Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44288 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44288 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRESCIA il 17/09/1962
avverso l’ordinanza del 20/06/2024 del TRIBUNALE di BRESCIA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 20 giugno 2024 il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza del pubblico ministero di revoca della sospensione condizionale della pena concessa a NOME COGNOME dal Tribunale di Brescia con sentenza del 27 marzo 2018, irrevocabile il 20 aprile 2018, per il reato di bancarotta fraudolenta per cui le era stata inflitta la pena di anni 2 di reclusione.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che nel caso in esame venivano in considerazione due diverse cause di revoca della sospensione condizionale: la revoca ex art. 168, comma 1, n. 1, cod. pen., per la commissione di delitto nei cinque anni dalla irrevocabilità della condanna, atteso che con sentenza della Corte d’appello di Brescia del 2 marzo 2023, irrevocabile il 17 maggio 2023, COGNOME è stata condannata alla pena di 3 anni, 8 mesi e 25 giorni di reclusione per una serie di delitti di natura fiscale e per quello di associazione a
delinquere commesso fino al 21 aprile 2019; e la revoca ex art. 168, comma 1, n. 2, cod. pen. per il sopraggiungere di ulteriore condanna (la stessa appena menzionata) ad una pena che comporta il superamento del limite dei due annidi reclusione di cui all’art. 163 cod. pen.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perché, anche se il reato oggetto della sentenza della Corte d’appello di Brescia del 2 marzo 2023 è indicato come consumato fino al 21 aprile 2019, in realtà tale data non è quella di cessazione della permanenza, ma soltanto quella di chiusura dell’attività tecnica di accertamento dei reati in precedenza commessi, e dalla lettura della sentenza di condanna si comprende come l’associazione a delinquere abbia cessato la propria permanenza quantomeno il 15 novembre 2017 quando l’Agenzia delle Entrate ha emesso una risoluzione che vietava l’accollo del debito d’imposta, che costituiva il modus operandi attraverso cui l’associazione commetteva le frodi fiscali per cui vi è condanna. Il giudice dell’esecuzione ha respinto la deduzione difensiva sostenendo che, in realtà, dalle conversazioni intercettate in data 9 gennaio 2019 e 4 marzo 2019 emergerebbe ancora l’operatività della associazione, ma le conversazioni non dimostrano l’operatività attuale dell’associazione, ma soltanto che gli associati, ricevuta notizia dell’accertamento fiscale, stavano concordando strategie per far ricadere la responsabilità su altri soggetti.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge perché non sussisterebbe neanche la causa di revoca della sospensione di cui al n. 2 dell’ad 168 cod. pen., in quanto la condanna sopravvenuta è divenuta irrevocabile 5 anni e 27 giorni dopo l’irrevocabilità della condanna che conteneva la sospensione condizionale della pena, e quindi oltre il termine massimo previsto dallo stesso art 168 cod. pen.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, in entrambi i suoi motivi.
Il primo motivo è fondato, perché, in presenza di una contestazione non precisa della data di commissione del reato, il giudice dell’esecuzione, per ritenere sussistente la causa di revoca della sospensione condizionale, deve effettuare in
GLYPH
proprio GLYPH l’accertamento GLYPH della GLYPH data GLYPH di GLYPH commissione GLYPH del GLYPH reato (Sez. 1, Sentenza n. 35846 del 29/05/2015, COGNOME, n.m.).
Nel caso in esame, la contestazione, contenuta nel decreto che dispone il giudizio e riportata nella intestazione della sentenza di primo grado, indica come data di commissione del reato “dal gennaio 2016 al 21 aprile 2019”, precisando, però, espressamente che il 21 aprile 2019 è la “data di cessazione dell’attività di intercettazione”, ovvero una data che, in realtà, nulla dice in ordine alla cessazione della permanenza del reato associativo.
Né questo vuoto nella indicazione della cessazione della permanenza del reato associativo è stato riempito dalla sentenza di condanna, che in motivazione, nelle pagine 287 e seguenti, dedicate al reato associativo, non si sofferma in modo specifico sulla data di commissione del reato, ed, in particolare, non precisa quando debba intendersi cessata la sua commissione.
In questo contesto, pertanto, il giudice dell’esecuzione era tenuto, come già premesso sopra, alla individuazione, agli effetti esecutivi, ed, in particolare, agli effetti della istanza di revoca della pena sospesa, della data di commissione del reato.
Il giudice dell’esecuzione, in realtà, lo ha fatto evidenziando l’esistenza di due conversazioni intercettate agli inizi del 2019, in cui uno degli interlocutori è la ricorrente, e da cui emergerebbe la protrazione delle condotte a data successiva quantomeno al 20 aprile 2018, in cui è divenuta irrevocabile la sentenza che concedeva il beneficio della pena sospesa oggetto di revoca.
Il percorso argomentativo della ordinanza impugnata sul punto, però, non resiste alle censure della difesa della ricorrente, che evidenzia che le conversazioni intercettate non sono, in realtà, indicative di una consumazione del reato in atto, perché, contenendo più che altro accordi tra gli indagati per concordare le versioni da fornire alla Guardia di Finanza che aveva palesato l’indagine fiscale, rivelano la consapevolezza degli indagati di essere parte di un meccanismo di frode fiscale, ma non la esistenza attuale del reato.
Tali conversazioni sono state assunte, pertanto, in modo manifestamente illogico, come rivelatrici ex se della data di consumazione del reato associativo, non potendosi ricavare da esse la permanenza del reato associativo fino alla data in cui esse avvengono.
D’altronde, in un contesto in cui i reati per cui è stata condannata la odierna ricorrente (in particolare, i capi di imputazione dal n. da 37 al n. 47) descrivono fatti commessi tutti tra il 2015 ed il 2017, la circostanza che il reato associativo fosse ancora in essere alla data delle conversazioni intercettate avrebbe dovuto essere retta da basi argomentative più solide di quelle esposte nell’ordinanza impugnata.
In definitiva, il motivo è fondato.
2. Anche il secondo motivo è fondato.
L’ordinanza impugnata ha motivato la revoca della sospensione condizionale anche con il sopraggiungere della ulteriore sentenza di condanna di cui all’art. 168, comma 1, n. 2, cod. pen. per delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti massimi di cui all’art. 163 cod. pen.
In realtà, però, la giurisprudenza di legittimità ritiene che “la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena implica che la condanna, per il delitto anteriormente commesso, sia divenuta irrevocabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio e prima della scadenza dei termini di durata dello stesso (Sez. 1, Sentenza n. 47050 del 29/11/2017, dep. 2018, Szal, Rv. 274333; conformi Sez. 1, n. 39867 del 24/09/2012, COGNOME, Rv. 253368; Sez. 4, n. 45716 del 11/11/2008, COGNOME, Rv. 242036).
E, nel caso in esame, la sentenza che ha determinato la revoca del beneficio era divenuta irrevocabile successivamente al compimento del quinto anno decorrente dalla data irrevocabilità della sentenza che aveva concesso il beneficio.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte, e che essa deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio, in cui dovranno essere applicati i principi di diritto indicati nel percorso logico della motivazione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Brescia.
Così deciso il 6 novembre 2024
Il consigliere estensore
Il pr idente