Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38619 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CATALANO NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/12/2023 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 dicembre 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna ha disposto, in executívis, la revoca della sospensione condizionale della pena di un anno e dieci mesi di reclusione, inflitta a NOME COGNOME con sentenza del 6 marzo 2019, divenuta irrevocabile il 24 marzo 2019.
A tal fine, ha, tra l’altro, rilevato che il beneficio non avrebbe potuto essere applicato dal giudice della cognizione, perché afferente a pena che, cumulata a quella di quattro mesi di reclusione, pure condizionalmente sospesa, irrogata a COGNOME con precedente sentenza, emessa dal Tribunale di Palermo il 7 maggio 2001 e divenuta irrevocabile il 3 aprile 2022, supera il limite di due anni previsto dall’art. 163 cod. pen..
NOME COGNOME propone, con l’assistenza dell’AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con cui eccepisce violazione di legge sul rilievo che il giudice dell’esecuzione ha omesso di verificare, attraverso l’acquisizione del fascicolo processuale, se quello della cognizione era o meno in condizione di sincerarsi, esaminando il certificato del casellario giudiziale, dell’esistenza del precedente ostativo alla nuova sospensione condizionale della pena.
Deduce, ulteriormente, che dal decorso di quasi otto anni tra l’emissione delle menzionate sentenze discende l’estinzione, medio tempore, del primo reato, con conseguente prescrizione della relativa pena e, quindi, impossibilità di considerare tale pronuncia al fine della revoca della sospensione condizionale successivamente disposta.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché vedente su censure manifestamente infondate.
COGNOME si appella, in via principale, all’indirizzo ermeneutico secondo cui «Il giudice dell’esecuzione può revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. in presenza di cause ostative, a meno che tali cause non fossero
documentalmente note al giudice della cognizione. A tal fine il giudice dell’esecuzione acquisisce, per la doverosa verifica al riguardo, il fascicolo del giudizio» (Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381 – 01).
Lamenta, al riguardo, che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, nell’occasione, non abbia compiuto il prescritto accertamento ed abbia, pertanto, adottato la decisione impugnata senza stabilire, come sarebbe stato necessario, se l’errore commesso dal giudice della cognizione è stato consapevole, ciò che precluderebbe l’intervento correttivo in fase esecutiva, ovvero frutto della presenza, negli atti di quel procedimento, di un certificato penale non aggiornato.
Così facendo, appunta la doglianza su un profilo che, per quanto si legge nello stesso ricorso – ove si riconosce, con il conforto della documentazione allegata, che «nella suddetta sentenza n. 335/19 emessa il 06.03.19 si dava atto dell’incensuratezza del sig. COGNOME» e, soprattutto, che «Nel fascicolo della fase di cognizione sono presenti ben 2 certificati del casellario giudiziale, entrambi datati 11.07.2018, nei quali non risulta alcuna iscrizione a carico del sig. COGNOME» – risulta incontroverso che il Giudice per le indagini preliminari bolognese applicò la sospensione condizionale perché tratto in inganno dalla presenza, in atti, di certificati penali incompleti o non aggiornati.
Manifestamente infondata si rivela, dunque, la censura del ricorrente, tendente a segnalare l’omissione di un adempimento che, nella situazione concretamente venutasi a determinare, sarebbe stato del tutto superfluo.
Priva di pregio si palesa, poi, l’obiezione ulteriormente sollevata da COGNOME, il quale asserisce che, decorsi oltre cinque anni dall’emissione e dal passaggio in giudicato della sentenza con cui era stata disposta la prima sospensione condizionale, quel reato deve intendersi estinto ai sensi dell’art. 167 cod. pen., sicché di esso non può tenersi conto in vista della nuova applicazione del beneficio.
La deduzione, invero, non giova alla causa del ricorrente, posto, che ha da tempo chiarito la giurisprudenza di legittimità, al cui indirizzo il Collegio intende dare continuità – «L’estinzione del reato a norma dell’art. 167 cod. pen. non comporta l’estinzione degli effetti penali diversi da quelli ivi espressamente previsti, sicché di tale reato deve comunque tenersi conto ai fini della sussistenza dei presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena» (Sez. 1, n. 47647 del 18/04/2019, NOME, Rv. 277457 – 01; Sez. 3, n. 43835 del 29/10/2008, Gambera, Rv. 241685 – 01; Sez. 3, n. 8411 del 04/12/2002, dep. 2003, Chiudioni, Rv. 223465 – 01).
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n 186, della Corte costituzionale, rilevato che, nella fattispecie, non sussis elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratori dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, I’ll giugno 2024.