Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38456 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 02/02/2024 del TRIBUNALE di LATINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 febbraio 2024 il Tribunale di Latina, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso ad NOME con la sentenza del medesimo Ufficio n. 1479 del 3 luglio 2020, confermata dalla Corte di appello di Roma il 9 luglio 2021, irrevocabile il 7 febbraio 2023.
La revoca è intervenuta in ragione di una causa ostativa poiché la pena inflitta, cumulata con quella di cui ad altra condanna precedente (sentenza del Tribunale di Latina del 5 febbraio 2013, irrevocabile il 15 marzo 2017) supera i limiti di cui all’art. 164 cod. pen.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale ha eccepito violazione di legge in relazione agli artt. 168, comma 4 e 674 cod. proc. pen.
Ha richiamato gli arresti della giurisprudenza di questa Corte (anche a Sezioni Unite) secondo cui l’errore del giudice di merito che abbia concesso la sospensione condizionale, pur in presenza di una causa ostativa, è suscettibile di essere fatto valere con i mezzi di impugnazione e non può essere «recuperato» in sede di esecuzione.
Nell’ordinanza impugnata è stato dato atto della presenza nel fascicolo di primo grado (relativamente al giudizio concluso nel 2020) di un certificato del casellario del 2013 e da ciò è stata desunta l’impossibilità per il giudice di conoscere la causa ostativa concretizzatasi nel 2017 per effetto dell’irrevocabilità della sentenza «pregiudicante».
Peraltro, analoga verifica non è stata compiuta, da parte del giudice dell’esecuzione, rispetto alla documentazione a disposizione della Corte di appello che, nel 2022, ha confermato il beneficio, sicché non è stato possibile accertare se il beneficio sia stato concesso in presenza di un certificato aggiorNOME o meno.
Non è stato, quindi, verificato se la non conoscibilità della causa ostativa sia stata determinata da un errore inescusabile del giudice che, nel caso di specie, abbia omesso il doveroso accertamento della preclusione alla concessione del beneficio.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
La questione rilevante nel procedimento riguarda l’ampiezza dei poteri del giudice dell’esecuzione in relazione alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concessa dal giudice della cognizione nonostante la sussistenza di una causa ostativa.
2.1. Nel caso di specie, la preclusione è costituita dalla preesistenza, rispetto alla sentenza che ha concesso il beneficio, di una condanna a pena che, cumulata a quella successivamente intervenuta, supera i limiti di cui all’art. 164 cod. pen.
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto di potere procedere alla revoca previa acquisizione del fascicolo relativo al procedimento definito con la seconda sentenza; fascicolo dal quale è emerso che la concessione del beneficio in sede di cognizione è avvenuta sulla base di un certificato del Casellario dal quale l’imputato risultava ancora incensurato in quanto il documento non era stato ancora aggiorNOME con l’irrevocabilità della sentenza del 2013.
Su tale verifica si appunta un primo profilo di censura che si appalesa, comunque, generico, atteso che esso afferisce all’ampiezza del controllo, da parte del giudice dell’esecuzione, di ciò che era o meno conosciuto da parte della Corte di appello, ossia «se il certificato presente era aggiorNOME e riportava la pendenza».
In tal caso, il solo rimedio per eliminare il beneficio illegittimamente concesso sarebbe stato quello della impugnazione della Procura generale, che nel caso di specie non è stato proposto, «con la conseguenza che il giudice della esecuzione non poteva intervenire».
Secondo il ricorrente, «non è dato sapere» se la Corte di appello ha avuto a disposizione, contrariamente al giudice di primo grado, un certificato aggiorNOME o meno.
Si tratta di una prospettazione meramente ipotetica e assertiva che, dunque, non può essere presa in considerazione in quanto priva di specificità.
2.2. Il motivo di ricorso, peraltro, si presenta destituito di fondamento anche nel merito in quanto si basa su una prospettazione (quella della necessaria verifica, non solo della conoscenza, ma anche della conoscibilità della causa ostativa da parte del giudice della cognizione) smentito dalla uniforme interpretazione della giurisprudenza di questa Corte.
Invero, proprio l’arresto delle Sezioni Unite posto a giustificazione dell’impugnazione in esame, ha enunciato il principio per cui «il giudice
dell’esecuzione può revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. in presenza di cause ostative, a meno che tali cause non fossero documentalmente note al giudice della cognizione. A tal fine il giudice dell’esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio» (Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381).
Il riferimento compiuto dalle Sezioni Unite, quindi, non è alla «conoscibilità» della ragione ostativa, bensì alla sua effettiva conoscenza.
Proprio su tale aspetto si è soffernNOME il provvedimento impugNOME che ha escluso la presenza, nel certificato penale, dell’annotazione relativa al precedente penale preclusivo della rinnovata concessione del beneficio.
A ciò si aggiunga che il ricorso, per come rilevato anche nella requisitoria del Procuratore generale, risulta infondato anche alla luce dell’orientamento secondo cui «è legittima la revoca “in executivis” della sospensione condizionale della pena riconosciuta in violazione dell’art. 164, connma quarto, cod. pen. in presenza di una causa ostativa ignota al giudice di primo grado e nota a quello d’appello, che non sia stato investito dell’impugnazione del pubblico ministero né, comunque, di formale sollecitazione di questi in ordine all’illegittimità del beneficio, atteso che il potere di revoca che, in tal caso, il giudice d’appello può esercitare anche d’ufficio, ha natura meramente facoltativa e surrogatoria rispetto a quello del giudice dell’esecuzione. (In motivazione la Corte ha osservato che, in tal caso, ove il giudice di appello non si sia pronunciato, a seguito di impugnazione o richiesta del pubblico ministero ovvero d’ufficio, sulla questione relativa alla sussistenza della causa ostativa al riconoscimento del beneficio, non si forma giudicato preclusivo del potere di revoca in fase esecutiva)» (Sez. 1, Sentenza n. 39190 del 09/07/2021, COGNOME, Rv. 282076) recepito dalle Sezioni Unite come da informazione provvisoria n. 8 del 2024, udienza del 30 maggio 2024).
Da quanto esposto, discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10/07/2024