Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2416 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2416 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROVIGO nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a ANDRIA il 31/10/1970
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del TRIBUNALE di ROVIGO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Rovigo – nella veste di Giudice dell’esecuzione -, ha respinto l’istanza formulata dal P.M. volta ad ottenere, per quanto qui di interesse, la revoca, ex artt. 164 comma 4 e 168 comma 3 cod. pen., del beneficio della sospensione condizionale concesso a NOME COGNOME con decreto penale emesso dal G.I.P. di Rovigo il 04/02/2014, irr. il 07/04/2014, trattandosi di concessione verificatasi per la terza volta.
Osservava il G.E. come la concessione del beneficio con il decreto indicato fosse obiettivamente non spettante, avendo il NOME goduto del medesimo beneficio già due volte (con sentenza 04/09/2008, irr. il 10/10/2008, e con decreto penale 04/02/2014, irr. il 28/03/2014); risultava peraltro comprovata (senza necessità di acquisire i fascicoli dei relativi procedimenti) la circostanza che il giudice che aveva disposto il beneficio non fosse a conoscenza che NOME ne avesse già goduto due volte, dal momento che il decreto penale 04/02/2014, irr. il 28/03/2014, era stato emesso nella stessa data di quello oggetto della richiesta.
Purtuttavia, osservava il G.E. come ostasse all’accoglimento della richiesta formulata dal P.M. la circostanza che, essendo trascorso oltre un quinquennio dall’emissione del decreto penale 04/02/2014, irr. il 07/04/2014, senza che il COGNOME commettesse ulteriori reati, si era già verificato l’effetto estintivo di cui all’art 167 c pen., e che tale circostanza precludesse la revoca del beneficio.
Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovigo, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 168, 164 cod. pen. e 666 e 674 cod. proc. pen.
Ha errato il G.E. nel respingere la richiesta avanzata dal P.M. di Rovigo, non essendosi verificata la condizione per l’estinzione di cui all’art. 167 cod pen. avendo il COGNOME effettivamente commesso nel quinquennio altro delitto: precisamente dopo il delitto, compiuto il 16/04/2011, di cui al decreto penale 04/02/2014, irr. il 07/04/2014, COGNOME commetteva, il 16/06/2011, altro delitto di cui al decreto penale 04/02/2014, irr. il 28/03/2014.
Il sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME Il ricorso è infondato.
2. Il G.E. ha fatto corretta applicazione del GLYPH principio di diritto, recentemente enunciato da questa Corte, secondo il quale non è più consentito procedere alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, una volta che risulti positivamente decorso il termine di cinque anni dalla concessione dello stesso; e infatti, si è in tal caso ormai conclusa con esito favorevole la prova, che rappresenta il momento fondamentale del richiamato istituto. Tale regola ermeneutica è stata fissata da Sez. 1, n. 21603 del 20/02/2024, COGNOME, rv. 286411, a mente della quale: «Il giudice dell’esecuzione non può disporre, nei casi previsti dall’art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale della pena che il giudice della cognizione abbia concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. per l’esistenza di cause ostative a lui non documentalmente note, allorquando il beneficio si è ormai consolidato in ragione del decorso del termine e dell’avvenuta maturazione delle condizioni in presenza delle quali si determina, ex art. 167 cod. pen., l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione della pena».
