Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4949 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4949 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CALTAGIRONE il 06/12/1991
avverso l’ordinanza del 09/09/2024 del TRIB. di COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 3 luglio 2023, il Tribunale di Gela, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza del Pubblico ministero di revoca della sospensione condizionale della pena di 8 mesi e 20 giorni di reclusione inflitta a NOME COGNOME con la sentenza n. 435/2013, emessa, ex art. 444 cod. proc. pen., dal medesimo Tribunale il 3 luglio 2013, irrevocabile il 30 aprile 2014, in relazione a fatti commessi il 23 maggio 2013. L’istanza era stata accolta ai sensi dell’art. 168, comma primo, n. 1, cod. pen., per il sopraggiungere, nel quinquennio dal passaggio in giudicato di quella pronuncia, di un nuovo delitto, accertato con la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta in data 10 dicembre 2018, irrevocabile il 9 gennaio 2020, con la quale NOME era stato condannato alla pena detentiva di 1 anno e 3 mesi di reclusione.
1.1. Con sentenza n. 23548 in data 21 febbraio 2024, la Prima Sezione della Corte di cassazione annullò il predetto provvedimento, rilevando che la sentenza del 3 luglio 2013, con cui il Tribunale di Gela aveva disposto la sospensione, era passata in giudicato il 30 aprile 2014, mentre il delitto accertato con la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta del 10 dicembre 2018, irrevocabile il 9 gennaio 2020, posto a fondamento della revoca ex art. 168 cod. pen., risultava commesso in epoca precedente, ovvero il 28 febbraio 2014. Pertanto, doveva ritenersi che l’ordinanza impugnata avesse erroneamente disposto la revoca, considerato che il termine previsto dall’art. 163, primo comma, cod. pen. va computato, anche nel caso di cui all’art. 168, primo comma, cod. pen., dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio.
1.2. Con ordinanza in data 9 settembre 2024, il Tribunale di Gela ha nuovamente accolto la richiesta di revoca della sospensione condizionale proposta dal Pubblico ministero nei confronti di NOMECOGNOME Secondo il Giudice dell’esecuzione, infatti, successivamente alla sentenza per la quale era stata formulata l’istanza di revoca, egli è stato condannato con sentenza emessa il 19 maggio 2020 dal Tribunale di Gela, Sezione GIP – GUP, irrevocabile il 22 febbraio 2022, alla pena di 7 anni, 5 mesi e 10 giorni di reclusione per i reati di cui agli artt. 56, 110, 575 cod. pen., 4, comma 2, legge n. 110 del 1975, commessi il 24 luglio 2018 e, quindi, prima del decorso di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza n. 435/2013 resa dal Tribunale di Gela in data 3 luglio 2013, irrevocabile il 30 aprile 2014. E, per tale motivo, ha ritenuto sussistente l’ipotesi di cui all’art. 168, comma primo, n. 1, cod. pen. Inoltre, lo stesso Giudice dell’esecuzione ha ritenuto di ravvisare anche l’ipotesi contemplata dall’art. 168, primo comma, n. 2, cod. pen., avendo NOME riportato un’altra condanna per un delitto anteriormente commesso a una pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, superava i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen. Infatti, egli è stato condannato con sentenza emessa
il 10 dicembre 2018 dalla Corte di appello di Caltanisetta, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Gela in data 8 febbraio 2017, irrevocabile il 9 gennaio 2020, alla pena di 1 anno e 3 mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011. Sul punto, il Giudice dell’esecuzione ha anche osservato che anche a voler considerare, con riguardo alla condanna sopravvenuta, la sola pena della reclusione aggiunta in continuazione con le sentenze di cui ai nn. 6 e 7 del certificato casellario giudiziale, inidonea, da sola, a superare il limite previsto dall’art. 163 cod. pen., quest’ultima condanna «tenuto conto dell’indole e della gravità del reato» (trattandosi di una violazione di misura di prevenzione personale con la prescrizione del divieto/obbligo di dimora da parte di un soggetto socialmente pericoloso) deve ritenersi incompatibile con la sospensione condizionale della pena, secondo la previsione dell’art. 168, secondo comma, cod. pen. e, dunque, anche sotto tale profilo ne ha disposto la revoca.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 627, comma 3, 674 cod. proc. pen., 164 e 168, secondo comma, cod. pen., 125, comma 3, cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., che il Tribunale di Gela, in sede di rinvio, abbia revocato la sospensione condizionale in assenza di una specifica domanda della Procura, che, inizialmente, avrebbe riguardato un’altra sentenza e senza attivare, sul punto, il necessario contraddittorio con il condannato. Si rileva, infatti, che anche il giudice dell’esecuzione deve rispettare il principio della domanda e che, quindi, la decisione avrebbe dovuto rispondere alla richiesta genetica avanzata dal Pubblico ministero, senza compiere ulteriore «attività di ufficio o motu proprio», essendo «carente di autonomia propulsiva» (cfr. Sez. 1, n. 46405 del 17/10/2012).
In data 2 dicembre 2024 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Va, in premessa, evidenziato che l’art. 666, comma 1, cod. proc. pen. stabilisce che «il giudice dell’esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero, dell’interessato o del difensore».
Secondo la giurisprudenza di legittimità, il procedimento di esecuzione non ha natura di giudizio di impugnazione e si caratterizza come procedimento di prima istanza in cui non vige il principio devolutivo, di tal che esso non può essere dichiarato inammissibile per il solo fatto che, a sostegno della domanda, non siano stati enunciati motivi specifici (Sez. 1, n. 118 del 15/01/1992, COGNOME, Rv. 189229 – 01; Sez. 1, n. 3252 del 08/05/1997, COGNOME, Rv. 208394 – 01; Sez. 4, n. 1622 del 22/05/1998, COGNOME, Rv. 211627 – 01). Nondimeno, la circostanza che, ai sensi del comma 2 dell’art. 666 cod. proc. pen., la richiesta sia inammissibile in caso di manifesta infondatezza per difetto delle condizioni di legge e di riproposizione di istanza già rigettata e basata sui medesimi elementi, impone che essa presenti, comunque, i caratteri propri della domanda giudiziale, quantomeno nelle sue essenziali componenti di petitum e di causa petendi (Sez. 6, n. 3713 del 03/12/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 198012 – 01; in termini Sez. 3, n. 1880 del 18/05/1999, COGNOME, in motivazione; Sez. 3, n. 1961 del 12/05/2000, COGNOME, Rv. 216991 – 01; Sez. 1, n. 56170 del 14/11/2008, Trani, non massimata; Sez. 1, n. 38666 del 16/06/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 42384 del 23/10/2024, COGNOME, non massimata), ferma restando la possibilità che, dopo la richiesta introduttiva, la parte presenti, nel corso dell’udienza, una ulteriore richiesta, su cui il giudice sarà chiamato legittimamente a pronunciarsi purché sia assicurato alla controparte, nel rispetto del principio del contraddittorio, la possibilità di controdedurre (Sez. 1, n. 14358 del 04/12/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218633 – 01; Sez. 3, n. 47266 del 04/11/2005, Conversano, Rv. 233261 – 01; Sez. 1, n. 51053 del 13/07/2017, COGNOME Rv. 271457 – 01).
2.1. Da tali premesse conseguono alcuni corollari.
Postulando, salvo che sia diversamente stabilito (come nel caso dell’applicazione della amnistia o dell’indulto ex art. 676, comma 3, cod. proc. pen.), la presenza di una richiesta di parte, il procedimento di esecuzione deve rispettare il principio della domanda e, quindi, porsi come lo strumento attraverso il quale il giudice si limita a decidere sulla richiesta dell’istante, non potendo il giudice provvedere su un oggetto diverso da quello cui si riferisce la domanda introduttiva (così, nitidamente, Sez. 1, n. 46405 del 17/10/2012, Pariota, Rv. 254095 – 01; Sez. 6, n. 1579 del 24/04/1998, Speciale, Rv. 211712 – 01; nella giurisprudenza successiva v. Sez. 1, n. 34094 del 4/07/2019, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 40 del 24/11/2020, dep. 2021, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 43715 del 10/09/2021, Salerno, non massimata; Sez. 1, n. 43714 del 10/09/2021, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. del 10939 del 8/02/2022,
COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 28616 del 15/02/2024, Sauta, non massimata). Per tale motivo, deve ritenersi affetto da nullità assoluta il provvedimento del giudice dell’esecuzione che, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste, sia adottato di ufficio (Sez. 1, n. 23525 del 18/05/2021, COGNOME, Rv. 281396 – 01; Sez. 3, n. 10108 del 21/01/2016, COGNOME, Rv. 266714 – 01; Sez. 1, n. 2939 del 17/10/2013, dep. 2014, Deuscit, Rv. 258392 – 01; Sez. 1, n. 29203 del 23/05/2013, COGNOME, Rv. 256793 – 01; Sez. 1, n. 11766 del 28/02/2012, Ielata, Rv. 252295 – 01; Sez. 1, n. 42308 del 11/11/2010, COGNOME, Rv. 249024 – 01; Sez. 1, n. 1839 del 28/11/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235794 – 01; Sez. 1, n. 3934 del 12/11/1990, dep. 1991, Contreras de Castelblanco Rv. 186186 – 01, relativo a una revoca di sentenza di condanna per abolitio criminis). E, coerentemente con tale premessa, si è affermato che il giudice dell’esecuzione può procedere alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena solo su istanza di parte, trattandosi di provvedimento non rientrante nel novero di quelli, tassativamente previsti, dei quali è prevista l’adozione d’ufficio (Sez. 5, n. 24131 del 31/05/2022, Douah, Rv. 283430 – 01).
2.2. Tanto osservato, deve rilevarsi che, come evidenziato in ricorso, la richiesta originaria del Pubblico ministero, allegata all’odierna impugnazione secondo il principio di necessaria autosufficienza dell’atto, era stata formulata ai sensi dell’art. 168, primo comma, n. 1, cod. pen. con riferimento ai fatti oggetto della sentenza n. 435/2013, emessa dal Tribunale di Gela il 3 luglio 2013, irrevocabile il 30 aprile 2014; e che, come già rilevato in sede rescindente, le condizioni previste da tali disposizioni non potevano ritenersi sussistenti, non essendo stato il nuovo delitto commesso nei cinque anni, decorrenti, secondo quanto previsto dall’art. 163, primo comma, cod. pen., dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio (così Sez. 4, n. 23192 del 10/05/2016, COGNOME, Rv. 267095 – 01).
Nondimeno, per le ragioni già evidenziate, il ricorso, nel dedurre il mancato rispetto del contraddittorio conseguente alla valorizzazione di altra circostanza di fatto (ovvero la commissione, il 24 luglio 2018, dei reati di cui agli artt. 56, 110, 575 cod. pen., 4, comma 2, legge n. 110 del 1975) e di altre ipotesi di revoca (quelle di cui all’art. 168, comma primo, n. 1 e comma secondo, cod. pen.), avrebbe dovuto anche dimostrare, attraverso l’allegazione dei relativi verbali di udienza (che non vertendosi in caso di error in procedendo non sono accessibili a questo Collegio), che la relativa questione non fosse stata dedotta dal Pubblico ministero successivamente alla proposizione dell’originaria istanza e, eventualmente, anche nel giudizio di rinvio, consentendo alla Difesa di controdedurre nel rispetto del principio del contraddittorio (eventualità che potrebbe anche essersi verificata, senza che il Collegio, per le ragioni anzidette, possa però accertarlo). Ciò sul presupposto che l’eventuale sopraggiungere di nova
rilevanti sul piano decisorio può essere sempre fatta valere nel procedimento di esecuzione, ivi compreso il giudizio di rinvio.
Ne consegue, dunque, che le censure difensive presentano, già sotto tale profilo, un evidente profilo di inammissibilità.
Ma, soprattutto, il ricorso si rivela aspecifico laddove non si confronta in alcun modo sulla ulteriore causa di revoca che l’ordinanza ha specificamente individuato e che si correla, ancora una volta, alla commissione in data 28 febbraio 2014 del delitto previsto dall’art. 75, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159 del 2011, per i quali NOME è stato condannato con sentenza della Corte di appello di Caltanissetta in data 10 dicembre 2018, irrevocabile il 9 gennaio 2020.
Sul punto, infatti, l’odierna impugnazione non ha sviluppato alcuna censura, limitandosi a contraddire il provvedimento oggetto di ricorso unicamente in relazione al profilo della violazione del contraddittorio con riferimento all’ipotesi di revoca contemplata dal n. 1 dell’art. 168, primo comma, cod. pen. connessa alla commissione, nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza n. 435/2013 resa dal Tribunale di Gela in data 3 luglio 2013, irrevocabile il 30 aprile 2014, con cui era stata disposta la sospensione condizionale, di ulteriori reati puniti a pena detentiva accertati con la sentenza del Tribunale di Gela, Sezione GIP GUP in data 19 maggio 2020, irrevocabile il 22 febbraio 2022.
Né potrebbe opinarsi che la revoca facoltativa della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 168, comma secondo, cod. pen. possa essere disposta unicamente dal giudice della cognizione e non anche da quello dell’esecuzione, trattandosi di provvedimento implicante un apprezzamento discrezionale esulante dai poteri di quest’ultimo, la cui competenza funzionale è limitata ai soli casi di revoca di diritto (Sez. 1, n. 42363 del 25/09/2019, Stabile, Rv. 277142 – 01; Sez. 1, n. 5451 del 1995, Rv. 207109-01, e Sez. 1, n. 907 del 1996, Rv. 200505-01).
Va, infatti, rilevato che il ricorso, sul punto, non ha formulato alcuna censura e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non può disporsi, in sede di legittimità, l’annullamento senza rinvio della decisione di merito che abbia revocato in executivis precedenti sospensioni condizionali della pena, in assenza di una specifica impugnazione sul punto, non essendo configurabile in tal caso alcuna questione rilevabile di ufficio a norma dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 2374 del 27/04/1998, NOME COGNOME Rv. 210717 – 01; Sez. 4, n. 47923 del 19/10/2004, Veiss, Rv. 230196 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in data 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Pr sidente