Revoca Sospensione Condizionale: la Cassazione fa chiarezza
L’istituto della revoca sospensione condizionale della pena è un tema cruciale nel diritto penale, che bilancia la necessità di rieducazione del condannato con la tutela della collettività. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione, dichiarando inammissibile il ricorso di due imputati e confermando la loro condanna per violenza privata. Analizziamo la decisione per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.
I Fatti del Caso: Violenza Privata con Spray
Due persone erano state condannate in primo e secondo grado per il reato di violenza privata, aggravato ai sensi dell’art. 339 del codice penale. Secondo la ricostruzione, gli imputati avevano utilizzato una bomboletta spray per costringere la persona offesa ad allontanarsi dal luogo in cui si trovava. Contro la sentenza della Corte d’Appello, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali: l’errata qualificazione giuridica del fatto, la presunta improcedibilità del reato per mancanza di querela e l’illegittimità della revoca di una precedente sospensione condizionale della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni difensive, dichiarando i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. Questa decisione ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per i ricorrenti di pagare le spese processuali e una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Analisi dei tre motivi del ricorso
La Corte ha esaminato punto per punto le doglianze dei ricorrenti, fornendo una chiara spiegazione giuridica per ciascuna di esse.
Qualificazione del reato di violenza privata
Il primo motivo di ricorso contestava la configurabilità stessa del reato di violenza privata (art. 610 c.p.). La difesa sosteneva che gli imputati non avessero costretto la vittima a ‘fare qualcosa’. La Cassazione ha ritenuto tale motivo generico e infondato. Ha infatti ribadito che il delitto di violenza privata si configura quando una persona, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare o omettere qualcosa. Nel caso di specie, l’uso della bomboletta spray era palesemente finalizzato a costringere la vittima a un’azione specifica: allontanarsi. L’azione coatta, quindi, consisteva nell’imporre un allontanamento contro la volontà della persona offesa.
Procedibilità d’ufficio e aggravanti
Il secondo motivo si concentrava sulla presunta necessità di una querela di parte per procedere penalmente. Anche questa tesi è stata respinta. La Corte ha ricordato che, sebbene la violenza privata sia di norma procedibile a querela, la presenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 610, secondo comma, c.p. (che richiama l’art. 339 c.p.) rende il reato procedibile d’ufficio. Di conseguenza, l’azione penale era stata correttamente avviata senza necessità di una formale querela.
La legittimità della revoca sospensione condizionale
Il terzo e più significativo motivo riguardava la revoca sospensione condizionale della pena, concessa in una precedente occasione. I ricorrenti lamentavano che il nuovo reato non fosse della ‘stessa indole’ del precedente. La Cassazione ha smontato questa argomentazione richiamando un principio consolidato della propria giurisprudenza. Ai sensi dell’art. 168, n. 1, c.p., il requisito dell’identità di indole del reato commesso successivamente opera solo per le contravvenzioni. Per i delitti, invece, la commissione di un qualsiasi nuovo delitto entro i termini stabiliti comporta sempre la revoca del beneficio, indipendentemente dalla sua natura. L’ulteriore delitto è sempre e comunque causa di revoca.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame consolida tre importanti principi giuridici. In primo luogo, chiarisce che la violenza privata si realizza anche costringendo una persona a un comportamento passivo o omissivo, come l’allontanarsi da un luogo. In secondo luogo, ribadisce che la presenza di specifiche aggravanti trasforma la procedibilità del reato da querela a d’ufficio, ampliando l’ambito di intervento della magistratura. Infine, e soprattutto, cristallizza un’interpretazione rigorosa in materia di revoca sospensione condizionale: chi ha già ottenuto il beneficio della sospensione e commette un nuovo delitto, non può invocare la diversa natura del reato per evitare la revoca. La commissione di un delitto è considerata di per sé un indicatore di persistente pericolosità sociale che giustifica la revoca del beneficio precedentemente accordato.
Costringere una persona ad allontanarsi integra il reato di violenza privata?
Sì. Secondo la Corte, l’uso di violenza o minaccia per costringere una persona a compiere un’azione contro la sua volontà, come allontanarsi da un luogo, integra pienamente il delitto di violenza privata previsto dall’art. 610 del codice penale.
Il reato di violenza privata è sempre procedibile a querela di parte?
No. Se sussiste la circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. 610 c.p., che richiama l’art. 339 c.p., il reato diventa procedibile d’ufficio. Ciò significa che l’azione penale può essere avviata dallo Stato anche senza una formale querela della persona offesa.
La revoca della sospensione condizionale della pena scatta solo se il nuovo reato è della stessa indole del precedente?
No. Questo requisito vale solo per le contravvenzioni. Se una persona che ha beneficiato della sospensione condizionale commette un nuovo delitto entro i termini di legge, il beneficio viene revocato a prescindere dalla natura del nuovo reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47190 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a BUSTO ARSIZIO il 17/01/1978 COGNOME NOME nato a MILANO il 02/06/1978
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bologna ha confermato la condanna dei ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME per i delitti di cui agli artt. 610 e 339 cod. pen.;
Considerato che il primo motivo, di tenore generico, con il quale si contesta la qualificazione giuridica del delitto poiché gli imputati non avrebbero costretto la vittima a fare qualcosa, è manifestamente infondato, atteso che l’utilizzo della bomboletta spray è stato volto proprio, come congruamente argomentato dalla decisione impugnata (pag. 4-5), a far sì che la persona offesa si allontanasse dal luogo nel quale si trovava;
Ritenuto, rispetto al secondo motivo, che lo stesso è anch’esso manifestamente infondato, trattandosi di reato procedibile d’ufficio a fronte della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. 610 cod. pen.;
Considerato, con riferimento al terzo motivo, che anche le relative doglianze si presentano manifestamente infondate, poiché, in forza della consolidata giurisprudenza di legittimità, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena prevista dall’art. 168, n. 1, cod. pen., l’identità dell’indole del reato commesso nei termini stabiliti opera solo con riferimento alle contravvenzioni e non si estende ai delitti, con la conseguenza che l’ulteriore delitto è sempre causa di revoca, quale che sia la sua natura (ex plurimis, Sez. 6, n. 19507 del 23/03/2018, Rv. 273383 – 01);
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024