Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 39253 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 39253 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/04/2024 del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME;
)lettej -sentite i conciusioni del PG
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 8 aprile 2024, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su richiesta del Pubblico Ministero, revocava il beneficio della sospensione condizionale che era stato concesso ad NOME COGNOME con la sentenza di condanna emessa dallo stesso Tribunale il 7 febbraio 2023, divenuta irrevocabile il 24 maggio 2023. La revoca era ricondotta all’ipotesi prevista dagli artt. 168, terzo comma, e 164, quarto comma, cod. pen., sulla base della constatazione che, al momento della pronuncia di tale sentenza, e sebbene il giudice della cognizione non ne fosse a conoscenza, COGNOME aveva già ottenuto il medesimo beneficio per due volte, con le sentenze emesse dal citato Tribunale il 15 maggio 2000 e il 16 settembre 2000.
Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione, con atto in cui deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge. Afferma che il giudice dell’esecuzione non avrebbe dovuto disporre la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in relazione alla citata condanna del 7 febbraio 2023, perché la pena inflitta con la menzionata sentenza del 15 maggio 2000 era «coperta da indulto», in forza della legge 31 luglio 2006 n. 241.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che l’indulto, pur estinguendo la pena e facendone cessare l’espiazione, non ha tuttavia alcuna efficacia ablativa circa gli altri effetti derivanti dalla condanna (Sez. 1, n. 395 del 18/10/2007, Rv. 237755 – 01).
1.2. In applicazione del richiamato principio di diritto, pienamente condivisibile, deve affermarsi, con riferimento al caso specifico ora in esame, che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione è immune dai vizi lamentati e che le doglianze difensive non colgono nel segno, poiché il giudice dell’esecuzione ha correttamente applicato gli artt. 168, terzo comma, e 164, quarto comma, cod.
pen., e giustamente non ha attribuito alcun peso, ai fini di tale revoca, alla tes difensiva secondo la quale la pena inflitta per prima sarebbe estinta per indulto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, 25 giugno 2024.