Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20250 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20250 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CAMPOBASSO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata dal ricorrente, con la quale ribadisce i motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATI -0
Con ordinanza emessa in data 05 ottobre 2023 la Corte di appello di Campobasso, quale giudice dell’esecuzione, ha revocato la sospensione condizionale concessa a NOME COGNOME con la sentenza emessa in data 22/10/2010 dal Tribunale di Campobasso, divenuta definitiva in data 02/04/2011, per avere egli commesso, nei cinque anni successivi a tale condanna, due delitti per i quali ha riportato condanne definitive alla pena della reclusione.
La Corte ha ritenuto doversi applicare la norma di cui all’art. 168, comma 1, n. 1, cod.pen., che richiede la commissione di un altro delitto nel termine stabilito dalla legge, ed ha respinto la tesi della difesa, secondo cui è necessario anche il passaggio in giudicato della relativa condanna entro detto termine.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge in relazione all’art. 168 cod.pen., e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen.
Il giudice non ha interpretato correttamente la norma dell’art. 168, comma 1, n. 1, cod.pen., così come disposto da molta giurisprudenza di merito, secondo cui tale norma richiede che anche le sentenze di condanna per i reati commessi nel quinquennio divengano definitive nel medesimo termine, e non ha tenuto conto del fatto che i due delitti compiuti nel quinquennio sono stati commessi a distanza di molti anni da quello per il quale è stata concessa la sospensione condizionale. La ratio del beneficio, la cui concessione si fonda sulla prognosi di non recidivanza, è stata dunque rispettata, perché il ricorrente si è astenuto per almeno sette anni dal commettere altri delitti, superando quindi il termine richiesto dalla legge. La Corte, inoltre, non ha tenuto conto del fatto che le pene complessivamente irrogate con le tre sentenze non superano il limite dei due anni di reclusione, per cui avrebbe dovuto valutare l’applicabilità dell’ipotesi di cui all’art. 168, comma 2, cod.pen., per la evidente scarsa gravità dei reati successivamente commessi.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ribadisce i motivi del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
2. Il ricorrente propone una interpretazione dell’art. 168, comma 1, n. 1, cod.pen. che risulta in contrasto con l’esplicito contenuto della norma, ed è stata sempre respinta dalla giurisprudenza di legittimità. Detta norma, infatti, collega la revoca della sospensione condizionale alla commissione di un nuovo reato, che intervenga nei termini stabiliti; è il successivo n. 2 del primo comma che collega la revoca, invece, alla emissione di una ulteriore condanna, che quindi deve divenire irrevocabile nei medesimi termini. Anche nel caso di cui all’art. 168, comma 1, n. 1, cod.pen. il reato successivamente commesso deve essere accertato con sentenza definitiva, ma l’elemento che determina l’obbligatorietà della revoca del beneficio concesso con una condanna precedente consiste esclusivamente nella data di consumazione del delitto, o della contravvenzione della stessa indole, che siano stati sanzionati con pena detentiva.
Questa Corte, come detto, ha sempre interpretato in tale modo la norma, affermando che «In tema di sospensione condizionale della pena, il concetto di commissione del reato, dal quale la legge fa dipendere l’ostacolo all’effetto estintivo del reato, è ancorato alla data di consumazione dello stesso con riferimento al quinquennio, ma l’effetto ostativo di tale evenienza è subordinato all’accertamento definitivo del reato medesimo, in ragione della presunzione di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma 1, Cost. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso essersi verificata l’estinzione di un reato, condizionalmente sospeso, commesso nel 2005 in presenza di un successivo reato, consumato nel 2007, ma accertato con sentenza passata in giudicato nel 2015 ed ha, di conseguenza, ritenuto legittima la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena, di cui all’art. 168, comma primo, n. 1 cod. pen., disposta in sede esecutiva)» (Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Rv. 279015).
La diversità tra le due cause di revoca di diritto della sospensione condizionale, stabilite dall’art. 168, comma 1, cod.pen., è stata recentemente chiarita dalla sentenza Sez. 1, n. 18843 emessa in data 25/02/2020, non massimata, che nella parte motiva ha stabilito che «dal tenore letterale dell’art. 168, primo comma, n. 1, cod.pen. risulta chiaro che la causa di revoca di diritto del beneficio della sospensione condizionale della pena è correlata unicamente alla commissione di un delitto nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza concessiva del beneficio, e non anche dell’ulteriore condizione risolutiva del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per il nuovo delitto entro tale termine. La necessità del passaggio in giudicato della successiva sentenza
nel quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza concessiva del beneficio è prevista solo per il diverso caso disciplinato dall’art. 168, primo comma, n. 2, cod.pen.».
L’affermazione che il nuovo reato sarebbe stato commesso oltre il termine richiesto dalla legge, perché successivo di circa sette anni rispetto alla data di commissione del delitto per il quale è stata emessa la condanna a pena condizionalmente sospesa, è palesemente errata, in quanto il beneficio è collegato ad una prognosi di non recidivanza, il cui rispetto può essere valutato solo a partire dal momento in cui tale beneficio viene concesso. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha sempre ribadito che «Ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena, il termine (quinquennale o biennale) previsto dall’art. 163, comnna primo, cod. pen., anche nel caso previsto dall’art. 168, comma primo, stesso codice, va computato a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio» (Sez. 4, n. 23192 del 10/05/2016, Rv. 267095).
In merito all’ulteriore censura contenuta nel ricorso, secondo cui il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare la possibilità di non disporre la revoca della sospensione condizionale, con applicazione, di fatto, dell’ipotesi di cui all’art. 168, comma 2, cod.pen., perché le pene complessive delle sentenze non superano il limite dei due anni di reclusione, deve ribadirsi che, nei casi previsti dall’art. 168, comma 1, cod.pen., la revoca del beneficio opera di diritto, e la pronuncia del giudice dell’esecuzione ha valore solo dichiarativo e ricognitivo (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210798).
Il giudice dell’esecuzione non ha, quindi alcun potere valutativo, e questa Corte ha stabilito che «La revoca della sospensione condizionale della pena deve essere obbligatoriamente disposta dal giudice dell’esecuzione quando, entro i termini previsti dall’art. 163 cod. pen., sopraggiunge condanna a pena non sospesa per un delitto commesso successivamente a quello per il quale sia stata già accordato il beneficio, anche se il cumulo delle pene inflitte con le due decisioni rientri nei limiti che consentono la reiterazione della misura, poiché la valutazione di meritevolezza per la concessione di questa compete al solo giudice della cognizione». (Sez. 1, n. 11612 del 25/02/2021, Rv. 280682).
La valutazione circa l’applicabilità dell’art. 168, connma 2, cod.pen., inoltre, non è consentita al giudice dell’esecuzione, in quanto «Il potere della revoca facoltativa della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 168 comma secondo cod. pen. è riservato al giudice della cognizione e non anche a quello della esecuzione» (Sez. 1, n. 22639 del 28/04/2004, Rv. 228912)
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente