Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 47348 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 47348 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a CEGLIE MESSAPICA il 07/05/1965
avverso l’ordinanza del 16/02/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette GLYPH conclusioni del PG O GLYPH ci 00(.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso ad NOME COGNOME con la sentenza della Corte di appello di Lecce, del 28 novembre 2003, divenuta irrevocabile in data 3 febbraio 2004, di condanna alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 368 cod. pen., commesso in data 2 aprile 1996.
Il Giudice dell’esecuzione ha accolto l’istanza relativa alla sentenza sub 2 del casellario, avanzata dal Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello, rilevando che il beneficio andava revocato di diritto avendo COGNOME commesso, in data 3 novembre 2006, altro reato di cui alla sentenza sub n. 3 del certificato del casellario giudiziale (sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, in data 23 novembre 2006, divenuta definitiva in data 8 maggio 2007). Rispetto a tale ultima condanna, poi, il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto non estinta la pena irrogata, posto che la sentenza di condanna, presupposto della pronunciata revoca, aveva dichiarato la recidiva qualificata in relazione al reato contestato, in quella sede, a Santoro e per tale condanna non era intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena anche degli effetti penali.
2.Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore, avv. NOME COGNOME affidando le proprie doglianze a un unico, articolato, motivo, con il quale si deduce inosservanza degli artt. 172, 173 cod. pen., 676 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione.
La sentenza n. 3 del casellario, per il Giudice dell’esecuzione, avrebbe determinato la revoca di diritto del beneficio della sospensione condizionale della pena di cui alla sentenza sub 2, emessa dalla Corte di appello di Lecce in data 28 novembre 2003, avendo commesso, COGNOME in data 3 novembre 2006, altro reato nel quinquennio dall’irrevocabilità della sentenza sub 2.
Tuttavia, il giudice dell’esecuzione ha trascurato la previsione di cui all’art. 106, comma secondo, cod. pen., per il quale, agli effetti della recidiva, non si tiene conto di quelle sentenze per le quali siano intervenute cause di estinzione del reato o della pena che abbiano estinto anche gli effetti penali.
Nel caso di specie, in relazione alla sentenza sub 3, in data 16 giugno 2009 la Corte di appello di Lecce ha dichiarato l’estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale, stante l’esito positivo dell’affidamento in prova, come si evince dallo stesso certificato e, quindi, la sentenza che aveva dichiarato COGNOME recidivo qualificato non può produrre effetti in relazione alla descritta decisione,
neanche agli effetti dell’invocata revoca della sospensione condizionale della pena.
Anzi, andava dichiarata l’intervenuta prescrizione della pena irrogata con la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce, il 28 novembre 2003, non essendo COGNOME recidivo, in quanto con riferimento alla preclusione dell’estinzione della pena per prescrizione, di cui all’art. 172, comma settimo, cod. pen., questa non opera ove vengano meno gli effetti penali, a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova.
Si richiama giurisprudenza di legittimità indicata come in termini e si assume che lo stato di recidivo non può essere tratto dal certificato del casellario giudiziale; inoltre, la Suprema Corte ha affermato che la recidiva, per produrre effetti penali, ai fini della prescrizione della pena, deve essere dichiarata dal giudice della cognizione, posto che non è sufficiente, in sede esecutiva, l’esistenza dei presupposti per la sua formale contestazione o che la stessa possa essere desunta dal casellario penale.
Si assume, ancora, che lo status di recidivo deve essere riconosciuto con sentenza precedente a quella con la quale si applica la pena di cui si invoca l’estinzione, ovvero con quella con cui viene irrogata la pena oggetto della relativa richiesta.
Il momento da cui decorre il termine per determinare l’estinzione della pena ai sensi dell’alt 172, comma quarto, cod. pen. è il giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile e, quindi, la condizione di recidivo deve risultare già al momento in cui il soggetto viene giudicato, in via definitiva, per la pena da estinguere.
Si richiama Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, secondo la quale l’estinzione di ogni effetto penale, prevista dall’art. 47, comma 12, Ord. pen., in conseguenza dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale comporta che la relativa condanna non può essere considerata agli effetti della recidiva.
