Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5659 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 5659  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Firenze il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 4535 della Corte di appello di Firenze del 2 dicembre 202
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore genera NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibili del ricorso;
letta, altresì, la memoria di replica datata 4 settembre 2023 della dif ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con sentenza pronunziata in data 2 dicembre 2022, ha – in parziale riforma della sentenza con la quale, i precedente 20 dicembre 2021, il Tribunale di Firenze aveva dichiarato la penale responsabilità di COGNOME NOME NOME ordine ai reati a lui ascritti, aventi ad ogge la violazione dell’art. 5 del dlgs n. 74 del 2000, per avere egli, nella ves legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, al fine di evadere le imposte, omesso di presentare, quanto agli anni di imposta 2011 e 2012, le obbligatorie dichiarazioni fiscali, conseguendo un vantaggio finanziario superiore alle soglie di punibilità, e lo aveva pertanto condannato, unificati i reati sotto il vin della continuazione ed escluse le attenuanti generiche, alla pena ritenuta d giustizia, disponendo altresì la revoca della sospensione condizionale della pena concessa a beneficio del COGNOME in occasioni di precedenti condanne a lui inflitte – a sua volta revocato la revoca delle disposte sospensioni condizionali dell pena limitatamente a quelle riguardanti le sentenze del 14 gennaio 2016, irrevocabile il 30 giugno 2016, e del 16 dicembre 2016, irrevocabile il 30 maggio 2018, confermando nel resto la sentenza appellata.
Avverso la decisione emessa dalla Corte territoriale ha interposto ricorso per cassazione la difesa fiduciaria del COGNOME, articolando 3 motivi di ricorso.
Il primo motivo riguarda la violazione di legge per avere la Corte territoriale non annullato la sentenza del Tribunale che aveva considerato validamente operata la vocatio in iudicium del prevenuto
Il secondo motivo, logicamente subordinato all’eventuale rigetto del secondo, attiene alla violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza appello nel non avere rilevato la illegittimità della vocatio in iudicium del prevenuto di fronte al Tribunale, laddove si dovesse ritenere essere stat eseguita questa in data 27 giugno 2021, per l’udienza del 5 luglio 2021, stant il mancato rispetto del termine minimo a comparire di fronte al giudice.
Infine, con il terzo motivo di ricorso è stata lamentata la illegittimità, sotto il profilo della violazione di legge che sotto quello del vizio di motivazio della decisione avente ad oggetto l’avvenuta conferma della revoca della sospensione condizionale disposta con le sentenze emesse a carico del COGNOME in data 8 febbraio 2013, divenuta irrevocabile il 19 giugno 2013, ed in data 26 febbraio 2013, divenuta irrevocabile il 20 settembre 2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato dalla difesa del COGNOME è infondato e, pertanto, lo stesso deve essere rigettato.
Per comprendere meglio il senso del primo motivo di impugnazione, il cui contenuto attiene alla ritenuta violazione di legge, si richiamano a tale proposit le disposizioni in materia di notificazione degli atti tramite il servizio postal l’art. 420 -quater cod. proc. pen., Z i e ragioni della sua infondatezza è bene precisare le modalità attraverso le quale è intervenuta la citazione in giudizi del COGNOME di fronte al Tribunale di Firenze.
Si rileva, infatti, che il decreto di citazione a giudizio per l’udienza de maggio 2020 di fronte al Tribunale di Firenze era stato notificato (recte: si era cercato di notificarlo), una prima volta, all’imputato tramite il servizio posta con raccomandata con avviso di ricevimento inviata in data 13 settembre 2019; non essendo stato rinvenuto il COGNOME presso la sua abitazione, il plico contenente il decreto di citazione è stato depositato presso il locale Uffic postale e di tale operazione è stata data comunicazione al COGNOME con altra lettera raccomandata a lui indirizzata datata 16 settembre 2019; decorsi dieci giorni dall’avvenuto deposito del plico presso il citato Ufficio postale l’avviso ricevimento della prima raccomandata è stato restituito all’originario mittente con l’annotazione del mancato ritiro dell’atto.
