Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1316 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1316 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: NOME COGNOME nato a Messina il 9.11.1987, contro la sentenza della Corte di appello di Messina del 21.4.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città che, in data 24.11.2020 aveva riconosciuto NOME COGNOME
responsabile del delitto di danneggiamento e lo aveva condannato alla pena di mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, concedendo all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena che, tuttavia, ha revocato in quanto reso in difetto delle condizioni di legge;
ricorre per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore che deduce violazione di legge e difetto di motivazione con riguardo alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena cui la Corte d’appello ha proceduto pur in assenza di impugnazione da parte de! PM; osserva, peraltro, che, al momento della concessione del beneficio, il ricorrente era nella condizione di poterne fruire non potendo essere prese in considerazione le condanne intervenute per fatti commessi successivamente a quello per il quale si procede; richiama, peraltro, il disposto di cui al comma 1-bis all’art. 674 cod. proc. pen. introdotto dalla legge 128 del 2001;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per l’inammissibilità del ricorso rilevando che correttamente la Corte di Appello ha disposto la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza di primo grado, di cui aveva constatato la insussistenza dei necessari presupposti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su una doglianza manifestamente infondata.
Con sentenza del 9.5.2022 il Tribunale di Messina aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di danneggiamento e lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione con il beneficio della sospensione condizionale della pena di cui, peraltro, aveva fatto menzione soltanto nella motivazione ma non nel dispositivo.
La Corte di appello, decidendo sul gravame del (solo) Arena, dopo aver confermato la sentenza di primo grado, ha precisato che “… deve provvedersi a revocare la sospensione condizionale della pena incongruamente statuita dal Giudice di prime cure, assolutamente non concedibile al reo vista la mole di precedenti a carico ed il rilievo del fatto che ne abbia già usufruito in occasione della prima condanna riportata, venendo oltremodo revocato tale provvedimento, per via di successive condanne entro í termini di legge”.
In altri termini, la Corte territoriale ha revocato il beneficio in quant originariamente non concedibile e, tuttavia, concesso dal primo giudice in violazione del divieto espressamente stabilito dall’art. 164, comma quarto, cod. pen..
La difesa lamenta, in primo luogo, che la Corte d’appello ha proceduto a revocare il beneficio pur in assenza dell’appello del PM.
Il rilievo è manifestamente infondato.
E’ pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, che non viola il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che, pur in presenza di impugnazione proposto dal solo imputato, revochi il beneficio della sospensione condizionale, nelle ipotesi previste dai commi primo e terzo dell’art. 168 cod. pen., in quanto, in entrambi i casi, si tratta di provvedimenti dichiarativi, riguardanti effetti che producono ope legis e presuppongono un’attività puramente ricognitiva e non discrezionale o valutativa, a differenza dell’ipotesi di cui al comma secondo del medesimo articolo che, invece, ha natura costitutiva e implica un giudizio sull’indole e sulla gravità del reato, rispetto al quale l’imputato deve essere posto nella condizione di potersi difendere (cfr., tre le altr Sez. 2, n. 37009 del 30/06/2016, GLYPH Seck, GLYPH Rv. 267913 GLYPH 01; Sez. 6 – , n. 51131 del 15/11/2019, GLYPH NOME GLYPH NOME, GLYPH Rv. 277570 GLYPH – GLYPH 01; Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, Principalli, Rv. 272429 – 01; Sez. 3 – , n. 42004 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 283712 – 01; da ultimo, Sez. 2 – , n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768 – 01, secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice di appello non può revocare “ex officio” il beneficio che altra sentenza, diversa da quella impugnata, abbia concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen., trattandosi di statuizione che presuppone che si accerti, in fatto, se le cause ostative fossero o meno documentalmente emerse nel corso di quel giudizio). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In secondo luogo, la difesa lamenta l’errore in cui sarebbe incorsa la Corte d’appello non avendo tenuto conto del fatto che il ricorrente, alla data di adozione della sentenza di primo grado, si trovava nelle condizioni di usufruire del ridetto beneficio.
Il rilievo è aspecifico a fronte di quanto sostenuto nella sentenza impugnata e rispetto alla cui considerazione quella difensiva si pone in termini di mera contrapposizione polemica.
L’inammissibilità dei ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della
somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 7.12.2023