In definitiva, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, avrebbe omesso di considerare che, essendo la sentenza sub n. 2 del casellario in relazione alla quale si è chiesta la revoca del beneficio della sospensione condizionale divenuta irrevocabile il 3 febbraio 2004 ed essendo intervenuta l’irrevocabilità in data 8 maggio del 2007 della sentenza sub n. 3, che ha comportato la revoca del beneficio, la pena irrogata con la prima sentenza del 2004, di anni uno mesi cinque di reclusione, era già estinta perché non era intervenuta l’esecuzione della carcerazione nel termine decennale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 172 e 173 cod. pen.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
1.1. Si tratta di incidente di esecuzione, avviato dalla parte pubblica, con il quale vi è stata richiesta, accolta dal Giudice dell’esecuzione, di revoca del beneficio della sospensione condizionale concesso a Santoro con sentenza della Corte di appello di Lecce, del 28 novembre 2003, divenuta irrevocabile in data 3 febbraio 2004, di condanna alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione in relazione al reato di cui all’art. 368 cod. pen. commesso in data 2 aprile 1996.
La revoca viene disposta in sede esecutiva, ai sensi dell’art. 168 n. 1 cod. pen., perché COGNOME ha commesso un reato nei cinque anni dal passaggio in giudicato di tale sentenza, cioè in data 3 novembre 2006, come acclarato con pronuncia resa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brindisi, in data 23 novembre 2006, divenuta definitiva in data 8 maggio 2007.
La difesa pretende che tale effetto non operi, per essere intervenuta, nel caso al vaglio, l’estinzione della pena irrogata con la sentenza del 23 novembre 2006, avendo la Corte di appello di Lecce, in data 16 giugno 2009, dichiarato l’estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale, stante l’esito positivo dell’affidamento in prova, come si evince dallo stesso certificato del casellario giudiziale.
Per il ricorrente, in ogni caso, la sentenza che aveva dichiarato Santoro recidivo qualificato non può produrre effetti ai fini dell’invocata revoca della sospensione condizionale della pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, a fronte dell’inutile decorso del periodo di anni dieci dall’irrevocabilità della pronuncia intervenuta in data 8 maggio 2007 e, dunque, per assenza di ordine di carcerazione, per quella Pena, alla data del 7 maggio 2017.
Sicché, detta pronuncia non potrebbe produrre l’effetto di revocare il beneficio della sospensione condizionale già concesso, perché relativa a pena estinta e, comunque, per esserne cessati gli effetti penali.
1.2. Le questioni prospettate sono distinte e vanno affrontate separatamente.
1.2.1. Sotto un primo profilo, si duole il ricorrente della mancata valutazione dell’esito positivo dell’affidamento in prova, relativo alla seconda decisione di condanna indicata, cioè quella che ha accertato la recidiva qualificata e che è divenuta irrevocabile in data 8 maggio 2007.
Nella prospettiva del medesimo ricorrente l’estinzione della pena e degli effetti penali, ai sensi dell’art. 47, comma 12, Ord. pen., in relazione alla
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condanna sub 3, avrebbe inibito la revoca della sospensione condizionale della pena, concessa con la sentenza sub 2, di converso ed erroneamente, disposta dal Giudice dell’esecuzione.
Il Collegio osserva che l’affidamento in prova al servizio sociale di cui all’art. 47 cit. è misura alternativa alla detenzione che incide sulla pena e ciò a prescindere dalla sua caratteristica strutturale di “forma sospensiva” dell’esecuzione della pena medesima ovvero di vera “pena alternativa” alla detenzione.
Deriva, pertanto, che l’affidamento in prova non ha effetti sostanziali sul fatto-reato. Piuttosto, esso si fonda su due nuclei essenziali che ne caratterizzano l’esecuzione e che si sostanziano nell’imposizione di regole di condotta e nell’affidamento del medesimo condannato al servizio sociale.
Solo all’esito positivo della prova, fatto eventuale e subordinato ad una serie di verifiche, l’art. 47, comma 12, Ord. pen. collega l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale.
Da quanto premesso deriva che sul fatto reato, per cui v’è stata condanna, nella sua dimensione sostanziale, l’esito stesso della prova non espleta influenza alcuna. Né il riferimento agli “effetti penali” richiamati dal comma 12 dell’art. 47 cit. può essere interpretato nel senso indicato dal ricorrente, in guisa da inferirne che, in ipotesi di esito positivo dell’affidamento, l’intervenuta estinzione della pena e degli effetti penali della condanna risulterebbero ostativi alla revoca del beneficio della sospensione condizionale precedentemente concessa.
