneficio della sospensione per la prima condanna.
2. La pena inflitta con la seconda sentenza superava ampiamente il limite di due anni di reclusione.
Di fronte a questa situazione, il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha disposto la revoca del beneficio precedentemente concesso. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge.
La Decisione della Corte e la Revoca Sospensione Condizionale
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Secondo gli Ermellini, la decisione del Tribunale non solo era corretta, ma anche obbligatoria.
La revoca del beneficio, in circostanze come quelle descritte, non è una scelta discrezionale del giudice, ma un atto dovuto ai sensi dell’articolo 168, primo comma, n. 2, del codice penale. Questa norma stabilisce che la sospensione condizionale deve essere revocata se il condannato commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, per cui viene inflitta una pena detentiva, o riporta un’altra condanna per un delitto commesso anteriormente a una pena che, cumulata a quella sospesa, supera i limiti stabiliti dall’articolo 163.
Le Motivazioni Giuridiche della Revoca
La motivazione della Corte si fonda su una lettura chiara e rigorosa della legge. La revoca sospensione condizionale è scattata automaticamente perché la seconda sentenza ha accertato la commissione di un reato avvenuto prima della concessione del beneficio, e la pena inflitta era superiore al limite di due anni.
Questi due elementi, presi insieme, rendono irrilevante qualsiasi altra argomentazione o prospettazione difensiva. La norma non lascia spazio a interpretazioni: la finalità è quella di negare il mantenimento del beneficio a chi, già prima di ottenerlo, aveva tenuto una condotta criminale di una certa gravità, dimostrando di non meritare la fiducia accordatagli con la sospensione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione penale: la sospensione condizionale è subordinata a condizioni precise, la cui violazione comporta conseguenze automatiche. La decisione sottolinea che, ai fini della revoca, è determinante non solo il momento della condanna successiva, ma anche e soprattutto il momento in cui è stato commesso il reato che l’ha determinata. Se il reato è anteriore alla concessione del beneficio e la nuova pena supera i limiti di legge, la revoca è un atto inevitabile, precludendo ogni valutazione discrezionale da parte del giudice dell’esecuzione.
In quali casi la revoca della sospensione condizionale della pena è obbligatoria?
La revoca è obbligatoria, ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 2 c.p., quando il condannato riporta una successiva condanna per un delitto commesso prima della concessione del beneficio, qualora la pena inflitta sia superiore al limite di due anni.
È rilevante che il reato che causa la revoca sia stato commesso prima della concessione del beneficio?
Sì, è un elemento determinante. La legge prevede specificamente questa ipotesi, considerando che la commissione di un reato grave, anche se accertato giudizialmente in un secondo momento, dimostra che il soggetto non era meritevole del beneficio fin dall’inizio.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente se il ricorso contro la revoca viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso di specie, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31957 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31957 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOME COGNOME VETERE il 18/07/1985
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME A T A; 1. ,-,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 27/03/2025, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena (pari a mesi quattro di reclusione ed euro 300,00 di multa) già concesso a NOME COGNOME con sentenza del 23/03/2023, irrevocabile il 22/07/2023 a seguito della sentenza del 16/04/2024, irrevocabile 1’01/10/2024, che lo ha condannato ad anni tre e mesi otto di reclusione;
Ritenuto che, con unico articolato motivo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., relativo ad erronea applicazione degli artt. 168 e 164 cod. pen., si lamenta che non sussistevano i motivi della revoca;
che la revoca del beneficio è stata disposta doverosamente e correttamente ai sensi dell’art. 168, primo comma n. 2, cod. pen., poiché la sentenza successiva alla concessione del beneficio aveva ad oggetto una condotta di reato commessa anteriormente e la pena inflitta era comunque superiore al limite di due anni; il che rende del tutto irrilevanti le altre prospettazioni contenute in ricorso;
che per queste ragioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Cos s eciso 1’11 settembre 2025