Revoca Sospensione Condizionale: Chi Deve Provare l’Impossibilità di Pagare?
La sospensione condizionale della pena è un istituto fondamentale del nostro ordinamento, ma è spesso subordinata a condizioni precise, come il risarcimento del danno. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale: cosa succede se il condannato non paga? La risposta si concentra sul principio dell’onere della prova e sulla potenziale revoca sospensione condizionale.
I Fatti del Caso in Analisi
Il caso trae origine da una decisione del Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, che aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a un individuo condannato per truffa continuata. La revoca era stata disposta a causa del mancato pagamento, entro i sei mesi previsti, delle somme liquidate a titolo di provvisionale in favore della parte lesa.
Il condannato ha presentato ricorso, sostenendo che il giudice avrebbe dovuto accertare d’ufficio la sua impossibilità economica di adempiere, magari disponendo indagini tramite la Guardia di Finanza, prima di procedere con un provvedimento così severo.
La Decisione del Giudice dell’Esecuzione
Il giudice dell’esecuzione aveva rigettato le argomentazioni del condannato, motivando la sua decisione su due punti principali:
1. Presunzione di Possidenza: Il giudice ha ritenuto che il condannato disponesse di fondi, anche derivanti dalle stesse attività illecite per cui era stato condannato, sufficienti a coprire almeno in parte l’obbligo di pagamento.
2. Mancata Prova dell’Indigenza: A fronte di questa presunzione, il condannato non aveva fornito alcuna prova di trovarsi in una condizione di assoluta indigenza e impossidenza che gli impedisse di pagare.
Il giudice ha quindi concluso che, in assenza di tale dimostrazione da parte dell’interessato, la revoca sospensione condizionale fosse un atto dovuto.
L’Onere della Prova nella Revoca Sospensione Condizionale
Il cuore della questione giuridica risiede nell’individuazione del soggetto su cui grava l’onere della prova. Il ricorrente sosteneva che dovesse essere il giudice a indagare, ma la Corte di Cassazione, confermando la decisione precedente, ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza.
Citando una precedente sentenza (Cass. Pen., Sez. 3, n. 3197/2009), la Corte ha specificato che, quando il beneficio della sospensione è subordinato a un obbligo risarcitorio, non spetta al giudice della cognizione accertare le condizioni economiche del reo. Tale valutazione rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione, ma con una precisazione fondamentale: è il condannato a dover provare l’assoluta impossibilità di adempiere.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Le argomentazioni del ricorrente sono state liquidate come meramente oppositive e rivalutative dei fatti, non idonee a evidenziare vizi di legittimità. In particolare, la Corte ha sottolineato che la censura relativa alla mancata attivazione dei poteri istruttori del giudice (ai sensi dell’art. 666, comma 5, c.p.p.) era infondata, poiché tali poteri sono discrezionali e non un obbligo, specialmente quando la parte interessata non fornisce alcun principio di prova a sostegno della propria tesi. Il giudice dell’esecuzione aveva illustrato in modo logico e coerente le ragioni della sua decisione, rendendo le censure del ricorrente prive di fondamento.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza rafforza un principio cardine in materia di esecuzione penale: la responsabilità di dimostrare l’incapacità economica ricade interamente sul condannato che beneficia della sospensione condizionale. Non è sufficiente affermare di non poter pagare; è necessario fornire prove concrete e inequivocabili di una condizione di ‘assoluta impossibilità’. In mancanza di tale prova, il mancato adempimento degli obblighi imposti, come il pagamento della provvisionale, comporterà inevitabilmente la revoca sospensione condizionale, con tutte le conseguenze del caso, inclusa l’esecuzione della pena detentiva originariamente sospesa.
A chi spetta dimostrare l’impossibilità di pagare l’obbligo risarcitorio per evitare la revoca della sospensione condizionale?
Spetta esclusivamente al condannato l’onere di provare la sua assoluta impossibilità di adempiere all’obbligazione. Non è il giudice a dover indagare d’ufficio sulle condizioni economiche del reo.
Il giudice dell’esecuzione è obbligato a svolgere indagini sulle condizioni economiche del condannato prima di revocare il beneficio?
No, il giudice non è tenuto a svolgere accertamenti autonomi. I poteri istruttori sono discrezionali e la loro mancata attivazione non costituisce un vizio della decisione, soprattutto se il condannato non fornisce alcun elemento a sostegno della sua presunta indigenza.
Cosa succede se un ricorso contro la revoca della sospensione condizionale viene giudicato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione di revoca diventa definitiva. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10240 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10240 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LOCRI il 27/09/1979
avverso l’ordinanza del 21/06/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che:
con il provvedimento impugnato il Tribunale di Venezia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME con sentenza del medesimo Tribunale del 23 marzo 2023 a causa del mancato pagamento, nei termini ivi previsti (sei mesi dal passaggio in giudicato della decisione), delle somme liquidate in sentenza a titolo di provvisionale;
il giudice dell’esecuzione ha posto a fondamento il mancato adempimento, anche solo parziale, della prescrizione imposta;
ritenuto che:
il giudice ha motivato in punto di possidenza del condannato (anche derivante da fonti illecite di guadagno, visto che è stato condannato per truffa continuata), tale da consentire un adempimento, almeno parziale, e sulla non necessità di disporre indagini tramite la Guardia di Finanza;
a fronte di tali acquisizioni, il Tribunale ha segnalato la mancata dimostrazione di una condizione di assoluta indigenza e impossidenza del condannato;
tali considerazioni sono resistite nel ricorso introduttivo con argomentazioni di natura meramente oppositiva e sostanzialmente rivalutativa, oltre che tese ad evidenziare carenze motivazionali e violazioni di legge manifestamente insussistenti se solo si considera che «in tema di sospensione condizionale della pena, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento dell’obbligo risarcitorio dal giudice della cognizione, questi non è tenuto a svolgere alcun accertamento circa le condizioni economiche del reo, in quanto rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione valutare l’assoluta impossibilità di adempiere che impedisce la revoca del beneficio. (In motivazione la Corte, nell’enunciare il principio, ha ulteriormente precisato che incombe al condannato l’onere di provare l’assoluta impossibilità dell’adempimento)» (Sez. 3, n. 3197 del 13/11/2008, dep. 2009, Calandra, Rv. 242177 – 01);
risulta manifestamente infondata la censura riferita alla mancata attivazione dei poteri istruttori da parte del giudice dell’esecuzione a norma dell’art. 666, comma 5, cod. proc. pen.;
quanto esposto in punto di motivazione dell’ordinanza impugnata rende manifestamente infondate le censure in punto di difetto motivazionale, avendo il giudice dell’esecuzione illustrato le ragioni poste a fondamento della decisione;
considerato che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa n determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 30/01/2025