Nella citata sentenza, si evidenzia che l’istituto della revoca previsto dall’art. 168, terzo comma, cod. pen. – che ha struttura e funzione del tutto diverse da quelle stabilite nel primo comma della medesima disposizione e che non è correlata al verificarsi di fatti nuovi che si pongano come fattore risolutivo del beneficio già concesso, né si atteggia a revoca di carattere decadenziale, costituendo piuttosto esercizio di un vero e proprio ius poenitendi – «dev’essere raccordato con quanto previsto dall’art. 167 cod. pen., che sancisce la definitiva impossibilità di far luogo all’esecuzione della pena principale e delle pene accessorie una volta che, ultimata la probation, il condannato non sia incorso, nel relativo arco di tempo, in comportamenti che ne abbiano contraddetto lo spirito, ossia in recidive considerate dalla norma rilevanti, e abbia soddisfatto gli obblighi impostigli » e che, in virtù di tali caratteristiche, «la revoca in esame non interviene a sanzione di condotte sopravvenute, idonee, in quanto manifestatesi nel corso del quinquennio (o biennio), e solo perché tali, ad escludere l’operatività del meccanismo di estinzione del reato. Se la legge consente ora, a certe condizioni, di rimediare a un vizio genetico del provvedimento concessivo, l’attivazione del rimedio incontra un limite, logico e giuridico, nell’antecedente avveramento dell’effetto estintivo ex art. 167 cod. pen., posto che tale effetto non è normativamente impedito durante la latenza della situazione giuridica evocata dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., e posto che l’effetto stesso risulta irreversibile, beninteso al verificarsi delle condizioni ivi stabilite, pur se la relat declaratoria (implicitamente ammessa dall’ordinamento: Sez. 1, n. 38043 del 27/10/2006, COGNOME, Rv. 235167) non sia ancora intervenuta». La soluzione indicata si è, inoltre, evidenziato nella citata sentenza – «è coerente con il quadro normativo, in cui l’esito di estinzione del reato si produce per legge alla presenza delle condizioni stabilite (analogamente, a proposito dell’analogo istituto previsto in caso di pena patteggiata, Sez. 1, n. 5501 del 29/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268994),
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nonché con le esigenze di stabilità del sistema e di certezza delle situazioni giuridiche», posto che «a ragionare diversamente, il condannato – pur in assenza di fatti colpevoli successivi, e rigorosamente delimitati nel tempo, a sé ascrivibili – rimarrebbe esposto sine die all’eventualità di un’esecuzione penale, ancorché in origine illegittimamente sospesa, oltre ogni ragionevole limite di proporzione tra il trascorrere inerte del tempo e il rilievo della persistente necessità di punire».
Nel caso di specie, la sentenza che ha accordato il beneficio al COGNOME risale al 04/02/2014 ed è divenuta irrevocabile il 07/04/2014; successivamente alla data di irrevocabilità di detto provvedimento il COGNOME non ha commesso reati per oltre un quinquennio, di talchè, in ossequio ai principi sanciti da questa Corte e sopra richiamati, essendosi verificato l’effetto estintivo ex art. 167 cod. pen. e consolidato il beneficio già concesso, la revoca della sospensione condizionale della pena concessa in violazione degli artt. 168, terzo comma, cod. pen. e art. 164 cod. pen., è da ritenersi preclusa.
Frutto di evidente errore appare quindi la considerazione del P.M. ricorrente, laddove afferma non essersi verificata l’estinzione del reato perché, dopo il delitto, compiuto il 16/04/2011, di cui al decreto penale 04/02/2014, irr. il 07/04/2014 – che ha concesso il beneficio -, NOME commetteva, il 16/06/2011, altro delitto di cui al decreto penale 04/02/2014, irr. il 28/03/2014: il termine quinquennale per l’estinzione del delitto decorre infatti dal passaggio in giudicato della sentenza, e non dalla commissione del reato (cfr. ex pluris Sez. 1 n. 24999 del 31/05/2022, Rv. 283404 01), e quindi, nel caso che ci occupa, dal 07/04/2014. Correttamente il G.E. ha evidenziato come, a partire dal 07/04/2014, COGNOME per oltre un quinquennio non ha commesso reati (il successivo essendo infatti datato 01/10/2021), non rilevando, all’evidenza, la commissione di altro reato in epoca antecedente al passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso.
La natura pubblica della parte ricorrente osta alla condanna alle spese processuali, in deroga agli ordinari principi in materia di soccombenza (Sez. U, n. 3775 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271650-01).
P.Q. M .
rigetta il ricorso.
Così deciso il 30/10/2024