Revoca Sospensione Condizionale: Quando la Decisione del Giudice è Obbligata
La sospensione condizionale della pena è un istituto fondamentale del nostro ordinamento penale, che offre una seconda possibilità a chi viene condannato a pene detentive lievi. Tuttavia, questo beneficio è subordinato al rispetto di precise condizioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i casi in cui la revoca sospensione condizionale non è una scelta discrezionale del giudice, ma un atto dovuto e automatico. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti del Caso
Un soggetto, già condannato con sentenza definitiva a due anni di reclusione e 4.000 euro di multa, aveva ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena. Successivamente, veniva condannato in via definitiva per un altro delitto della stessa indole a una pena ben più severa: quattro anni di reclusione e 18.000 euro di multa.
Di fronte a questa nuova condanna, il Tribunale di Bari ha disposto la revoca del beneficio concesso in precedenza. La motivazione era semplice: la nuova pena, sommata a quella già sospesa, superava i limiti massimi previsti dall’articolo 163 del Codice Penale. Ritenendo la revoca un atto obbligatorio, il giudice ha proceduto senza ulteriori valutazioni.
Il Ricorso per Cassazione
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una presunta “mancanza assoluta di motivazione”. Secondo la difesa, il giudice di merito si era limitato a un richiamo superficiale alla legge, senza spiegare adeguatamente le ragioni della sua decisione.
La Revoca Sospensione Condizionale e le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha respinto categoricamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno chiarito che la motivazione del Tribunale, seppur sintetica, era perfettamente chiara, completa e giuridicamente corretta.
Il punto centrale della decisione risiede nell’articolo 168, comma 1, n. 2 del Codice Penale. Questa norma stabilisce che la sospensione condizionale deve essere revocata di diritto se il condannato, entro i termini stabiliti, commette un altro delitto che comporta una nuova condanna a una pena detentiva la quale, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’articolo 163.
In questo caso, il cumulo delle pene (due anni + quattro anni) superava ampiamente la soglia massima per la concessione del beneficio. Il verificarsi di questa condizione, ha spiegato la Corte, non lascia al giudice alcun margine di discrezionalità. La revoca diventa un atto obbligatorio, un automatismo legale. Il compito del giudice si limita a verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi (la nuova condanna e il superamento dei limiti di pena), senza dover compiere alcuna ulteriore valutazione sul merito o sulla prognosi di ravvedimento del condannato.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la fiducia accordata dallo Stato tramite la sospensione condizionale è condizionata a un comportamento futuro conforme alla legge. Se questa fiducia viene tradita con la commissione di un nuovo, significativo reato, la revoca sospensione condizionale diventa una conseguenza inevitabile e automatica. Per i cittadini, ciò significa che il beneficio non è un diritto acquisito, ma una possibilità legata a un preciso patto con la giustizia. Per i legali, la sentenza conferma che impugnare un provvedimento di revoca fondato su presupposti oggettivi e obbligatori è una strada difficilmente percorribile.
Quando viene revocata la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale viene revocata se, entro i termini di legge, il condannato commette un nuovo delitto per cui riceve una condanna a pena detentiva che, sommata a quella precedente, supera i limiti fissati dall’art. 163 del Codice Penale.
In caso di nuova condanna, la revoca della sospensione condizionale è sempre discrezionale per il giudice?
No. Come chiarito dalla sentenza, se la pena della nuova condanna, cumulata con quella sospesa, supera i limiti legali, la revoca è obbligatoria e non discrezionale. Il giudice deve limitarsi a verificare il realizzarsi di questa condizione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo che il ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9048 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9048 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 22/11/1998
avverso l’ordinanza del 07/06/2024 del GIP TRIBUNALE di Bari
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 07 giugno 2024, depositata in data 02/10/2024, il Tribunale di Bari ha revocato la sospensione condizionale concessa a NOME COGNOME con la sentenza emessa in data 19 febbraio 2020 dal Tribunale di Bari, divenuta definitiva in data 10 giugno 2020, con la quale egli è stato condannato alla pena di due anni di reclusione ed euro 4.000 di multa.
Il Tribunale ha rilevato che il COGNOME ha riportato, in data 18 marzo 2022, una ulteriore condanna per un delitto indole, divenuta definitiva in data 10 luglio 2023, alla pena di quattro anni di reclusione ed euro 18.000 di multa. Ha ritenuto perciò obbligatoria la revoca del beneficio concesso, tenuto conto che l’ulteriore pena irrogata supera i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del difensore avv. NOME COGNOME articolando un unico motivo, con il quale deduce la mancanza assoluta di motivazione, essendosi il giudice limitato ad un sommario richiamo dell’art. 163 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché manifestamente infondato. Il giudice ha indicato in modo chiaro e completo le ragioni della revoca del beneficio, richiamando il testo dell’art. 168, comma 1, n. 2), cod. pen. Ha infatti precisato che il ricorrente ha riportato, dopo la concessione della sospensione condizionale, un’altra condanna a pena che, cumulata con quella precedentemente sospesa, supera i limiti di cui all’art. 163 cod. pen.
Il verificarsi di tale condizione impone obbligatoriamente la revoca della sospensione condizionale concessa in precedenza, per cui il giudice non doveva procedere ad alcuna ulteriore valutazione.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente