Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 20058 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 20058 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME (TARGA_VEICOLO), nato a Civitanova Marche il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/03/2023 della Corte d’appello di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Ancona confermava la condanna di NOME COGNOME per resistenza a pubblico ufficiale (artt. 337 cod. pen.) per essersi opposto a due agenti in servizio presso il Commissariato dove si trovava, mentre procedevano al suo foto-segnalamento, in più occasioni alzandosi
dalla sedia e avvicinandosi a mo’ sfida agli operatori intenti nella stesura degli atti minacciandoli ed ingiuriandoli, al punto che si rendeva necessario impiegare un operatore fisso per la vigilanza; quindi, scagliandosi contro tale operatore insultandolo, minacciandolo di morte e spintonandolo violentemente sino a sferrargli prima un pugno e poi un forte calcio al fianco sinistro (capo 3).
Confermava altresì la condanna dell’imputato in relazione all’episodio di lesioni da ultimo descritto (artt. 582, 585 in relazione all’art. 576 n. 1 cod. pen. (contusioni multiple guaribili in 10 giorni) (capo 4).
Revocava, infine, la sospensione condizionale della pena disposta in primo grado, a seguito di giudizio abbreviato.
Avverso la sentenza presenta ricorso NOME COGNOME, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi.
2.1. Errata applicazione della legge penale con riferimento all’affermazione di responsabilità ed alla revoca della sospensione condizionale della pena nonché vizio di motivazione.
La Corte di appello avrebbe disatteso le deduzioni difensive volte a dimostrare che il comportamento del ricorrente non integrava il reato di resistenza a pubblico ufficiale in quanto, come spiegato dallo stesso imputato nell’interrogatorio, egli aveva semplicemente sentito la necessità di alzarsi, di muoversi per sgranchirsi le gambe, essendo stato trattenuto in commissariato per ore. Anche le lesioni all’operante furono involontarie e determinate da un comportamento scomposto indotto dalla stanchezza e dalla paura.
Sarebbe stato poi violato l’art. 597 cod. proc. pen., là dove la Corte d’appello ha revocato la sospensione condizionale della pena disposta dal giudice di primo grado, richiamando il combinato disposto degli artt. 168, comma 3, e 164, comma 4, cod. pen. e rilevando come il beneficio fosse precluso in quanto già concesso in due precedenti occasioni.
Tuttavia, la concessione della sospensione condizionale della pena dipende da una valutazione discrezionale del giudice di primo grado, che tiene conto del ravvedimento dell’imputato e della gravità del reato (Sez. 2, n. 34727 del 30/06/2022, Pastore, Rv. 283845), e può essere revocata d’ufficio in appello, in mancanza di impugnazione della parte pubblica – come nel caso di specie -, soltanto se riguarda condizioni ostative sopravvenute alla sentenza di primo grado che non fossero documentalmente note al primo giudice.
Nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari aveva a disposizione il casellario giudiziario dell’imputato e deve supporsi lo abbia consultato. Quindi, le cause dovevano essergli note. Di conseguenza, la revoca della sospensione condizionale ha realizzato una non consentita reformatio in peius.
2.2. Errata applicazione della legge penale con riferimento alla mancata conversione della pena detentiva in pena pecuniaria.
A seguito della c.d. riforma Cartabia, i giudici avrebbero dovuto disporre la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23 comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, d discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
Il ricorrente ha presentato una memoria d’udienza in cui insiste per l’annullamento della sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.2. Per la prima parte, il ricorrente propone un’inammissibile rilettura dei fatti valutati dai giudici di merito con motivazione completa e coerente, come tale insindacabile in questa sede.
1.3. Quanto alla revoca della sospensione condizionale della pena ad opera del giudice dell’appello, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non viola il divieto di reformatio in peius il giudice di rinvio che revochi il beneficio della sospensione condizionale, nelle ipotesi previste dai commi primo e terzo dell’art. 168 cod. pen., in quanto, in entrambi i casi, si tratta di provvedimenti dichiarativ riguardanti effetti che si producono ope legis e presuppongono non un’attività discrezionale o valutativa, bensì puramente ricognitiva, con cui si accerta il veni meno delle preesistenti condizioni legittimanti (Sez. 6, n. 51131 del 15/11/2019, Niasse, Rv. 277570; Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, Principalli, Rv. 272429; Sez. 2, n. 37009 del 30/06/2016, Seck, Rv. 267913).
Pur ribadendo il carattere meramente ricognitivo dell’attività del secondo giudice, un recente orientamento ha tuttavia svolto alcune precisazioni. In particolare, argomentando da Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv. 264381, i cui principi sono stati ritenuti estensibili al giudizio di cognizione precisato che il giudice di appello può sì revocare di ufficio la sospensione condizionale della pena concessa in violazione dell’art. 164, quarto comma, cod. pen., ma sempre che le cause ostative non fossero documentalmente note al giudice di primo grado, aggiungendo che, a tal fine, il giudice dell’appello ha l’oner di procedere ad una doverosa verifica al riguardo (Sez. 3, n. 42004 del 05/10/2022, Maggio, Rv. 283712. Nello stesso senso, più di recente,
Sez. 2, n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768, la quale del pari subordina la revoca della sospensione condizionale all’accertamento che le cause ostative non fossero documentalmente emerse nel corso di quel giudizio).
1.4. Ebbene, mentre nella sentenza di appello si parla di due precedenti risultanti dal casellario giudiziale, da quella di primo grado si ricava che il Tribuna concesse il beneficio «in considerazione dell’unico» (p. 16) precedente a carico dell’imputato.
Dal passaggio riportato tra virgolette si evince come il Tribunale non fosse a conoscenza della seconda condanna.
Correttamente il giudice dell’appello ha, dunque, revocato la sospensione condizionale della pena, essendo venuto a conoscenza della seconda condanna, condizione ostativa alla sospensione.
1.5. Dunque, il motivo di ricorso, per tale parte, è pertanto infondato.
Analogamente deve dirsi del secondo motivo di ricorso.
2.1. Il d.lgs. 10/10/2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia) ha certamente espresso un favore per il contenimento della pena detentiva, ma si è pur sempre mosso nel solco della continuità con i principi e le linee operative essenziali del sistema di cui agli artt. 53 ss. della I. 24/11/1981, n. 689 di cui Sez. U, n. 1287 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125, che ha escluso il potere del giudice di appello di applicare d’ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell’a di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione (l’ambito di tale potere essendo circoscritto alle ipotes tassativamente indicate dall’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell’appello).
Non si è spinto, dunque, a prevedere un diritto dell’imputato alla sostituzione della pena.
Di conseguenza, la valutazione del giudice resta espressione di un potere discrezionale che va motivato soltanto nel caso di diniego ad una espressa richiesta dell’imputato.
2.2. Dalle conclusioni in appello riportate nella sentenza impugnata non emerge che il difensore avesse chiesto la sostituzione della pena.
Ne consegue che la mancata motivazione del Giudice sul punto equivale a tacito diniego.
Per le ragioni espresse, il ricorso è rigettato e il ricorrente condannato a pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali.
Così deciso il 18/04/2024