Tuttavia, non essendo stata dimostrata l’avvenuta ricezione da parte del COGNOME della comunicazione dell’awenuto deposito della originaria citazione, non essendo stato allegato anche l’avviso di ricevimento della raccomandata a lui indirizzata contenente l’avviso dell’avvenuto deposito (cfr. nel senso de perfezionamento della notificazione non con la spedizione di tale raccomandata ma con la sua ricezione: Corte di cassazione, Sezione V penale, 1 giugno 2022, n. 21492), la notificazione di tale atto è stata ritenuta incompleta da parte d Tribunale che ha, pertanto, disposto la rinnovazione dell’incombente in questione per la successiva udienza alla quale ha rinviato la trattazione de giudizio.
Sostiene, a questo punto, il ricorrente che lo svolgimento di tale incombente, in quanto disposto ai sensi dell’art. 420 -quater cod. proc. pen. disposizione questa che disciplina, nel caso della assenza del prevenuto in dibattimento e “fuori delle ipotesi di nullità della notificazione”, la notificazi dell’avviso della nuova udienza in caso di assenza in dibattimento del prevenuto – non sarebbe stato idoneo a costituire un idoneo rapporto processuale, posto che esso sarebbe stato disposto non al di “fuori delle ipotesi di nullità de notificazione”.
Ritiene il Collegio che tale tesi sia errata, atteso che, per quanto emerge dagli atti, nella fase introduttiva della udienza tenutasi in data 7 dicembre 2020, non essendo ad essa presente l’imputato, il Tribunale di Firenze ha disposto la notificazione nei confronti del COGNOME dell’originario decreto di citazione a giudizio nonché del verbale delle operazioni svolte in pari data.
Queste sono consistite: a) nella presa d’atto da parte del Tribunale dell’avvenuta comunicazione informale (a mezzo fonogramma) della pendenza del procedimento a soggetto riguardo al quale non vi era la certezza che egli rispondesse alla identità del COGNOME; b) nella presa d’atto che quest’ultimo non risultava rappresentato nella sede giudiziaria da alcun difensore fiduciario; c) nell’ulteriore differimento della trattazione del procedimento alla udienza che si sarebbe tenuta in data 5 luglio 2021.
Essendo stati notificati gli atti di cui sopra, per quanto emerge dal contenuto del fascicolo (accessibile a questa Corte di legittimità stante la natura processuale della doglianza formulata dal ricorrente), a mani proprie del COGNOME in data 27 giugno 2021, la doglianza formulata dal ricorrente in ordine al vizio della notificazione del decreto di citazione a giudizio deve intendersi infondata, posto che, anche a voler ritenere che fosse viziata, stante la mancata allegazione della prova della ricezione da parte dell’imputato della comunicazione di avvenuto deposito della citazione per il 4 maggio 2020, siffatto adempimento è stato, comunque, nuovamente ì e questa volta con successo, eseguito per l’udienza del 5 luglio 2021, tramite consegna a mani del destinatario della vocatio in iudicium a lui indirizzata.
Nessun rilievo ha la circostanza, della quale non vi è peraltro la prova in atti, che la rinnovazione dell’adempimento sia stato disposto ai sensi dell’art. 420 -quater cod. proc. pen., posto che, avendo in ogni caso l’atto partecipativo raggiunto il suo scopo – cioè informare circostanziatamente il destinatario dell’atto in questione del fatto che lo stesso avrebbe dovuto, in un determinato giorno e di fronte ad un determinato Ufficio giudiziario, rispondere di un’accusa penale a lui mossa nonché renderlo edotto dei diritti e delle facoltà di cui egli deve godere e può usufruire in sede processuale – le eventuali nullità precedentemente verificatesi debbono intendersi essere state sanate dal proficuo svolgimento dell’atto successivo.
