Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36267 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36267 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in EGITTO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 25/03/2025 della CORTE di APPELLO di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l ‘annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla revoca della sospensione condizionale, con rigetto del ricorso nel resto;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610 comma 5 e 611 comma 1bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Torino ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di furto aggravato ed indebito utilizzo del bancomat della persona offesa, procedendo altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza di primo grado.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione la difesa de ll’imputato, formulando due motivi.
2.1. Innanzitutto, si lamenta (sotto l’egida dell’art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.) la violazione di legge (artt. 125 e 533 cod. proc. pen.) per carenza ed apparenza o omissione della motivazione.
La motivazione d’appello non si è confrontata adeguatamente con i diversi profili di censura dell’atto di appello, in particolare in relazione alla credibilità della persona offesa.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta ( ex art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.) la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla revoca della sospensione condizionale della pena.
La Corte ha esercitato il potere ufficioso senza verificare se le cause ostative fossero già note al primo giudice. In difetto di tale accertamento, v’è stata violazione del divieto di reformatio in peius .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento in relazione al secondo motivo mentre va dichiarato inammissibile nel resto, alla luce della genericità e manifesta infondatezza del primo motivo di impugnazione.
Partendo dal primo motivo di ricorso, esso è intriso di genericità, in quanto privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art. 591 lett. c) cod. proc. pen.
Va considerato che si è in presenza di una c.d. “doppia conforme” in punto di affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i reat i ascrittigli, con la conseguenza che le due sentenze di merito possono essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi criteri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01).
Ciò premesso, è del tutto evidente che, a fronte di una sentenza di appello che ha fornito, in conformità alla sentenza di primo grado, una risposta al motivo di gravame attinente alla responsabilità, la pedissequa riproduzione dello stesso come motivo di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, il motivo, privo dei requisiti di cui all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta, va considerato non specifico ma soltanto apparente, in quanto omette di
assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425 – 01).
Al profilo della genericità del motivo, si aggiunge altresì una formulazione dello stesso che non è consentita in questa sede poiché, senza attingere ad alcuna delle categorie di vizio di motivazione evocabili in cassazione (art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.), esso si risolve in una doglianza sul merito della decisione, senza affatto spostare l’oggetto della critica sulla congruenza della motivazione nei soli termini in cui tale critica possa essere effettuata in cassazione, cioè per omissione, contraddittorietà o manifesta (e non ‘mera’, ‘semplice’ o ‘sola’) illogicità. La censura, poi, si dilunga su questioni come la credibilità della persona offesa, l’insufficienza dei riscontri alle sue dichiarazioni, l’approssimazione della quantificazione degli ammanchi, la vaghezza della deposizione, e che si immerge nella valutazione delle prove -con ampie trascrizioni del contenuto dei verbali: cfr. pg. 12/14 – dimenticando, o ignorando, che tutto questo è merito, ed è estraneo al giudizio di questa Corte la cui funzione è solo quella della valutazione della logicità del percorso giustificativo della decisione, in base ai parametri sopra indicati e che, tuttavia, nel ricorso sono totalmente ignorati, a testimonianza di una tecnica redazionale che ne impedisce lo scrutinio.
3. Il secondo motivo merita accoglimento.
Costituisce infatti principio consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, che, laddove la revoca della statuizione non consista nella mera ‘presa d’atto’ di un fatto giuridico già verificatosi per la realizzazione delle condizioni di legge, come acc ade nel caso previsto dall’art. 164, primo comma, cod. pen., il giudice di appello, in assenza di impugnazione da parte del Pubblico ministero, non possa rimediare alla erronea concessione della sospensione condizionale della pena da parte del giudice di primo grado, essendo questo potere riservato al giudice della esecuzione.
L’insegnamento discende, in particolare , dalla Sentenza delle Sezioni Unite ‘ Cerroni ‘ (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, Rv. 210798 – 01) che, con riguardo alla revoca conseguente da originaria illegittimità, per erroneità della concessione del beneficio (che è l’ipotesi che ora interessa), ha evidenziato che il provvedimento non è equiparabile a quello che dichiara una caducazione già avvenuta ope legis (come quello ex art. 164, primo comma, cod. pen.), e non ha quindi un contenuto meramente ricognitivo. Il giudice, in tale ipotesi, compie infatti una rivisitazione di merito della precedente erronea decisione, assunta in
violazione di legge. Da qui la conclusione secondo cui il giudice di appello non può emettere tale tipo di revoca in assenza di impugnazione del pubblico ministero, perché a ciò è di ostacolo il disposto dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. in punto di divieto della reformatio in peius , con la precisazione che, se il giudice lo avesse fatto, avrebbe contravvenuto, ad un tempo, al principio del favor rei e al principio devolutivo.
Questo è quanto avvenuto nel caso che ora è dinnanzi alla Corte, poiché i giudici dell’appello, constatata la presenza di due pregressi ‘titoli ostativi’, hanno proceduto in assenza di domanda di parte, e quindi senza previa devoluzione a loro favore del punto della decisione ed in contrasto con il favor rei .
Ne consegue che la decisione debba essere annullata, ma senza rinvio, essendo sufficiente, in parte qua , l’elisione della pronuncia, nei termini indicati in dispositivo, con dichiarazione di inammissibilità del ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena che elimina.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 9 ottobre 2025
Il Consigliere relatore Il Presidente
NOME NOME COGNOME