Deve osservarsi, invero, che secondo il disposto dell’art. 168 comma 1 n. 1 cod. pen. la revoca della sospensione condizionale opera ope legís. Al verificarsi, cioè, della condicio iurís, il secondo fatto – accertato con la sentenza di condanna divenuta irrevocabile nel quinquennio dalla precedente condizionalmente sospesa – opera con forza espansiva diretta e con effetto ex tunc, in funzione della revoca della sospensione dell’esecuzione della pena precedentemente concessa.
Ciò accade, dunque, a prescindere dai possibili esiti, anche favorevoli al condannato, che dovessero derivare in fase di esecuzione della pena.
L’effetto si produce, infatti, con il giudicato sulla decisione che accerta il fatto storico che integra, appunto, la causa di revoca della sospensione condizionale, mentre vanno reputate ininfluenti le possibili vicende e gli epiloghi che ineriscono alla fase strettamente esecutiva della pena stessa e che, in definitiva, caratterizzano l’affidamento in prova (in tale senso, Sez. 1, n. 39748 del 22/04/2016, Gallo, Rv. 268067 – 01).
Per detta ragione non v’è, d’altro canto, alcuna necessità di attendere l’esito della prova che contraddistingue l’affidamento, in funzione della revoca della sospensione condizionale della pena. Essa prescinde dall’eventuale forma alternativa d’esecuzione della pena stessa, che caratterizza la seconda sentenza
e la relativa condanna nel quinquennio assurge a causa risolutiva di diritto del beneficio sospensivo accordato con la prima decisione.
1.2.2. L’altro aspetto censurato è, del pari, infondato.
Pacifico, come osserva lo stesso Giudice dell’esecuzione, è che la condanna di cui al punto 3 accerta un reato aggravato dalla recidiva reiterata. Tale condanna risulta espiata in regime di affidamento in prova al servizio sociale, in relazione al quale è stata dichiarata, in data 16 giugno 2009, l’estinzione della pena ed ogni altro effetto penale, per l’esito positivo dell’affidamento.
Dunque, la recidiva resta comunque definitivamente accertata in quella sede, con sentenza irrevocabile intervenuta nel decennio dall’irrevocabilità della condanna alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, sebbene, intervenuto l’esisto positivo dell’affidamento, di questa condanna, per il futuro, non potrà tenersi conto ai sensi dell’art. 106, comma secondo, cod. pen.
Invero, il Collegio osserva che l’estinzione della pena per decorso del tempo non opera nei confronti dei condannati recidivi di cui ai capoversi dell’art. 99 cod. pen., a condizione che la recidiva sia stata accertata, come nel caso al vaglio, in qualsiasi momento precedente al decorso del termine di prescrizione della pena (Sez. 1, n. 13398 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 256022).
Tale pronuncia, che aveva motivatamente chiarito (si veda il par. 5.1 della sentenza) l’insussistenza di un reale contrasto con l’orientamento apparentemente diverso (Sez. 1, n. 29856 del 24/06/2009, P.M. e COGNOME, Rv. 2 244318; richiamata poi da Sez. 1, n. 23878 del 26/05/2010, COGNOME, Rv. 247673) perché derivante da una massimazione non conforme della decisione (la massima estratta dalla prima sentenza è la seguente: «ai fini dell’operatività della preclusione all’estinzione della pena per decorso del tempo prevista nei riguardi di recidivi dai capoversi dell’art. 99 cod. pen., è necessario che la recidiva sia stata dichiarata nel giudizio di merito e che riguardi condanne anteriori a quella che ha dato luogo alla pena della cui estinzione si tratta»), è stata poi costantemente seguita da successive pronunce di legittimità (Sez. 1, n. 44612 del 03/10/2013, Mari, Rv. 257896, richiamata da Sez. 1, n. 58475 del 26/09/2018, Riva, Rv. 275318).
Ciò che rileva ai fini ostativi in questione è, dunque, il perfezionarsi nel periodo necessario perché maturi la prescrizione delle condizioni della recidiva qualificata con la conseguente sua dichiarazione da parte del giudice di merito.
Infatti, la ragione della preclusione, laddove «si tratta di recidivi nei casi preveduti dai capoversi dell’art. 99», secondo quanto enunciato al comma settimo dell’art. 172 cod. pen., va individuata nella concreta manifestazione della proclività a delinquere, insita nel riconoscimento della particolare recidiva, che rende il condannato non meritevole di avvantaggiarsi dell’abdicazione all’esecuzione una volta decorso l’indicato periodo di tempo.
Sicché, è l’epoca in cui le condizioni della citata recidiva divengono e si ritengono esistenti che deve rilevare ai fini della preclusione.
Il passaggio in giudicato della sentenza che accerta la recidiva in un certo momento, prima dell’intero decorso del termine di prescrizione della pena risulta allora indispensabile, a prescindere dalla data, solo per ritenere giudizialmente certa e, pertanto, applicabile la causa impeditiva della dichiarazione di estinzione (Rv. 275318; conf. Sez. 1, n. 4095 del 10/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278165 – 01).
Il ragionamento giuridico, che fa leva sulla «analisi della complessiva disciplina positiva delle cause di esclusione della estinzione della pena, alla luce della relativa rassegna contenuta nell’art. 172 cod. pen., u.c.», afferma che essa accredita la conclusione che deve aversi riguardo al momento immediatamente precedente la maturazione del dies ad quem del termine della prescrizione, nel senso, appunto, che è sufficiente che alcuna delle cause ostative risulti perfezionata illo tempore, perché la estinzione della pena non abbia luogo.
In tal senso è esplicita l’indicazione normativa della residua, concorrente causa impeditiva, costituita dalla commissione di un delitto della stessa indole, alla quale la legge annette rilevanza in funzione del dato cronologico della perpetrazione del reato “durante il tempo necessario per l’estinzione della pena” e, dunque, in epoca necessariamente posteriore alla data della condanna che ha irrogato la pena de qua e, a fortiori, posteriore alla data di commissione del delitto per il quale la pena in questione è stata applicata.
A ben guardare, però, il più recente orientamento non esclude ovviamente l’effetto preclusivo all’operare della prescrizione derivante dall’accertamento della sussistenza della recidiva qualificata nell’ambito della sentenza la cui pena si assume prescritta, ma ad esso affianca la recidiva che sia «sopravvenuta» entro il termine di prescrizione.
Fra i casi di recidiva aggravata, poi, rientra, non soltanto la recidiva reiterata, ma anche la prima recidiva, quando sia specifica, o infraquinquennale, ovvero siasi verificata durante o dopo l’esecuzione della pena o durante la latitanza. Ferma la nozione generale della recidiva, l’estinzione della pena della reclusione e della multa per decorso del tempo non ha luogo in tutti i casi di recidiva aggravata, sia prima recidiva o anche recidiva solamente reiterata (Sez. 3, n. 1229 del 02/04/1965, COGNOME, Rv. 099579).
La condizione ostativa della recidiva resta tale ed è idonea a integrare la causa impeditiva dell’estinzione della pena per decorso del tempo, prevista dall’art. 172 cod. pen., non ostandovi il disposto dell’art. 106, comma secondo, cod. pen., secondo cui, agli effetti della recidiva, si tiene conto delle condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena, salvo, appunto, che la causa estingua anche gli effetti penali (Sez. U, n. 5859 del
27/10/2011, dep. 2012; Rv. 251689; Sez. 1, n. 40029 del 27/06/2013, Monti, Rv. 257406 – 01).
Nel caso al vaglio, l’accertamento dell’intervenuta prescrizione della pena è precluso dalla circostanza che il condannato ha assunto, nel periodo necessario al maturarsi della causa estintiva (nella specie nel decennio a partire dalla data di irrevocabilità della sentenza sub 2 – del 3 febbraio 2004 – fino al 3 febbraio 2014) la qualità di recidivo, per fatto commesso in quel decennio (3 novembre 2006), qualità accertata con sentenza divenuta irrevocabile nel periodo necessario al maturare della prescrizione (in data 8 maggio 2007).
Si tratta di sentenza che non potrà operare, per il futuro, a partire dal 16 giugno 2009, come precedente per il condannato arricchendo la sua recidiva per effetto dell’intervenuto esito positivo dell’affidamento in prova, accertato, appunto, nel 2009, ai sensi dell’art. 106, comma secondo, cod. pen.
Tuttavia, detta sentenza, in relazione alla prescrizione della diversa pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, irrogata con sentenza divenuta definitiva in epoca precedente (3 febbraio 2004) all’accertamento del venir meno degli effetti penali della condanna che ha dichiarato Santoro recidivo, mantiene integra la sua efficacia impeditiva ex art. 172, comma settimo, cod. pen.
Alla luce di quanto premesso il ricorso va ritenuto infondato e va respinto. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in data 1° ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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