Né, infine, sul punto, deve trarre in inganno la circostanza che la notificazione, avvenuta in data 27 giugno 2021, risulti essere intempestiva rispetto alla data del 5 luglio 2021, cui era stata rinviata la trattazione del giudizio.
Infatti, la tempestività della notificazione è predicato che non afferisce all’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio dell’atto ma solo alla idoneità di quest’ultimo a realizzare un valido effetto giuridico, in questo caso la vocatio in iudicium.
Si vuole con ciò intendere, in altre parole, che una cosa è la notificazione di un atto processuale recettizio ed altra cosa è la possibilità per questo atto di spiegare i suoi effetti; si tratta di due fenomeni giuridici che, sebbene connessi, hanno una loro ontologica distinta individualità, come è, plasticamente evidenziato, dalla circostanza che si tratta di atti che promanano e sono eseguiti da soggetti diversi: l’autorità giudiziaria per ciò che attiene, come in questo caso, al decreto di citazione in giudizio dell’imputato; le diverse autorità abilitate alla comunicazione degli atti per ciò che attiene alla notificazione.
La circostanza che la notificazione debba avvenire, come in occasione della notificazione del decreto di citazione a giudizio, entro un determinato termine è fattore che non comporta la nullità della notificazione in tal modo eseguita, ove la stessa rispecchi gli altri criteri di validità della medesima, ma comporta la tendenziale inidoneità per l’atto notificato di spiegare pienamente i suoi effetti.
Esclusa, pertanto, la fondatezza del primo motivo di ricorso, dovendosi affermare che al COGNOME è stato correttamente notificato l’atto con il quale lo si informava della pendenza del processo a suo carico e della data in cui egli si sarebbe dovuto presentare di fronte all’Autorità giudiziaria, si tratta di vedere se tale informazione è stata idonea a realizzare una valida vocatio in iudicium dello stesso imputato.
Deve, al riguardo, riconoscersi l’effettiva intempestività di tale informazione, essendo stato notificato, come detto, l’atto all’imputato in data 27 giugno 2021 ed essendo stata fissata l’udienza di trattazione del giudizio per il 5 luglio 2021, in assenza, pertanto, dei necessari 60 giorni previsti dall’art. 552, comma 3, cod. proc. pen., fra la notificazione del decreto di citazione a giudizio e la trattazione del processo.
Ma deve a ciò aggiungersi che nell’occasione – per come emerge dalla sentenza della Corte medicea senza che sul punto il ricorrente abbia posto in discussione tale dato storico – il giudice di primo grado ebbe nuovamente a differire il giudizio, informando di ciò la difesa del prevenuto presente in udienza e domiciliataria dello stesso, alla successiva udienza del 18 ottobre 2021, in tal
modo ampiamente assicurando il rispetto del predetto termine di 60 giorni, posto a tutela del diritto di difesa dell’imputato.
Considerato quanto sopra, e ribadita la legittimità della notificazione del decreto di citazione avvenuta a mani proprie dell’imputato in data 26 giugno 2021, anche il secondo motivo di impugnazione riferito al mancato rispetto del termine previsto dall’art. 552, comma 3, cod. proc. pen., va, pertanto, rigettato.
Passando, a questo punto, all’esame del terzo motivo di impugnazione, si rileva che lo stesso, avente ad oggetto l’avvenuta revoca del riconoscimento della sospensione condizionale della pena disposta a favore del COGNOME in due precedenti occasioni è infondato.
