Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44275 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44275 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposta da:
NOME nato a Napoli il 28/07/1953;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Velletri, in funzione di giudice dell’esecuzi del 03/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procurato generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Velletri, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’opposizione di NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso dal medesimo Tribunale in data 29 giugno 2023, con il quale era respinta la richiesta di declaratoria di estinzione ex art. 167 cod. pen. dei reati di cui alle sentenze della Pretura di Napoli del 21 febbraio 1973 e del Tribunale militare di Napoli del 14 novembre 1975 con le quali era stata concessa al predetto la sospensione condizionale della pena, successivamente revocata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri con sentenza del 24 novembre 2011 (divenuta irrevocabile il giorno 6 dicembre 2016) in quanto l’COGNOME era stato dichiarato delinquente professionale.
Il giudice dell’esecuzione ha osservato che la richiesta di cui sopra era infondata dato che la dichiarazione di estinzione del reato ex art. 167 cod. pen. presuppone che la sospensione condizionale della pena sia stata concessa nel rispetto dei presupposti di legge e che non debba essere revocata per una delle cause previste dall’art. 168 cod. pen., come invece verificatosi nel caso in esame.
Avverso la predetta ordinanza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 dísp. att. cod. proc. pe insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 167, 168, 164, 105 e 109 cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione, osservando che la revoca della sospensione condizionale concessa con le due sentenze sopra indicate non poteva essere disposta essendo intervenuta, prima ancora di tale revoca, l’estinzione dei reati a norma dell’art. 167 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Come noto la sospensione condizionale della pena è istituto orientato ad esigenze di prevenzione speciale e di rieducazione (Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, Rochira, Rv. 270588-01; Sez. 5, n. 1136 del 05/04/2013, dep. 2014, Held, Rv. 258822-01; Sez. 1, n. 26633 del 10/06/2008, Zara, Rv. 240858-01; Sez. 1, n. 3999 del 28/10/1991, COGNOME, Rv. 188701-01). Entro limiti predeterminati di concedibilità, oggettivi e soggettivi, l’ordinamento penale
rinuncia all’esecuzione della pena, previa prognosi di non recidivanza nel reato (da condurre sulla base degli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.: tra le molte, Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, COGNOME, Rv. 263534-01) e sul presupposto che la prognosi si inveri all’esito del previsto periodo di sperimentazione, nonché sul presupposto ulteriore, ove la sospensione sia accompagnata da obblighi positivi a contenuto risocializzante, che questi ultimi siano tempestivamente soddisfatti.
2.1. La concessione del beneficio è, quindi, subordinata ad un giudizio di meritevolezza in chiave prognostica, nella prospettiva della mancata ricaduta nel reato e dell’adempimento degli eventuali obblighi accessori e la legge impone la caducazione del beneficio allorché risultino indici certi a smentita della prognosi. L’art. 168, primo comma, n. 1), cod. pen. stabilisce, infatti, che la sospensione condizionale è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti (cinque anni per i delitti, due anni per le contravvenzioni, decorrenti dalla irrevocabilità del titolo: Sez. 1, n. 24999 del 31/05/2022, Fulle, Rv. 283404-01), il condannato commetta un delitto, o una contravvenzione della stessa indole, per i quali sia inflitta pena detentiva, o non adempia agli obblighi imposti. Specularmente, se tali termini decorrono senza che le anzidette cause di revoca risultino integrate, il reato è definitivamente estinto e la pena – sia la principale, sia le eventuali accessorie non è eseguita, a norma dell’art. 167 cod. pen. (restano viceversa fermi gli altri effetti penali: tra le molte, Sez. 2, n. 6017 del 09/01/2024, Messina, Rv. 28586301). La revoca della sospensione è legata, dunque, a sopravvenienze qualificate. La recidiva delittuosa o il mancato adempimento degli obblighi funzionano, nelle ipotesi indicate, come ragioni di decadenza da un beneficio che il condannato non si è dimostrato degno di mantenere.
Di qui derivano, con specifico riferimento all’ipotesi della recidiva nel quinquennio (o nel biennio), due importanti corollari. Da un lato, ai fini della revoca della sospensione, non possono considerarsi rilevanti le pendenze giudiziarie non definitive, in quanto la condizione legittimante il provvedimento di rigore è unicamente la certa commissione di un nuovo reato nel termine di probation, commissione che deve essere accertata con sentenza irrevocabile, in ragione della presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, primo comma, Cost. (Sez. 1, n. 17878 del 30/01/2017, COGNOME, Rv. 269824-01). Sicché la sede elettiva per la revoca è proprio quella esecutiva, mentre il potere di disporla, che in tal caso può esercitare anche d’ufficio il giudice che procede in ordine al nuovo reato, ha per lui natura meramente facoltativa e surrogatoria (Sez. 1, n. 39190 del 09/07/2021, COGNOME, Rv. 282076-01; Sez. 1, n. 24103 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 28143201; Sez. 1, n. 30710 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276408-01), restando comunque l’efficacia della revoca, decretata in cognizione, subordinata al passaggio in giudicato della nuova sentenza.
2.2. Per contro, la commissione del reato nuovo, dal quale la legge fa dipendere la revoca del beneficio, e con essa l’impedimento all’effetto estintivo del reato in relazione al quale era stato accordato, rileva se avvenuta nel quinquennio (o nel biennio), indipendentemente dalla data di irrevocabilità della sentenza che la accerta (Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Rv. 279015-01). Quest’ultima sentenza è meramente ricognitiva di un effetto decadenziale già prodottosi con la ricaduta nel reato, che costituisce condizione per la revoca. Gli effetti di diritto sostanziale risalgono de iure al momento, antecedente la nuova pronuncia giudiziale e indipendente da essa, in cui si è verificata detta condizione, sicché il provvedimento di revoca prende atto di una situazione (il venir meno della clausola di sospensione) già determinatasi per legge, in conseguenza del reato sopravvenuto e accertato con pronuncia passata in giudicato (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, COGNOME, Rv. 210798-01).
2.3. L’art. 168, terzo comma, cod. pen., introdotto dalla legge 26 marzo 2021, n. 128, prevede, a sua volta, che la sospensione condizionale della pena sia revocata, ove concessa in violazione dei limiti di reiterabilità previsti dall’art. 164, ultimo comma, cod. pen. La revoca in esame può essere disposta sia in sede di cognizione, che in sede di esecuzione (art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen.), a condizione, in entrambi i casi, che i precedenti preclusivi non fossero documentalmente noti al giudice che aveva concesso il beneficio obiettivamente non spettante (essendo il giudice, che delibera sulla revoca, tenuto ad acquisire, anche d’ufficio, il fascicolo del giudizio antecedente per la doverosa verifica al riguardo: Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, COGNOME, Rv. 264381-01; Sez. 3, n. 34387 del 27/04/2021, COGNOME, Rv. 282084-01). La revoca è obbligatoria, in presenza di tale ultima condizione, e il giudice di cognizione, che la decreti d’ufficio, non viola il divieto di reformatio in peius, in quanto neppure tale provvedimento presuppone un’attività discrezionale o valutativa, bensì puramente ricognitiva e dichiarativa di una preesistente situazione di illegalità (Sez. 6, n. 51131 del 15/11/2019, COGNOME, Rv. 277570-01; Sez. 2, n. 37009 del 30/06/2016, Seck, Rv. 267913-01; Sez. 1, n. 21872 del 12/02/2003, Savignano, Rv. 224400-01).
La revoca, prevista dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., ha struttura e funzione del tutta diverse da quelle stabilite nel primo comma. Essa non è costitutivamente correlata al verificarsi di fatti nuovi, che si pongano come fattore risolutivo del beneficio già concesso, né si atteggia dunque a revoca di carattere decadenziale, costituendo piuttosto esercizio di un vero e proprio ius poenitendi (revoca in senso stretto). Dal lato finalistico, essa pone rimedio non già alla constatata frustrazione degli scopi della sospensione condizionale, bensì all’inesistenza, originaria, dei presupposti applicativi del beneficio.
Ciò posto, il nuovo istituto deve essere raccordato con le previsioni di cui all’art. 167 cod. pen., che sancisce la definitiva impossibilità di far luogo all’esecuzione della pena principale e delle pene accessorie una volta che, ultimata la probatíon, il condannato non sia incorso, nel relativo arco di tempo, in comportamenti che ne abbiano contraddetto lo spirito, ossia in recidive considerate dalla norma rilevanti, e abbia soddisfatto gli obblighi impostigli. Proprio in virtù delle caratteristiche strutturali e funzionali sopra illustrate, la revoca in esame non interviene a sanzione di condotte sopravvenute, idonee, in quanto manifestatesi nel corso del quinquennio (o biennio), e solo perché tali, ad escludere l’operatività del meccanismo di estinzione del reato. Se la legge consente ora, a certe condizioni, di rimediare ad un vizio genetico del provvedimento concessivo, l’attivazione del rimedio incontra un limite, logico e giuridico, nell’antecedente avveramento dell’effetto estintivo ex art. 167 cod. pen., posto che tale effetto non è normativamente impedito durante la latenza della situazione giuridica evocata dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., e posto che l’effetto stesso risulta irreversibile, beninteso al verificarsi delle condizioni ivi stabilite, pur se la relativa declaratoria (implicitamente ammessa dall’ordinamento: Sez. 1, n. 38043 del 27/10/2006, COGNOME, Rv. 235167-01) non sia ancora intervenuta.
La soluzione indicata è coerente con il quadro normativo, in cui l’esito di estinzione del reato si produce per legge in presenza delle condizioni stabilite (analogamente, a proposito dell’analogo istituto previsto in caso di pena patteggiata, Sez. 1, n. 5501 del 29/09/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 26899401), nonché con le esigenze di stabilità del sistema e di certezza delle situazioni giuridiche. A ragionare diversamente, il condannato – pur in assenza di fatti colpevoli successivi, e rigorosamente delimitati nel tempo, a sé ascrivibili rimarrebbe esposto sine die all’eventualità di un’esecuzione penale, ancorché in origine illegittimamente sospesa, oltre ogni ragionevole limite di proporzione tra il trascorrere inerte del tempo e il rilievo della persistente necessità di punire (se solo si consideri che, a norma dell’art. 172, quinto comma, cod. pen., richiamato per le contravvenzioni dal terzo comma dell’art. 173, se l’esecuzione della pena è subordinata al verificarsi di una condizione, nel caso di specie rappresentata dalla revoca del beneficio sospensivo, il termine di prescrizione non decorre sino al giorno in cui la condizione si è verificata).
Va dunque confermato il principio di diritto, in forza del quale la revoca della sospensione condizionale della pena, nei casi previsti dall’art. 168, terzo comma, cod. pen., non può intervenire quando ormai il beneficio si è consolidato, essendo decorso il termine ed essendo maturate le condizioni al cui cospetto si determina,
ai sensi dell’art. 167 dello stesso codice, l’estinzione del reato e non ha luogo l’esecuzione della pena.
Nel caso di specie, la sospensione condizionale è stata revocata perché l’odierno ricorrente era stato dichiarato delinquente professionale, ma la revoca è stata pronunciata (vedendosi in tema sia di delitto che di contravvenzione) ben oltre il quinquennio ed il biennio dalla irrevocabilità dei rispettivi titoli, senza che fossero maturate cause di decadenza dal beneficio. La revoca non poteva pertanto essere decretata, alla stregua delle considerazioni che precedono.
5. Segue, pertanto, la declaratoria di estinzione, ai sensi dell’art. 167 cod. pen., dei reati di cui alle due sentenze sopra indicate pronunciate nei confronti di NOME COGNOME con il conseguente annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara estinti i reati giudicati con le sentenze del Pretore di Napoli del 21 febbraio 1973 e del Tribunale militare di Napoli del 14 novembre 1975.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024.