Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37769 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37769 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BISCOTTO COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 2596/2023 della Corte di appello di Palermo del 3 maggio 2023;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del, in persona del AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta. altresì, la memoria conclusiva redatta nell’interesse del ricorrente dall’AVV_NOTAIO, del foro di Palermo, con la quale egli ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Dopo che il Tribunale di Palermo aveva, con sentenza del 19 febbraio 2019, emessa in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, dichiarato la penale responsabilità di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, del dPR n. 309 del 1990, così riqualificata la originaria imputazione avente ad oggetto la violazione del comma 1-bis, del citato art. 73 del dPR n. 309 del 1990, e lo aveva, pertanto, condannato, riconosciute in suo favore le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva ed applicata la diminuente derivante dalla scelta del rito, alla pena ritenuta di giustizia, la cui esecuzione era stata, peraltro, sottoposta a sospensione condizionale, subordinatamente allo svolgimento da parte del condannato di un lavoro di pubblica utilità, la Corte di appello di Palermo, decidendo su impulso del gravame presentato dalla sola difesa fiduciaria del prevenuto, ha confermato la statuizione in ordine alla responsabilità del ricorrente ed ha, altresì, disposto, visto l’art. 168 cod. proc. pen., la revoca della sospensione condizionale della pena inflitta in quanto, per come si legge nella motivazione della sentenza emessa dalla Corte territoriale, il prevenuto “ne ha già fruito due volte”, costituendo ciò una condizione ostativa ad un ulteriore riconoscimento del beneficio.
Avverso tale sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, affidando le proprie censure a 3 motivi di ricorso.
Il primo motivo concerne il vizio di motivazione della sentenza impugnata; in questa, infatti, è stata ritenuta ricorrere la contestata recidiva sulla semplice base della esistenza di due precedenti pregiudizi penali gravanti sul prevenuto, senza che sia stata eseguita alcuna valutazione in relazione alla valenza sintomatica di tali precedenti; peraltro, contraddittoriamente, la Corte di merito ha ritenuto ricorrere la ipotesi aggravata dalla recidiva dell’imputato, sebbene abbia poi confermato anche la qualificazione nell’ambito delle ipotesi di minore gravità del fatto attribuito al COGNOME COGNOME.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la congruità della motivazione in punto di determinazione della pena inflitta; questa, infatti, è stata contenuta, quanto alla pena base, in misura indicata come sensibilmente superiore al minimo edittale, senza che sia stata data una valida motivazione in relazione a tale scostamento; peraltro la motivazione della sentenza è, altresì, contraddittoria laddove si è indicato che le circostanze attenuanti generiche erano state riconosciute al precipuo scopo di adeguare meglio la pena al fatto commesso.
Infine, con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente ha lamentato la mancata applicazione delle disposizioni penali, cioè gli artt. 168 e 164 cod. pen., nonché la contraddittorietà o mancanza della motivazione in relazione alla avvenuta revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena inflitta, senza che una tale pronunzia sia stata richiesta dal Pm nelle forme dell’appello avverso la sentenza del giudice di primo grado che la aveva disposta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, nei limiti che saranno di seguito indicati, ed in essi la sentenza censurata deve essere annullata.
Manifestamente infondati sono, infatti, i primi due motivi di ricorso; con l’uno il ricorrente si duole del fatto che il giudice del gravame abbia confermato la statuizione avente ad oggetto la ricorrenza a carico del COGNOME della ritenuta recidiva.
In particolare il ricorrente ha osservato che la motivazione della sentenza farebbe esclusivamente leva sulla circostanza che il prevenuto è già gravato da due precedenti sentenza di condanna e che, in ogni caso, la motivazione con la quale la aggravante è stata confermata darebbe contraddittoria, atteso che il fatto oggetto di contestazione a carico dell’imputato è stato considerato di lieve entità.
