Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33985 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33985 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Casoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del g.i.p. del Tribunale di Chieti del 6.2.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 6/2/2024, il g.i.p. del Tribunale di Chieti, in accoglimento di una richiesta del pubblico ministero, revocava i benefici della sospensione condizionale della pena concessi a NOME COGNOME con due sentenze di condanna irrevocabili nei suoi confronti.
Riteneva sussistente, in particolare, l’ipotesi di cui all’art. 168, comma 1, n. 2), cod. pen., in quanto l’imputato aveva subito tre condanne ulteriori, successivamente a quelle in relazione alle quali gli era stato riconosciuto il
beneficio della sospensione condizionale, per reati anteriormente commessi e per una pena complessiva che eccedeva i limiti di cui all’art. 163 cod. pen.
Avverso la detta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, denuncia, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 164 e 168 cod. pen.
Sotto questo profilo, rileva che il pubblico ministero aveva originariamente chiesto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena ai sensi degli artt. 168, comma 3, e 164, comma 4, cod. pen. e che poi alla prima udienza in camera di consiglio, sollecitato dal giudice, ha invece modificato la richiesta ai sensi dell’art. 168, comma 1, n. 2), cod. pen. A questo punto, il giudice, anziché dichiarare l’inammissibilità della prima richiesta, ha solo concesso un termine alla difesa per controdedurre, così comprimendo il diritto di difesa.
2.2 Con il secondo motivo, censura, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., che, in ogni caso, il giudice dell’esecuzione non abbia tenuto conto del fatto che la pena inflitta all’imputato con le sentenze di cui al provvedimento impugnato è in fase di estinzione per essere stato COGNOME ammesso dal Tribunale di Sorveglianza al trattamento di cui all’art. 47 Ord. Pen.
Con requisitoria scritta in data 19/4/2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO Generale ha chiesto il rigetto del ricorso per l’infondatezza del primo motivo e l’inammissibilità del secondo motivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Quanto al primo motivo, è vero che il procedimento di esecuzione, salvo che per alcuni casi particolari (tra i quali non rientra la revoca del beneficio del sospensione condizionale della pena), esige per il suo inizio l’impulso di parte.
Tuttavia, il principio dell’impulso di parte è evidentemente funzionale all’instaurazione del contraddittorio e, ove la richiesta dell’incidente di esecuzione provenga dal pubblico ministero, all’esercizio del diritto di difesa.
Ma se è così, la ratio della previsione dell’art. 666, comma 1, cod. proc. pen. sarebbe compromessa solo ove il giudice dell’esecuzione, ricevuta una determinata richiesta, l’accogliesse per un motivo diverso da quello dedotto dal richiedente, così di fatto sostituendo la sua iniziativa d’ufficio a quella di parte.
Nel caso di specie, invece, il giudice – secondo quanto espressamente prospettato nel ricorso dallo stesso difensore del condannato – alla prima udienza, preso atto dell’intervento di tre ulteriori condanne dell’imputato per reati anteriori a pena che superava i limiti di cui all’art. 163 cod. pen., ha invit il pubblico ministero a riformulare la richiesta di revoca ai sensi dell’art. 16 comma 1, n. 2), cod. pen.
A seguito della modifica della richiesta da parte del pubblico ministero, ha poi concesso all’imputato un termine per preparare la difesa e alla successiva udienza ha deciso dopo aver sentito le parti in ordine alla questione sottoposta al suo esame come riformulata.
Di conseguenza, nessuna violazione del principio del contradditorio e, quindi, nessuna lesione del diritto di difesa si sono verificate in concreto (si veda anche, in proposito, Sez. 1, n. 1839 del 28/11/2006, dep. 2007, Rv. 235794 – 01).
L’imputato e il suo difensore, infatti, sono stati posti nella condizione d difendersi in udienza rispetto alla situazione diversa da quella originariamente oggetto della richiesta del pubblico ministero.
Quanto al secondo motivo, deve ritenersi che l’affidamento in prova al servizio sociale, disposto per le pene di cui alle sentenze di condanna oggetto del provvedimento impugnato, non osti alla revoca della sospensione condizionale.
La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare (Sez. 1, n. 39478 del 22.4.2016, Gallo, Rv. 268067-01) che l’affidamento in prova al servizio sociale non ha effetti sostanziali sul fatto-reato. Si tratta di misura alternativa a detenzione che si sostanzia nell’imposizione di regole di condotta e nell’affidamento del condannato al servizio sociale: solo all’esito positivo della prova, l’art. 47, comma 12, L. 26 luglio 1975, n. 354 collega l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale.
Da tanto deriva che l’esito della prova non espleta influenza alcuna sul fatto reato per cui v’è stata condanna, nella sua dimensione sostanziale. Né il riferimento agli “effetti penali” operato dalla disposizione appena sopra richiamata può essere interpretato nel senso indicato dal ricorrente, e cioè che, in caso di esito positivo dell’affidamento, l’intervenuta estinzione della pena e degli effetti penali della condanna sarebbero ostativi alla revoca del beneficio della sospensione condizionale precedentemente concessa.
Secondo l’art. 168 cod. pen., infatti, la revoca della sospensione condizionale opera di diritto. Al verificarsi, cioè, della condicio iuris, il fatto accertato con la sentenza di condanna divenuta irrevocabile nel quinquennio dalla precedente pena condizionalmente sospesa opera con forza espansiva
diretta e con effetto ex tunc in funzione della revoca della sospensione dell’esecuzione della pena precedentemente concessa.
L’effetto si produce, dunque, con il giudicato sulla decisione che accerta il fatto storico integrante la causa di revoca della sospensione condizionale. Risultano ininfluenti le possibili vicende e gli epiloghi che afferiscono la fas strettamente esecutiva della pena.
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente