Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13557 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13557 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (C.U.I. 03F5896) nata in CINA il 21/04/1977 avverso l’ordinanza del 30/12/2024 del TRIBUNALE di Roma udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 dicembre 2024 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza del pubblico ministero di revoca della sospensione condizionale della pena concessa a NOME COGNOME con sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dallo stesso Tribunale di Roma il 3 ottobre 2016, irrevocabile il 29 maggio 2019.
L’istanza Ł stata accolta ex art. 165 cod. pen. perchØ la sospensione condizionale era stata subordinata dal giudice della cognizione ad obblighi che non sono stati ottemperati dalla condannata (pagamento di una provvisionale di 500 euro in favore della parte civile).
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso la condannata, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge per non essere stati tradotti gli atti della procedura di esecuzione in lingua conosciuta dalla condannata.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per essere stata revocata la sospensione condizionale nonostante che fosse decorso il termine di cui all’art. 163 cod. pen., per non essere stato acquisito il fascicolo del giudizio di cognizione, per non essere stato concesso alla condannata un termine per pagare.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
1. Il primo motivo Ł manifestamente infondato.
Nell’udienza camerale dell’8 ottobre 2024 davanti al giudice dell’esecuzione il difensore della ricorrente aveva chiesto la restituzione degli atti al pubblico ministero per mancata traduzione degli ‘atti’ dell’incidente di esecuzione, in quanto la condannata non conosce la lingua italiana.
Si trattava di una richiesta del tutto anomala, sia per il contenuto (la traduzione degli ‘atti’ dell’incidente di esecuzione), sia per le conclusioni del difensore (la restituzione degli atti al pubblico ministero, come se si trattasse di una nullità del giudizio di cognizione che determina la retrocessione alla fase delle indagini preliminari). La richiesta Ł stata respinta, il difensore della ricorrente l’ha coltivata ulteriormente in sede di legittimità negli stessi termini in cui l’aveva proposta al giudice dell’esecuzione.
Il motivo Ł manifestamente infondato.
La lingua del processo Ł la lingua italiana (art. 109 cod. proc. pen.), pertanto gli ‘atti’ del processo sono redatti in lingua italiana. Soltanto di alcuni specifici ‘atti’ del processo, indicati nell’art. 143, comma 2, cod. proc. pen., Ł prevista la traduzione; si tratta degli atti piø significativi in cui Ł contenuta l’accusa a carico dell’imputato (l’informazione di garanzia o sul diritto di difesa, le ordinanze cautelari, l’avviso di conclusione indagini, il decreto di citazione a giudizio, la sentenza o il decreto penale di condanna), e tra essi non ci sono gli atti dell’incidente di esecuzione, e neanche, in particolare, la richiesta di incidente di esecuzione, che poi Ł l’unico ‘atto’ della fase dell’incidente di esecuzione in quanto tale.
NØ l’istanza formulata nell’udienza camerale conteneva motivazioni specifiche da cui avrebbe potuto ricavarsi l’applicabilità al caso in esame del disposto dell’art. 143, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen., nel significato che ad esso ha dato la giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto che ‘nel procedimento di esecuzione invece il diritto alla traduzione degli atti trova disciplina principalmente nell’art. 143, comma 1 seconda parte, cod. proc. pen. quando Ł funzionale alla presentazione di una richiesta o una memoria nel corso del procedimento, sicchØ l’interessato ha l’onere di formulare apposita richiesta al giudice dell’esecuzione evidenziando tale necessità funzionale alla presentazione di una precisa richiesta o una memoria’ (Sez. 1, n. 34866 del 12/05/2021, COGNOME, Rv. 281893 – 02), perchØ la difesa della condannata non ha formulato una motivata richiesta di traduzione di uno o piø specifici atti in funzione di una istanza o memoria particolare che intendeva depositare.
2. Anche il secondo motivo Ł manifestamente infondato.
Il ricorso deduce che non Ł stato concesso alla condannata un termine per pagare, attesa la mancata indicazione precisa in sentenza di un termine entro cui adempiere l’obbligo.
L’argomento Ł manifestamente infondato, in quanto ‘in caso di sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento di un obbligo risarcitorio, il termine entro il quale l’imputato deve provvedere allo stesso, che costituisce elemento essenziale dell’istituto, va fissato dal giudice in sentenza ovvero, in mancanza, dal giudice dell’impugnazione, anche d’ufficio, o da quello dell’esecuzione, fermo restando che, ove non venga in tal modo fissato, lo stesso viene a coincidere con la scadenza dei termini di cinque o due anni previsti dall’art. 163 cod. pen. decorrenti dal
passaggio in giudicato della sentenza’ (Sez. U, n. 37503 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283577), pertanto nel caso in esame in cui la sentenza era divenuta irrevocabile il 29 maggio 2019, il termine per il pagamento della provvisionale alla parte civile scadeva il 29 maggio 2024.
Il ricorso deduce che, decorsi i cinque anni dalla irrevocabilità della sentenza, la sospensione condizionale della pena non poteva essere piø revocata, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, perchØ, a prescindere dalle particolarità della sospensione subordinata ad adempimenti di obblighi di cui all’art. 165 cod. pen., il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena, che ha natura dichiarativa, sostanziandosi in un atto ricognitivo di una decadenza già avvenuta ope legis prevale anche su una eventuale estinzione del reato intervenuta nelle more (Sez. 1, n. 44296 del 19/11/2024, Pg in proc. Caricola, Rv. 287153 – 01).
Il ricorso deduce che non Ł stato acquisito il fascicolo del giudizio di cognizione per verificare se la provvisionale fosse stata in qualche modo pagata, ma l’argomento Ł manifestamente infondato, in quanto la prova di un fatto che Ł nella disponibilità del condannato deve essere data dal condannato; se a fronte di una richiesta di revoca della sospensione condizionale per mancato adempimento della condizione, il condannato non dimostra di aver adempiuto la condizione, il giudice dell’esecuzione deve revocare la sospensione condizionale senza doversi attivare d’ufficio per rintracciare un eventuale pagamento di cui la parte non gli ha documentato l’esistenza.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata resiste alle censure che le sono state rivolte, e che il ricorso deve essere ritenuto inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente NOME COGNOME