Si tratta di argomenti entrambi fallaci, considerato che, diversamente da quanto riportato dal ricorrente la sussistenza della contestata recidiva, peraltro ritenuta nella sua forma semplice, è stata adeguatamente giustificata in funzione del fatto che non solo il prevenuto è risultato gravato da precedenti penali ma ha dimostrato una specifica proclività a delinquere, tale da attribuire uno specifico significato di maggiore allarme sociale alla sua ricaduta nel crimine, non avendo saputo trarre vantaggio dalla circostanza che, anche al fine di consentirgli un percorso di risocializzazione, allo stesso è stato riconosciuto, in passato, il beneficio della sospensione condizionale della pena; quanto al fatto che l’episodio criminoso ora in contestazione sia stato ritenuto di lieve entità va ricordato che ciò non è fattore che si pone in logico contrasto con la ritenuta recidiva, non foss’altro in quanto quest’ultima costituisce, nella tassonomia giuridico-penale una circostanza aggravante relativa alla persona del colpevole, mentre l’altra è una caratteristica propria del reato desumibile da elementi di carattere oggettivo non direttamente riconducibili alle caratteristiche personologiche dell’imputato.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo di impugnazione, afferente alla pretesa inadeguatezza motivazionale della sentenza impugnata in relazione al punto relativo alla determinazione della pena inflitta.
Questa, infatti, è stata calcolata in misura superiore al minimo edittale ma peraltro all’interno del medio edittale, il giustifica una certa stringatezza motivazionale – tenuto conto del fatto che il prevenuto mostra una personalità non aliena rispetto alla volontà di delinquere ed è stato non solo rinvenuto nel possesso dell’armamentario funzionale alla predisposizione delle singole dosi di sostanza stupefacente oggetto di successivo spaccio ma è stato anche riscontrato avere predisposto un sofisticato sistema di videosorveglianza delle zone poste immediatamente all’esterno della sua abitazione, tale da consentire un controllo degli accessi ad essa; si tratta di fattori che costituiscono elementi certamente deponenti per la non occasionalità della condotta e che, pertanto, giustificano ampiamente un trattamento sanzionatorio base non limitato all’inflizione della minima pena possibile.
Il fatto che, pur essendo stato ritenuto congruo un trattamento non contenuto nel minimo edittale, siano state riconosciute le attenuanti generiche, per altro, equivalenti alla contestata recidiva, è fattore che, proprio alla luce dell’altrimenti inevitabile appesantimento del trattamento punitivo (legato alla sussistenza della aggravante contestata e ritenuta) rende coerente e non contraddittorio il ragionamento della Corte di merito al riguardo (al riguardo, fra compatibilità del riconoscimento delle attenuanti generiche e pena base non contenuta nel minimo edittale si veda per tutte già, senza che il principio appaia essere mai stato smentito, Corte di cassazione, Sezione I penale, 12 gennaio 1990, n. 112, rv 182975).
Fondato è, viceversa, il terzo motivo di impugnazione (erroneamente dalla ricorrente difesa, rubricato nella numerazione contenuta nell’atto introduttivo del giudizio, come quarto); va premesso che il giudice di primo grado, il quale aveva pur dato atto della circostanza che il prevenuto avesse già in passato goduto una volta del beneficio, aveva corredato la condanna emessa a carico del COGNOME COGNOME della sospensione condizionale della pena, subordinandolo, tuttavia, allo svolgimento da parte dell’imputato di un’attività costituente lavoro di pubblica utilità; tale aspetto della sentenza di primo grado non era stato oggetto di gravame da parte del Pm; ciononostante la Corte di appello, richiamato il dettato dell’art. 168 cod. peri., ha revocato il beneficio del quale l’imputato era stato insignito dal giudice di primo grado.
Siffatta statuizione, osserva ora il Collegio a ciò spinto dal terzo motivo di impugnazione con il quale è stata, appunto, censurata siffatta revoca, è viziata per violazione di legge.
Va, infatti, rilevato, in primo luogo, come la Corte territoriale abbia disposto la revoca della sospensione condizionale della pena inflitta al ricorrente senza che vi sia stata alcuna impugnazione da parte del Pm della pronunzia del giudice di primo grado che siffatto beneficio aveva disposto a favore del condannato.
