Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38819 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38819 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Benevento il DATA_NASCITA
Parti civili: COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME
avverso la sentenza del 27/02/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che la Corte di Cassazione voglia
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; rigettare il ricorso.
letta la memoria di replica dell’AVV_NOTAIO del foro di Roma.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 27/02/2024 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Civitavecchia il 09/02/2023 con la quale l’imputato appellante NOME COGNOME era stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione ed euro 450,00 di multa perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 646 cod. pen. – così riqualificata l’originaria imputazione di fur aggravato – per essersi impossessato, quale conduttore di un esercizio commerciale, di arredi vari, di proprietà dei locatori, costituitisi parte civile;
altresì revocato il beneficio della sospensione condizionale concessa dal primo giudice.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, eccependo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine: alla mancata previsione nel decreto di citazione a giudizio per l’appello della partecipazione delle parti con le forme dell’art. 127 cod. proc. pen., riguardando l’impugnazione anche l’applicazione della pena sostitutiva; alla ritenuta tempestività della querela, sulla base di un’errata indicazione della data di conoscenza dell’illecito, senza tener conto di quanto evidenziato a riguardo nei motivi di appello; alla revoca di ufficio della sospensione condizionale della pena, in assenza di specifico motivo di gravame o di richiesta della pubblica accusa; ai requisiti per la concessione del beneficio, correttamente valutati dal primo giudice (non erano superati i limiti dell’art. 163 cod. pen, anche cumulando le precedenti condanne; la sospensione non era stata mai concessa in precedenza, in quanto, in relazione alla prima condanna, la pena risultava espiata con l’affidamento in prova al servizio sociale e, con riferimento alla seconda, vi era stata applicazione dell’indulto); all’omissione, da parte della Corte di appello, dopo la pronuncia di condanna, del medesimo avviso previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen. nell’ambito del giudizio di primo grado, al fine di consentire all’imputato di valutare l’opportunità di chiedere una sanzione sostitutiva, in ragione della revoca della sospensione condizionale della pena.
Con memoria di replica del 19 settembre 2024 il difensore ha contestato le conclusioni del Procuratore Generale, insistendo nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
Il ricorso è parzialmente fondato, nei termini che seguono.
DECRETO CITAZIONE APPELLO E AVVISO DELLA PARTECIPABILITA’ UDIENZA 3.1 Per quanto riguarda la tardività della querela, trattasi di eccezione che comporta accertamenti di fatto che sono devoluti al giudice di merito; la corte territoriale, con argomentazioni immuni da vizi logici e basate su precisi riferimenti istruttori, ha confermato la tempestività della querela sporta il 4 luglio 2018 rispetto alla notizia dell’appropriazione, avvenuta solo a seguito del sopralluogo del 22 giugno 2018, dopo la risoluzione per inadempimento del contratto di locazione e la mancata restituzione delle chiavi dei locali, con conseguente ricorso all’autorità giudiziaria per il rilascio. UDIENZA
3.2. Con riferimento alla revoca d’ufficio della sospensione condizionale della pena, i rilievi del ricorrente circa la violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. sono, invece, pertinenti.
Deve considerarsi, infatti, che la Corte di appello ha revocato il beneficio sul presupposto della sua erronea concessione da parte del primo giudice, per non aver considerato la condizione ostativa prevista dall’art. 164, comma secondo, n.1 cod. pen. (“COGNOME non poteva fruire del beneficio, essendo stato già condannato per delitto…” – pag. 6).
La revoca è stata disposta, quindi, al di fuori delle previsioni di cui all’art. 1 cod. pen. nell’esercizio di un potere – ritenuto officioso – di emenda di un errore in diritto nel quale era incorso il Tribunale.
Sulla questione della revoca della sospensione condizionale della pena da parte del giudice di appello sono intervenute le sezioni unite, enunciando i seguenti principi di diritto che, pur riguardando specificamente l’art. 168 cod. pen., è opportuno richiamare (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210798 01).
Il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall’art. 168, comma primo, cod. pen. ha natura dichiarativa. Conseguentemente gli effetti di diritto sostanziale risalgono de jure al momento in cui si è verificata la condizione, anche prima della pronuncia giudiziale, e indipendentemente da essa. Sicché il provvedimento di revoca non è che un atto ricognitivo della caducazione del beneficio già avvenuta ope legis al momento del passaggio in giudicato della sentenza attinente al secondo reato. Ne consegue che il giudice di appello svolgendo un’attività puramente ricognitiva e non discrezionale o valutativa e senza, pertanto, contravvenire al divieto di reformatio in peius ha il potere, anche se l’impugnazione sia stata proposta dal solo imputato, di revocare la sospensione condizionale concessa con altra sentenza irrevocabile in altro giudizio, negli stessi termini in cui tale potere è attribuito al giudice dell’esecuzione. Al contrario nell’ipotesi prevista dal secondo comma dello stesso art. 168 cod. pen., il provvedimento di revoca non è dichiarativo, ma costitutivo, e implica una valutazione che resta preclusa perciò al giudice di appello, così come al giudice dell’esecuzione; sicché, in assenza di impugnazione sul punto del pubblico ministero, al giudice di appello è inibito un provvedimento che lederebbe a un tempo il principio del favor rei e quello devolutivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Fissati tali principi, si è altresì puntualizzato in un obiter il corollario – rilevante ai fini della presente decisione – secondo cui diversa è l’ipotesi (considerata anche da Sez. 4, 28/12/1993, dep. 1994, Di Vetta, Rv. n. 196610) di revoca di benefici «erroneamente» concessi, al di fuori, cioè, delle condizioni indicate dagli artt. 163 e 164 cod. pen. In questo caso – si è sostenuto, in termini del tutto condivisibili il giudice di appello non viene a dichiarare una caducazione già avvenuta ope legis, ma compie una rivisitazione (di merito) della precedente decisione (perché in violazione di legge), in assenza, però, di impugnazione del pubblico ministero. Il
che è a lui vietato proprio dal disposto dell’art. 597, comma 3, contravvenendosi ad un tempo al principio del favor rei ed a quello devolutivo, ai quali è agganciato il divieto della reformatio in peius.
La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvia limitatamente alla revoca della sospensione condizionale della pena inflitta, statuizione che si elimina, con conseguente conferma del beneficio concesso dal primo giudice.
3.3. Il primo e l’ultimo motivo di ricorso riguardano la pena sostitutiva, in astratto applicabile alla fattispecie in esame.
In tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, infatti, il divieto di farne applicazione nei casi in cui sia disposta la sospensione condizionale della pena, previsto dall’art. 61-bis, legge 24 novembre 1981, n. 689, introdotto dall’art. 71, comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non si estende ai fatti – come quello di specie – commessi prima dell’entrata in vigore di tale ultima disposizione, trovando applicazione, per la natura sostanziale della previsione con essa introdotta, il disposto di cui all’art. 2, comma quarto, cod. pen., che, in ipotesi di successione di leggi penali nel tempo, prescrive l’applicazione della norma più favorevole all’imputato (Sez. 3, n. 33149 del 07/06/2024, V., Rv. 286751 – 01).
I motivi a riguardo sono tuttavia manifestamente infondati.
Sostiene il ricorrente che “poiché il giudizio di appello riguardava anche l’applicazione della pena sostitutiva, il decreto di citazione doveva essere emesso disponendo la partecipazione delle parti con le forme dell’art. 127 cod. proc. pen.”, richiamando a tal fine gli artt. 599 e 429, comma 1, d-bis cod. proc. pen. (norma, quest’ultima, che si riferisce in realtà non alle sanzioni sostitutive ma alla possibilità di accesso al programma di giustizia riparativa).
Non considera, tuttavia, che solo la tempestiva richiesta delle parti avrebbe giustificato la trattazione orale del giudizio, da celebrarsi, altrimenti, con il rito c cartolare; istanza non formulata dal difensore.
Quanto al mancato avviso nel decreto di fissazione dell’udienza della facoltà della parte di accedere ai programmi di giustizia riparativa, trattasi di una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 lett. c) cod. proc. pen., che doveva essere eccepita, in base all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., entro il termine per presentare le conclusioni (cfr. Sez. 4, n. 32360 del 09/05/2023, Cela, Rv. 284926), restando precluso l’esame di eccezioni a riguardo in sede di legittimità ove la questione è stata prospettata per la prima volta.
Circa l’ultimo sintetico motivo di ricorso, è sufficiente ribadire che il giudice non è tenuto a proporre, in ogni caso, all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, sicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza,
presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. il 2024, S., Rv. 285710 – 01); motivo da ritenersi, pertanto, manifestamente infondato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla revoca della sospensione condizionale della pena, che elimina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma il 24/09/2024
Il Consigliere estensore
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