Revoca Sospensione Condizionale: la Cassazione Chiarisce il Termine di Decorrenza
La revoca sospensione condizionale della pena è un istituto cruciale del nostro ordinamento penale, che offre una seconda possibilità al condannato. Tuttavia, le condizioni per mantenere tale beneficio sono rigide e la loro violazione comporta conseguenze severe. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo al calcolo del termine entro cui il condannato deve mantenere una buona condotta, fornendo un’importante lezione sulla certezza del diritto.
I Fatti del Caso: Un Beneficio Messo a Rischio
Il caso esaminato riguarda un individuo che aveva ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena a seguito di una sentenza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Bari, divenuta irrevocabile il 19 novembre 2016. Il beneficio era subordinato alla condizione che, per un periodo di cinque anni, l’imputato non commettesse un nuovo delitto.
Tuttavia, in data 6 ottobre 2019, e quindi all’interno del quinquennio, il soggetto commetteva un altro reato per il quale gli veniva inflitta una pena detentiva. Di conseguenza, la Corte d’Appello di Bolzano, con un’ordinanza del 23 maggio 2024, disponeva la revoca del beneficio precedentemente concesso.
La Questione Giuridica: Da Quando Decorre il Quinquennio?
Contro la decisione della Corte d’Appello, la difesa del ricorrente ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo un’errata applicazione della legge. La tesi difensiva era che il termine di cinque anni per la sospensione condizionale non dovesse decorrere dalla data di irrevocabilità della sentenza, bensì dalla data di commissione del fatto per cui era stata concessa la sospensione. Secondo questa interpretazione, il nuovo reato sarebbe stato commesso al di fuori del periodo di ‘prova’.
La questione posta alla Suprema Corte era, quindi, netta: qual è il dies a quo, ovvero il giorno a partire dal quale si calcola il termine previsto dall’art. 163 del codice penale per la sospensione condizionale?
La Decisione della Cassazione sulla revoca sospensione condizionale
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendo le argomentazioni della difesa ‘manifestamente infondate’. I giudici hanno sottolineato come la tesi proposta fosse in ‘palese contrasto’ non solo con il dato normativo, ma anche con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha ribadito con fermezza un principio giuridico consolidato: il termine quinquennale (o biennale, a seconda dei casi) previsto per la sospensione condizionale della pena decorre esclusivamente dalla data in cui la sentenza che concede il beneficio diventa irrevocabile. È in quel momento, infatti, che la condanna diventa definitiva e che inizia a produrre i suoi effetti giuridici, compreso il periodo di osservazione per il condannato.
I giudici hanno qualificato come ‘del tutto inappropriato’ il riferimento della difesa alla data di commissione del reato originario come possibile termine di partenza. Tale interpretazione, se accolta, creerebbe incertezza e minerebbe la funzione stessa dell’istituto, che è quella di incentivare il reo a non commettere ulteriori reati per un preciso periodo di tempo successivo alla condanna definitiva. A sostegno della propria decisione, la Corte ha richiamato una precedente pronuncia (Sez. 1, n. 24999 del 31/05/2022), confermando un orientamento giurisprudenziale granitico.
Di conseguenza, essendo il nuovo delitto stato commesso entro i cinque anni dalla data di irrevocabilità della prima sentenza (19.11.2016), la revoca della sospensione condizionale è stata ritenuta legittima e doverosa.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione della Cassazione non introduce novità, ma consolida un punto fermo di estrema importanza pratica. Per chi beneficia della sospensione condizionale, è fondamentale avere la piena consapevolezza che il periodo di ‘prova’ inizia solo quando la sentenza non è più appellabile. Qualsiasi reato commesso prima di tale data non rileva ai fini della revoca, ma qualsiasi delitto commesso dopo, entro il termine di legge, ne determinerà l’automatica decadenza. Questa ordinanza serve come monito sulla necessità di una condotta irreprensibile per l’intero periodo stabilito dalla legge, che decorre da un momento certo e non interpretabile: l’irrevocabilità della condanna.
Da quale momento inizia a decorrere il termine di cinque anni per la sospensione condizionale della pena?
Il termine decorre dalla data in cui la sentenza con cui è stato concesso il beneficio diventa irrevocabile, cioè definitiva e non più impugnabile con mezzi ordinari.
Cosa comporta la commissione di un nuovo delitto durante il periodo di sospensione condizionale?
La commissione di un nuovo delitto per cui viene inflitta una pena detentiva durante il periodo di sospensione comporta la revoca del beneficio. Di conseguenza, la pena originariamente sospesa dovrà essere eseguita, sommandosi a quella inflitta per il nuovo reato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano considerate ‘manifestamente infondate’ e in ‘palese contrasto’ con la normativa e la giurisprudenza consolidata. La tesi secondo cui il termine dovesse decorrere dalla data del primo reato non aveva alcun fondamento giuridico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43507 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43507 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di BOLZANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME – nel quale il difensore si duole dell’erronea applicazione degli artt. 163 e 168, primo comma, n. 1 cod. pen. in relazione all’art. 111 e 27 Cost – sono manifestamente infondate perché prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
L’ordinanza impugnata ha, invero, revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena in quanto, nel termine di cinque anni dalla data di irrevocabilità (19.11.2016) della sentenza del G.i.p. del Tribunale di Bari, il ricorrente commetteva un altro delitto (in data 6.10.2019) per cui era stata inflitta una pena detentiva. Invero, secondo giurisprudenza costante ai fini della revoca dela sospensione condizionale della pena, il termine quinquennale previsto dall’art. 163 cod. pen., anche nel caso previsto dall’art. 168, comma primo, stesso codice, decorre a partire dalla data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza con la quale è stato concesso il beneficio (Sez. 1, n. 24999 del 31/05/2022, P.m.T. c/Fulle, Rv. 283404). Del tutto inappropriato, pertanto, deve ritenersi il riferimento, operato dalla difesa ricorrente, alla data di commissione del fatto giudicato con la sentenza concessiva del beneficio in questione, quale termine a partire dal quale far decorrere il quinquennio stabilito dalla legge.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.