E’ opportuno chiarire che la doglianza dell’imputato concerne la revoca della sospensione condizionale della pena concessa con le sentenze del 8 febbraio 2013 e 26 febbraio 2013, divenute definitive, rispettivamente il 19 giugno 2013 ed il 20 settembre 2013; essa sarebbe illegittima in quanto, ove fosse applicabile l’art. 168, comma primo, n. 1), cod. proc. pen., essendo stata la misura disposta per effetto della commissione in data 31 dicembre 2013 del delitto contestato al capo 2 nel presente giudizio, la pronunzia relativa a quest’ultimo, tuttora non definitiva, non lo potrà diventare entro il quinquennio stabilito dall’art. 163 cod. pen.; ove fosse applicabile l’art. 168, comma primo, n. 2), cod. pen., pur essendo vero che il COGNOME ha riportato, in data 14 gennaio 2016, una ulteriore condanna, irrevocabile il 20 giugno 2016, rileva il ricorrente che, sommando le condanne riguardanti tale sentenza con quelle relative alle sentenze rispettivamente irrevocabili il 19 giugno 2013 ed il 20 settembre 2013, comunque non sarebbe superato il limite temporale di cui all’art. 163 cod. pen.
Si tratta di rilievi non fondati.
Il ricorrente argomenta le sue censure osservando che la revoca disposta con la sentenza ora impugnata sarebbe illegittima sia ove la stessa fosse stata disposta ai sensi dell’art. 168, comma primo, n. 1), cod. pen. (il quale prevede che debba essere revocata la sospensione condizionale già riconosciuta con una precedente sentenza, ove il soggetto, nel quinquennio, commetta un delitto ovvero una contravvenzione, quest’ultima della stessa indole del reato per il quale già egli è stato condannato, e sia pertanto condannato a pena detentiva) poiché, secondo quanto riportato in ricorso, la sentenza riguardante i reati commessi successivamente a quelli per i quali era stata concessa la sospensione condizionale diverrà definitiva oltre il termine di 5 anni dalla commissione di
essi, sia ove la stessa fosse stata disposta ai sensi dell’art. 168, comma pri n. 2), cod. pen. (il quale prevede che sia revocata la sospensione condizional della pena nel caso in cui il soggetto riporti, per un delitto commess anteriormente, una pena che, sommata a quella già oggetto di sospensione, superi i limiti stabiliti dall’art. 163 cod. pen.), poiché la sommatoria delle gravanti sul prevenuto non supererebbe il richiamato limite.
Come detto, gli argomenti spesi non trovano riscontro nella sentenza impugnata.
La Corte di Firenze, infatti, ha confermato la decisione che il Tribunale di Firenze aveva assunto in punto di revoca della sospensione condizionale della pena sulla base di due rationes decidendi ciascuna della quali, in linea astratta, autonomamente idonea a sostenere la decisione in questione; è, pertanto, sufficiente che anche una sola di esse resista all’impugnazione presentata dal ricorrente affinché il motivo di impugnazione debba essere disatteso.
Questo è ciò che indubbiamente si verifica per ciò che attiene alla ratio decidendi sviluppata sulla base dell’art. 168, comma primo, n. 1), cod. pen.; infatti, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il dato rilevante ai f della revoca del beneficio anteriormente concesso non è la data di definitivit del provvedimento con il quale la sospensione condizionale è stata revocata, ma il fatto che il reato in ragione del quale siffatta precedente sospensio viene revocata sia stato commesso entro il quinquennio dalla definitività dell sentenza con qui è stata disposta la condanna in relazione alla quale vi era sta la sospensione condizionale della pena successivamente revocata, salva, ovviamente, per la definitiva efficacia di tale revoca, la necessità che sentenza con la quale la stessa è stata disposta diventi, a sua volta defini (Corte di cassazione, Sezione V penale, 9 aprile 2020, n. 11759).
Poiché nel caso di specie il secondo dei reati oggi in discorso è stat commesso in data 31 dicembre 2013, cioè entro il predetto termine essendo divenute definitive le sentenze in relazione alle quali la sospensio condizionale con esse disposta è stata revocata rispettivamente in data 19 giugno 2013 e 20 settembre 2013, deve essere espresso, senza che occorra valutare il secondo profilo del ricorso dedotto dal ricorrente, un giudizio di pie legittimità riguardo alla decisione con la quale la Corte gigliata ha revocato sospensione condizionale riconosciuta in favore del COGNOME nelle precedenti occasioni.
Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente va condannato, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
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