Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20697 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20697 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GELA il 06/04/1975
avverso l’ordinanza del 19/12/2024 del TRIBUNALE di GELA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lettefserrbte le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Gela in composizione monocratica, quale giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena complessiva di anni due e mesi sei di reclusione riconosciuto ad NOME COGNOME con tre sentenze esecutive, in accoglimento della richiesta del Pubblico ministero presso lo stesso Tribunale.
Avverso detta ordinanza COGNOME tramite il proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo di impugnazione il difensore lamenta violazione dell’art. 665, comma 3, cod. proc. pen.
Rileva la difesa che la disposizione contenuta nell’ultima parte dell’art. 665, comma 3, cod. proc. pen. detta una speciale e autonoma regola attributiva della competenza in executivis, che prescinde dai criteri indicati nel comma 2 del medesimo articolo, sicché, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di appello, giudice competente a conoscere l’esecuzione di essa è sempre il giudice del rinvio, indipendentemente dalla circostanza che abbia confermato o non la sentenza di primo grado.
2.2. Col secondo motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 163 e 81 cod. pen. e vizio di motivazione.
Osserva il difensore che le pene di cui alle prime due sentenze non avevano superato il limite dei due anni di cui al primo articolo e che, pertanto, la revoca della sospensione condizionale della pena doveva riguardare solo la terza sentenza e non tutt’e tre le sentenze, i cui reati erano posti in continuazione che, essendo una fictio iuris, non può andare in danno del condannato.
La difesa insiste, pertanto, per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1.1. Infondato è il primo motivo di impugnazione.
Recita l’art. 665 cod. proc. pen., comma 4, prima parte: “Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo”.
Detta disposizione va, poi, coordinata, oltre che con il principio della perpetuatio iurisdictionis (dovendosi avere riguardo, nell’individuazione del provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, alla data della richiesta formulata in sede esecutiva), con quella formulata al cit. art. 665 cod. proc. pen., comma 2: “Quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente Il giudice di primo grado, altrimenti è competente il giudice di appello”. Considerando, altresì, che nei procedimenti con pluralità di imputati, la competenza del giudice di appello a provvedere in executivis va affermata, in forza del principio dell’unitarietà dell’esecuzione, non solo rispetto a coloro per i quali la sentenza di primo grado è stata sostanzialmente riformata, ma anche rispetto a coloro nei cui confronti la decisione sia stata confermata, pure quando la riforma sostanziale consiste nel proscioglimento di una persona diversa dall’istante (si veda in ultimo Sez. 1, n. 10676 del 10/02/2015, Pg in proc. Cuneo, Rv. 262987).
E va, infine, valutata alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nel procedimento di esecuzione, in caso di pluralità di provvedimenti eseguibili nei confronti dello stesso soggetto, la competenza appartiene al giudice che ha pronunciato la condanna divenuta irrevocabile per ultima anche se la questione attiene ad un unico e diverso titolo esecutivo (Sez. 1, n. 33923 del 07/07/2015, Confl. comp. in proc. COGNOME, Rv. 264679; e in ultimo Sez. 1, n. 37300 del 02/07/2021, Rv. 282011) e secondo cui, in materia di esecuzione, il giudice competente a provvedere sulla richiesta di riconoscimento della continuazione tra sentenze di condanna emesse da giudici diversi è sempre quello che ha pronunciato il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo, anche se la questione proposta non riguardi la sentenza da lui emessa (Sez. 1, n. 15856 del 11/02/2014, P.M. in proc. Jadid, Rv. 259600).
Detti criteri, diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, non subiscono deroghe nel caso in cui una delle sentenze esecutive sia stata emessa in sede di rinvio.
Nella specie risulta passata in giudicato come ultima la sentenza del Tribunale di Gela, confermata dalla Corte di appello di Caltanissetta, divenuta definitiva in data 7 novembre 2023, con conseguente radicamento, a favore del giudice di primo grado, della competenza in executivis.
1.2. Infondato è anche il secondo motivo di ricorsi).
Come correttamente premesso dal Tribunale di Gela: – in forza del riconoscimento del vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen. ad opera dei giudici della cognizione tra i fatti di reato oggetto delle tre sentenze di cui alla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, la pluralità di condanne va intesa come condanna unica, stante la valenza unificante della disciplina del reato continuato sul piano sanzionatorio; – detti giudici, invero, nelle sentenze n. 60 del 25 gennaio 2023 (Tribunale di Gela) e n. 188 del 23 febbraio 2023 (Corte di appello di Caltanissetta), riconosciuta la continuazione esterna con i fatti di reato di cui alla sentenza n. 73 dell’i luglio 2015 (condanna con pena condizionalmente sospesa ad un anno di reclusione), hanno esteso il beneficio della sospensione condizionale della pena, accordato dal G.i.p. nell’originaria sentenza del 2015 alla pena inflitta in aggiunta (rispettivamente di mesi otto di reclusione e di mesi dieci di reclusione) ; – nel fare ciò, però, inconsapevolmente hanno violato il limite di pena di due anni di cui all’art. 163 cod. pen. (quando la Corte di appello di Caltanissetta, in riforma della sentenza del Tribunale di Gela, ha condannato Palena alla pena di mesi dieci di reclusione, in aggiunta alla pena inflitta con la prima sentenza del luglio 2015 di un anno di reclusione, la sentenza del Tribunale di Gela, che aveva già aggiunto in continuazione alla pena di detta prima sentenza quella di mesi otto di reclusione, non era ancora divenuta irrevocabile e lo sarebbe divenuta a novembre 2023, non potendo, dunque, risultare dal casellario giudiziale a disposizione della suddetta Corte).
Detto Tribunale ha, quindi, quale giudice dell’esecuzione, del tutto ritualmente revocato, ai sensi del disposto degli artt. 168, comma terzo, e 164, comma quarto, il beneficio della sospensione condizionale della pena, come richiesto dal P.m., considerato che la causa ostativa alla concessione dello stesso (ossia la rideterminazione della pena
complessiva in anni due e mesi sei di reclusione) era ignota a tutti i giudici che lo hanno accordato e che la pena deve essere considerata
unica in forza della riconosciuta continuazione.
La circostanza, evidenziata nel motivo di ricorso, secondo cui le condanne erano avvinte dal vincolo della continuazione, che è una
fictio iuris in favor rei,
e per tale ragione dovevano ritenersi slegate dalla disciplina della revoca della sospensione, appare del tutto irrilevante,
posto che, anche nel caso di mancato riconoscimento della continuazione, vi sarebbe stata ugualmente revoca della sospensione, ai sensi dell’art.
168 cod. pen., in ragione del cumulo materiale delle pene distintamente irrogate, la cui somma avrebbe superato, comunque e in misura
maggiore rispetto alla pena del reato continuato, il limite di concessione del beneficio.
2. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 13 marzo 2025.