Nell’esporre le ragioni che lo hanno indotto a revocare la precedente statuizione il giudice del gravame – che, peraltro, non ha precisato a quale delle ipotesi poi da lui descritte dovesse attribuirsi la causa della avvenuta revoca – ha segnalato come l’art. 168 cod. pen. preveda tre ipotesi che giustificano la revoca del predetto beneficio.
La Corte di merito ha, infatti, rilevato che l’art. 168, comma primo, cod. pen. preveda al n. 1), la revoca della sospensione condizionale qualora nei termini stabiliti il condannato commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole per cui venga inflitta una pena detentiva, ovvero non adempia agli obblighi che gli erano stati prescritti al momento del riconoscimento del beneficio; analogamente, rileva la Corte territoriale, l’art. 168, comma terzo, cod. pen. prevede che la sospensione condizionale della pena debba essere revocata quando essa è stata disposta in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen.
Nella due ipotesi descritte, precisa il giudicante; la Corte di appello, trattandosi di fenomeno che si determina ope legis ed in relazione al quale la pronunzia giurisdizionale avrebbe una valenza meramente dichiarativa, potrebbe anche provvedere ex officio ed in assenza della impugnazione sui punto del Pm.
Diversamente, nota la Corte di appello, nella ipotesi disciplinata dall’art. 168, comma secondo, cod. pen., la Corte di appello, avendo l’eventuale provvedimento di revoca della sospensione condizionale natura non meramente dichiarativa, come nelle precedenti ipotesi, ma, viceversa, costitutiva, non potrebbe essere pronunziato in assenza di impugnazione da parte dell’organo requirente.
Osserva il Collegio come la ricostruzione operata dalla Corte di appello sia o estranea alla fattispecie dibattuta nel presente giudizio oppure non condivisibile.
Invero, le ipotesi segnalate dalla Corte territoriale in relazione all’art. 168, commi primo e secondo, disciplinano delle fattispecie non assimilabili a quella ora in esame; esse, infatti, hanno ad oggetto le ipotesi in cui – avendo il condannato già subito una precedente condanna ad una pena la cui esecuzione sia stata sottoposta a sospensione condizionale ed essendo egli nuovamente incorso in una ulteriore condanna – il beneficio concesso in altro precedente giudizio debba essere revocato.
Ma non è questo il caso che ora interessa.
Nella fattispecie ora in esame, infatti, la Corte territoriale non ha inteso revocare la sospensione condizionale della pena disposta in altro giudizio, ma ha ex officio revocato la sospensione condizionale della pena disposta nell’ambito del primo grado del medesimo giudizio sottoposto alla sua attenzione.
Una tale ipotesi, disciplinata dal comma terzo dell’art. 168 cod. proc. pen., ha trovato, recentemente, un assestamento interpretativo, allo stato definitivo, attraverso la decisione n. 36460 del 2024 delle Sezioni unite di questa Corte di cassazione; al riguardo è stato, infatti rilevato, che è legittima la revoca, in sede esecutiva, della sospensione condizionale della pena disposta in violazione dell’art. 164, comma quarto, in presenza di una causa ostativa ignota al giudice di primo grado ma nota a quello del gravame, essendo a quest’ultimo, ove lo stesso non sia stato investito della impugnazione in punto di illegittimo riconoscimento della sospensione condizionale della pena, precluso il potere di revoca d’ufficio della statuizione assunta dal giudice di primo grado in ossequio al principio devolutivo (Corte di cassazione Sezioni unite penali, 1 ottobre 2024, n. 36460, rv 287004).
Posto che, come già dianzi segnalato, nell’occasione la Corte di appello ha, in assenza di impugnazione da parte della pubblica accusa, revocato la sospensione condizionale della pena disposta in esito al giudizio di primo grado, la sentenza impugnata dev4 essere sul punto annullata senza rinvio ed il beneficio disposto in primo grado deve essere rispristinato.
Come già osservato, nel resto, invece, l’impugnazione presentata dalla difesa del ricorrente va dichiarata inammissibile.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, beneficio che ripristina nei termini di cui sentenza di primo grado.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente